2 - Fuoco

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Rein


"La nostalgia mi ucciderà un giorno"


Seguì Shira con tutto ciò che avessi io la mappa con ogni indicazione, quella ragazzina credeva di essere veramente esperta, quanti anni poteva avere, quindici?

La continuai a guardare mentre gironzolava per gli alberi di ogni tipo, pensando di aver preso la giusta strada, lo vedevo, era immersa nei pensieri, non sapeva nemmeno se stesse camminando.

Ad otto anni, fui portato al "Centro Addestramenti Musafar - Esperti" un luogo, fuori dalle mura della nostra terra, per poter imparare a combattere, riconoscere le emozioni di una persona, vedere tutti i punti più vulnerabili di una persona e combattere come veri spadaccini.

In lei vedevo solo la rabbia, vendetta, quella sensazione di farsi avanti e distruggere tutto per rivendicare il suo popolo, anche se sapeva che non ci sarebbe mai riuscita, credevo di essermi sbagliato, di aver attaccato una persona non ricercata, era troppo potente, dove avesse imparato quelle mosse imprevedibili era complicato capirlo, vedevo solo confusione nei suoi occhi, che mi colpivano indirettamente in ogni modo.

Mi guardai intorno per vedere ciò che mi circondasse, era tutto meno colorato di quanto ricordavo. Impugnai la mappa completamente stropicciata al mio tatto, la osservai completamente distratto, ma mi bastò qualche minuto per sentire l'odore dell'acqua putrida

e contaminata dalle radiazioni e l'odore dei cadaveri degni animali morti, per le condizioni di quel luogo invivibile, stavamo andando nella terra dei Mishani, gli uomini con il fuoco radioattivo.

«Iceberg, lo sai che stiamo sbagliando strada?» La provocai guardandola dritta negli occhi con aria di sfida.

Tirai fuori dalla tasca la mappa, che fino a qualche secondo fa avevo rimesso dentro la tasca, ma dovevo mostrarle che avevo ragione; inizia a girare intorno su me stesso per cercare un punto di riferimento annotato sulla mappa sbiadita, per poi farle notare la rotta che avevamo preso.

Chiuse pugni in senso di sconfitta, mentre la superai per guidarla, con tutte che lei mi guardasse più irritata di prima.

Ci girammo verso gli alberi che avevamo percorso poche ore fa, mantenendo quel passo veloce che portavo dall'inizio della missione affidata da Anibal, anche se mi giravo in continuazione per vedere cosa stesse facendo Shira.

Continuammo a camminare a passo svelto verso la terra dei Sarami, nel frattempo cercavo di vincere la stanchezza in qualunque modo mentre l'aria fredda investiva il mio viso in continuazione, pregandomi di riposare anche per un minuto.

Avevo fatto due giorni interi svegli a camminare per i boschi Del Centro, il bosco dove nessuno comandava, dove il passaggio era sempre libero, per cercare quella fottuta ragazzina che alla fine era riuscita a manipolarmi e a convincermi di andare con lei in giro per chi sa quanti altri giorni.

Notai che eravamo arrivati quando si vide il solito distacco dalla terra dei Sarami a quella dei Bordi, la vegetazione era più viva, qui vinceva su tutto e tutti.

Percorremmo qualche metro per arrivare a una specie di cancelletto in legno, con un albero di ciliegio più rosa che mai, neanche lo zucchero filato lo avrebbe superato.

Sull'albero c'era un cartello in legno con scritto "ས་ལ་སྨིར་ཕེབས་པར་དགའ་བསུ་ཞུ།" (Benvenuti dai Sarami) in tibetano, la loro lingua madre, mentre Shira cercava di capire cosa fossero quei segni.

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