7 - Essere

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Layla


Chi sono io veramente? 

Sempre la stessa domanda mi chiedevo di fronte allo specchio sporco di grasso della mia camera d'hotel, e questa domanda, me la stavo facendo anche ora, mentre camminavo a passo svelto per il bosco con un coltello serramanico bloccato tra l'elastico dei miei jeans e la carne che si infreddoliva al suo tocco, con il respiro che si mozzava per la paura che mi trafiggesse da un momento all'altro.

Dovevo farli fuori.

Prima decidono di vandalizzare l'hotel, già in rovina per vari motivi, per poi scappare per il paese con una Boreale.

Notai qualcosa scostarsi tra le zone dei cespugli così mi avvicinai.

 «Avevi detto che non avresti fatto nulla» compare lui dietro di me

Mi giro per riconoscere la figura che mi aveva impuntato, anche se dalla voce docile, era facilmente riconoscibile la persona che mi stesse dietro

Lui

«Da noi gli stronzi non vengono lasciati liberi così facilmente» sorrido uscendo la lama del coltello fuori dai miei pantaloni per impuntare con la parte più aguzza da lontano uno dei suoi occhi ambrati e tanto calmi.

Solleva un sopracciglio guardandomi sconcertando, quasi ricordando ogni parte del mio corpo.

Se lo avessi ucciso, come sarebbe finita?

Uno di questi giorni era uno dei miei soliti e perenni giorni di un mese buio, dove vedevo solo la voglia di distruggere qualcosa, o qualcuno.

Mi avvento su di lui finendo sopra di lui.

Respira quasi in modo soffocato dal mio movimento imprevedibile, mettendo una mano sotto la sua testa, spostando un sassolino su cui aveva sbattuto.

«Dove state andando?» domando avvicinando la punta del coltello al suo collo dove si rialzava una vena.

Gira la testa spiegando con un semplice gesto che non mi avrebbe detto nulla.

«Va bene così allora» dico spostandomi leggermente, ancora con la lama fredda impuntata al suo collo che gli creava uno stato di agitazione da come le sue mani tremavano toccando il terreno arido di questa parte del bosco.

Inarca un sopracciglio pensando che lo avrei lasciato andare, ma sposto la lama del coltello per indirizzarla da un'altra parte del suo corpo,  il braccio.

Lascio che la lama sfiorasse dolcemente in una melodia allo stesso tempo pericolosa sul suo braccio, facendo drizzare il suo corpo creando dei brividi, e dopo questa "coccola", lascio che la lama trafiggesse la sua carne in modo non fatale una "X", che avrebbe indicato la mia presenza, in modo enigmistica, perché quel segno era inciso sul mio coltello, sull'insegna ormai dimenticata dell'hotel e su gran parte che offrivamo dei nostri servizi materiali.

Nell'aria si iniziano a diffondere dei suoi piccoli gridi di dolore dovuti al taglio, sapevo la zona che avevo colpito e sapevo che non sarebbe uscito gran ché di sangue, se non una piccola hemorragia che avrebbe solamente spaventato gli altri.

Mi alzo da lui lasciandolo con il fiatone e la mano leggermente insanguinata per terra, per poi accovacciarmi di nuovo per lasciarli un bacio sulla guancia.


«Ricorda i valori di questo hotel Layla» mi disse con tono arrabbiato Daiana

Eravamo in una stanza dimenticata di questo hotel centenario, una stanza che odorava di muffa e di dimenticato, con una luce dal colore ocra che non metteva ben in vista tutta la zona circoscritta dalle pareti di questo stanzino. La luce spesso si spegneva improvvisamente, come un colpo di scena in un film horror, peccato che qui, l'unica protagonista ero io, vittima di inclini manipolazioni della proprietarie di quell'hotel.

«Non so, non mi sembrerebbe corretto» dico cercando di sussurrarlo

«Ricorda che tu senza di me saresti sotto i ponticelli di questo paesino Layla» dice a un pelo del mio viso «ricordalo»

Daiana sembrava una donna tranquilla da come invitava ad entrare le persone nell'hotel, dove si credeva che tutti i nostri servizi fossero ospitali e a basso prezzo, per chi veniva senza soldi da un altro paese e chi tornava qui dopo affari persi con persone benestanti dei popoli vicini a noi.

Lei faceva pagare sempre dopo la permanenza al nostro hotel, e quando i clienti dovevano uscire i contanti per pagare, Daiana alzava sempre il prezzo della pensione richiesta lasciando a bocca aperta e con un debito da saldare in due ore i suoi clienti.

Quando c'era un debito da saldare, mandava via i clienti permettendoli di racimolare qualche soldo e subito dopo si metteva a cronometrare il tempo dato in una maniera ossessiva, per poi darmi il via di ricercarli per tutta la città, per lasciarli una cicatrice con una "X" sopra, così da ricordarli del debito non saldato.

La sua era un ossessione, che alla fine non la portava a ricevere nulla in cambio, le piaceva vedermi tornare con i polsi graffiati dai clienti che cercavano di liberarsi e le dita insanguinate, con la faccia sempre più scossa nel vederli soffrire dal dolore.

Ripeteva sempre che una volta lasciata la cicatrice sul loro braccio, avrei ricevuto una ricompensa, un aumento, che mai avrei ricevuto da lei, ma non avrei potuto mai replicare su una questione di questo genere, altrimenti mi avrebbe cacciata senza rimorsi via dall'hotel.

La stessa sorte di quasi ogni nostro cliente, era toccata ad Aaron, quel segno gli sarebbe rimasto per sempre, una specie di ricordo che gli sarebbe rimasto impresso come un dispiacere di aver  cercato di rubare delle semplici caramelle scadute da anni ad una donna che gli aveva accolti calorosamente.

In lui avevo visto un senso di incertezza quando lo avevo beccato frugare in un corridoio, minacciandolo lo avrei spinto ad andare via, senza che lei se ne sarebbe accorta, ma ciò non aveva funzionato, perché dopo neanche mezz'ora Daiana mi aveva richiamato per vendicarci del loro comportamento. 

Ed eccomi puntualmente a ricevere il rimorso dal mia stessa mente che era confusa anche nella ragione.

Sarei dovuta scappare, andare via con loro, chiedere aiuto, invece mi ritrovavo qui per segnarli a tutti e tre con una "X" che avevo memorizzato a tracciare su ogni braccio che sarebbe rimasto sfregiato per sempre.






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