20. Vederti sorridere, niente di più

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L'odore del caffè in camera da letto a Manuel piace tantissimo, ma non sa ancora che Simone non è della stessa idea.
Non che Simone abbia già la forza di rimproverarlo per qualcosa, ché per questo c'è tempo se hanno intenzione di stare insieme, ma quando si sveglia e arriccia il naso, ancora con gli occhi chiusi, Manuel è già in piedi che lo guarda con le mani sui fianchi e un sorriso che cerca di nascondere.

"Perché sento il caffè?"

"Perché te l'ho portato a letto. Ma quanto dormi? Quello ubriaco ero io... non ti sei nemmeno accorto dei rumori che ho fatto, ho pure rincorso a' gatta che stamattina se voleva suicidà"

Apre un solo occhio, Simone, per poi richiuderlo appena i raggi del sole lo disturbano e si rigira nel letto con le braccia sotto il cuscino, occupando tutta la superficie come non aveva potuto fare durante la notte, vista la presenza dell'altro. Non è preoccupato per Nala, lo sa che il problema è Manuel che va in panico senza capire che se un gatto cammina sul davanzale della finestra è normale amministrazione.

"Me saluti, almeno?"

"Perché sei in piedi?"

"Perché me ne devo andà, ma te volevo comunque salutà e portatte la colazione a letto"

Dopo quelle parole Simone fa uno scatto, si gira e apre gli occhi nonostante sia accecato dalla luce ed è costretto a tenerli un po' chiusi. "Dove vai? È domenica..." se ne lamenta come un bambino e Manuel è già pieno di nervoso per tutto il corpo.

"Nun me fa così, che già me so girati tre quarti de cazzo stamattina e la giornata è ancora lunga"

"Che ho fatto?"

"No, ma mica ce l'ho con te"

"E con chi?"

Sono tante, troppe, le cose che Manuel sta imparando mano a mano di Simone. Una di queste è che si sente in colpa per tutto, mette sempre in dubbio se stesso per la paura di aver detto o fatto qualcosa di sbagliato. Ma non fa mai niente di sbagliato, sicuramente non ora. È Manuel che è nervoso perché si è svegliato con la vibrazione del suo telefono sul comodino e ha dovuto rinunciare a una domenica mattina che credeva sarebbe stata bellissima. Nel letto con Simone, soli loro due.

"Con mi madre. Le si è rotta la bici e la devo andà a recuperà"

"E hai trovato il tempo per prepararmi il caffè? Non dovresti essere tipo già sulla moto?"

"Dovrei, ma aspetterà. Sai quante volte ho aspettato fuori scuola perché è na ritardataria? Da qualcuno devo pur aver preso..."

Simone sorride, stendendo un braccio verso di lui. Le loro mani si intrecciano, e Simone lo tira con uno scatto deciso, facendolo barcollare.

"Me ne devo andà davvero..."
"Sì, però salutami..."

Lo tira ancora, questa volta facendolo ricadere sul suo corpo.
"Ci sentiamo dopo?" è di nuovo ad occhi chiusi, a prendersi i baci di Manuel sulle labbra e sul viso.

"Sì, vado..." non riesce nemmeno a staccarsi, e quando lo fa si sente già mancare l'aria. Non gli era mai successo e si stupisce del fatto che questa cosa non riesca a spaventarlo. Niente che riguarda Simone lo spaventa, nemmeno pensare che resterebbe tutto il giorno con lui nel letto.

"Ma sarai cretino? Quanto c'hai messo?"
Anita sbraita in mezzo alla strada, quando suo figlio è ancora sulla moto accesa e con il casco e la possibilità che possa averla sentita è pari a zero. Ma Manuel conosce perfettamente sua madre e ha una vaga idea del fatto che stesse predicando per il ritardo. La gestualità glielo suggerisce ancora di più.

"Stavo a fa, non è che tu chiami e me posso teletrasportà!"

"Eh, e che stavi a fa? Che ultimamente nun te vedo mai"

Niente di più [Simuel]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora