8 Gennaio.
Aziraphale Fell era molto pensieroso. Mentre annodava i laccetti del karategi cercava di ripassare mentalmente il Chinto, il kata superiore su cui stava allenando la sua squadra di agonisti capeggiata da Adamo Giovine, il piccolo campione che gli dava grandi soddisfazioni.
Ma in realtà era un compito vano.
Lì, solo nello spogliatoio della palestra di periferia Ostia Marziale, mezz'ora prima dell'inizio della lezione, aveva la testa che esplodeva e continuava a migrare da un pensiero all'altro e soprattutto a ipotizzare lo svolgimento della mattinata seguente.
I suoi editori le stavano provando tutte per fargli superare quel blocco. Sei mesi. Sei mesi che ogni notte guardava fisso il foglio bianco di word senza riuscire a colorarlo con nessuna parola. Non gli era mai successo. Non per così tanti mesi.
Certo, erano stati sei mesi impegnativi.
Da funzionario archeologo in Soprintendenza aveva superato in quel concorso dozzine di colleghi e aveva ottenuto l'agognato ruolo di direttore del Parco Archeologico di Ostia Antica, luogo cui aveva dedicato numerosi studi e la tesi di dottorato.
Finalmente, a quasi quarantasei anni si sentiva nel posto giusto, nel ruolo che aveva desiderato per quasi un decennio, da quando si era allontanato dal mondo universitario. Ovviamente le responsabilità e gli interventi da seguire erano un altro universo rispetto al ruolo precedente. Le otto ore che passava in ufficio erano sempre intensissime, i dipendenti erano pochi e il lavoro da portare a termine sembrava sempre infinito.
Scadenze, riunioni, firme, sopralluoghi, eventi di promozione non gli lasciavano il respiro necessario per creare. O perlomeno questa era la scusa con cui giustificava sé stesso per quel blocco dello scrittore.
In realtà in passato era stato in grado di scrivere nelle situazioni più estenuanti, anzi il suo estro creativo sembrava nutrirsi di stress.
Durante gli studi universitari e la stesura delle tesi, durante gli anni come responsabile di scavo prima e funzionario di zona poi. Persino nel periodo nero della rottura con Davide e della fine della carriera in Università la scrittura lo aveva fatto sfogare, evadere: lo aveva letteralmente salvato. A quel periodo poteva essere datato l'inizio della sua carriera come autore divulgativo, a quell'anno risaliva la sua prima opera non più saggistica ma narrativa, il suo Caligola.
Adesso poteva avere l'attenuante dei pensieri e del poco tempo libero, ma la verità era che da quasi un anno non aveva nuove idee. Nessun imperatore, nessun personaggio storico, nessuna vicenda bussavano alla porta della sua ispirazione.
E non era mai accaduto prima. Sapeva che c'erano scrittori che vivevano anche periodi di stasi o riposo ben più lunghi del suo (o così cercava di consolarlo continuamente il suo editore e amico Gabriele Angeli), ma lui no. Mai.
Quando scriveva un romanzo, una storia, un racconto, aveva sempre da parte qualche bozza o incipit o schema dell'opera successiva o di quella successiva ancora. O perlomeno così era stato per anni. Ispirato, instancabile, portava sempre a termine quello che aveva stabilito. Bastava un piccolo lampo di ispirazione e il giorno dopo due pagine di schema o bozza arricchivano la ricca cartella del suo pc chiamata semplicemente "Scrittura".
Ma non in quei mesi. Un buco nero pareva aver inghiottito tutte le sue parole.
Fortuna che aveva almeno il karate. Quelle sei ore settimanali erano quelle che permettevano a quel che rimaneva del suo cervello di rigenerarsi, ai suoi polmoni di tornare a riempirsi per respirare veramente, al suo corpo di recuperare le energie vaporizzate dalle ore di lavoro alla scrivania.
Generalmente riusciva a svuotare la testa dai pensieri almeno nel suo dojo, ma quel giorno non sapeva se sarebbe davvero riuscito a concentrarsi sui kata, sui kihon, sui suoi allievi.
E ne soffriva.
I ragazzi meritavano un maestro che almeno in quelle ore si dedicasse totalmente a loro, alla loro preparazione e al loro allenamento, non un uomo di mezza età in crisi e stressato dagli altri due lavori.
Il giorno seguente Gabriele e Isabella gli avrebbero presentato Antonio. O meglio Anthony (quello era il suo vero nome), anche lui di origini inglesi. Erano così disperati per la sua situazione che gli avevano proposto di collaborare con un autore lontano anni luce da lui. Un autore di noir, di thriller, di ragazzini pluriomicidi, donne che facevano a pezzi dozzine di uomini per darli in pasto ai cani e di coltelli parlanti.
Che però vendeva ormai il doppio di lui.
Cosa avrebbe potuto condividere con uno scrittore simile, lui che scriveva solo di gente morta duemila anni prima? E come avrebbe mai potuto scrivere con uno scrittore dallo stile affilato e crudo, così diverso dal suo, avvincente ma rilassante, nelle ultime opere quasi flemmatico? Lui che poi era abituato a scrivere di notte, da solo, nel suo studio?
Con queste domande che rimbombavano nella sua testa stava piegando a metà per poi indossare la cintura nera decorata dal ricamo del suo nome traslitterato in katakana, quando qualcuno che riuscì ad attirare la sua attenzione entrò di corsa nello spogliatoio.
Un uomo alto, molto magro, dalla luminosa capigliatura fulva raccolta in una specie di cipollotto a metà testa. Si fermò a due panche di distanza rispetto ad Aziraphale e gli diede le spalle.
Sembrava canticchiare qualcosa dei Queen. La maglietta grigio scuro presentava vistosi aloni di sudore e sembrava incollata al corpo definito dell'uomo. I pantaloni neri e le fasce alle mani (insolitamente di due colori differenti, rosso alla mano sinistra e nero alla mano destra) rivelavano che fosse presumibilmente un pugile.
Si tolse le cuffiette dalle orecchie, ma proseguì a canticchiare. Era decisamente Bohemian Rhapsody dei Queen.
Una visione.
Era decisamente un nuovo acquisto per la sua palestra. Per quanto stressato, Aziraphale non avrebbe potuto non aver notato prima, se gli fosse capitato, un esemplare di pugile simile.
Sarebbe stato contro i suoi dogmi. Contro la sua natura. Contro ogni cellula del suo corpo.
Era un orario insolito per i pugili di quel calibro in effetti. Il pomeriggio a quell'ora in genere si allenavano solo ragazzini delle medie e signore di mezza età. Gli agonisti si allenavano più tardi, di sera. Ma magari era la sua prima volta e non conosceva gli orari della sala ring della Ostia Marziale.
Buon per Aziraphale. Il rosso iniziò a spogliarsi.
Prima i bendaggi, poi le scarpe, via via ogni indumento.
Aziraphale iniziò ad avvampare e a trafficare con lo smartphone per avere una scusa per rimanere a godersi quello spettacolo nello spogliatoio, essendo lui ormai completamente vestito e pronto per la lezione.
L'ennesimo messaggino di Gabriele Angeli. Lo avrebbe chiamato più tardi. Pregustava già l'acidità di stomaco.
Tornò poi a slacciare e riallacciare la cintura, mentre con la coda dell'occhio, essendo ora di spalle anche lui rispetto al pugile, riusciva a osservare da uno degli specchi i movimenti dell'altro.
Via le calze e i pantaloni. Uno sguardo lampo di Fell.
I polpacci erano magri ma ben definiti.
Via la maglia sudata. L'archeologo ingoiò la saliva ormai abbondante. Le spalle del pugile pur non particolarmente larghe erano ben proporzionate. Un tatuaggio di un serpente gli copriva metà schiena. La pelle chiara delle spalle era decorata da vezzose lentiggini.
Aziraphale si impose di concentrarsi sul nodo della sua cintura mentre l'altro si sfilava i boxer anch'essi neri, li sostituiva con un asciugamano bianco intorno alla vita (tutti portavano con loro un accappatoio, il novellino no, un misero asciugamanino in vita!) e si avvicinava alle docce.
Appena sentì l'acqua aprirsi Aziraphale infilò il telefono nel borsone e, indossate le infradito di legno, si preparò a uscire dallo spogliatoio. Prima che quella vista compromettesse la sua lezione.
Era a un passo dalla porta quando udì una voce provenire dalle docce.
"Scusami? Ehi!"
"Sì? Eri tu?"
Quell'8 gennaio fu molto significativo per Anthony J. Crowley.
Dopo anni senza allenarsi, stava facendo una lezione di prova in una palestra. Una lezione di pugilato. Lui, che, dopo quanto accaduto, credeva di aver appeso i guantoni al chiodo per sempre.
Ma, complice il trasferimento nella periferia di Roma (dopo aver girovagato per anni in piccoli centri del Lazio in seguito alla grande fuga dalla provincia partenopea), il tempo trascorso, uno pseudonimo a proteggerlo insieme alla fluente capigliatura fulva che non aveva mai portato così lunga (ben oltre le spalle), aveva ripreso coraggio.
Inoltre quasi nessuno online pareva ricordare la figura di Anthony The Snake Crowley e il suo misterioso epilogo (tutte le settimane controllava il suo vero nome su Google), per cui uno dei suoi buoni propositi per il nuovo anno era proprio quello: ricominciare a fare quello che avrebbe per sempre amato, in una palestra piccola e periferica magari, dove poter ricominciare senza dover dare spiegazioni a nessuno.
E così, dopo un'oretta di lezione in compagnia di due quattordicenni e quattro signore sulla cinquantina, stava scaricando un po' la muscolatura delle braccia al sacco.
Il suo corpo pareva aver reagito meglio di quanto avesse preventivato a quell'allenamento improvviso dopo quasi sei anni di stop.
Il fiato era ovviamente il punto debole, ma forse per l'autunno sarebbe riuscito a tornare, certamente non quello di vent'anni prima che faceva assaggiare il ring a chiunque , ma magari almeno quello che era tornato miracolosamente sul quadrato sei anni prima, quattro anni dopo la diagnosi di cancro al colon.
"E quindi dov'è che ti allenavi prima? Quello di certo non era il montante di un novellino." L'insegnante del corso che aveva appena seguito, gli si avvicinò sorridente.
Si faceva chiamare Shax (diminutivo di chissà quale strano nome fosse diffuso da quelle parti. Sharon, magari?) ed era una donna sulla cinquantina, non alta ma dal corpo scolpito come un'amazzone.
"Mi allenavo vent'anni fa. Nelle Marche. Poi in Calabria. A seconda del lavoro. Ma poi sai come finisce, il lavoro, il fumo (mentì, non aveva mai fumato se non quando...), la stanchezza, gli acciacchi alla schiena... Credevo di essere troppo vecchio ormai."
"Ma che dici, sarai più giovane di me. Quante primavere hai detto di avere?"
"Quarantaquattro."
"Mpff, sei un ragazzino. Ecco perché pur non essendo allenato hai ancora energie da sfogare. Vedrai tu, dopo i cinquanta. Sei nuovo dunque qui a Ostia? A Roma?"
"Quasi. Ho studiato a Roma qualche mese da ragazzo."
"E tra i propositi del nuovo anno avevi quello di ricominciare ad allenarti."
"Perspicace."
"Spero di rivederti mercoledì."
"Non mancherò."
Si salutarono con un leggero pugno contro pugno.
Quella donna gli stava simpatica e il fatto che non lo avesse lontanamente riconosciuto gliela fece scegliere come insegnante all'istante. E poi, era una donna. Non poteva correre rischi.
Si infilò gli airpods e si spostò nella zona di confine tra la sala ring e la sala tatami (le uniche due sale di quella piccola ma ben tenuta palestra), dove erano collocati macchine e attrezzi. Riprovò la panca dopo anni. Ma ai primi fastidi decise di smettere e tornò nello spogliatoio con ancora la musica nelle orecchie.
Mentre si spogliava e canticchiava si ricordò dell'impegno del giorno seguente. L'allenamento, la serotonina e la dopamina glielo avevano fatto quasi passare di mente.
Isabella e suo marito gli avrebbero presentato il grande Aziraphale Fell.
L'autore di alcuni dei suoi romanzi preferiti, lo scrittore che riportava in vita e rendeva umani persino gli imperatori romani più controversi: Caligola, Commodo, Nerone.
Da lui aveva solo da imparare.
E quanto gli sarebbe stato utile conoscere un archeologo, un professorone per delineare davvero tempi e luoghi di quei romanzi gialli di ambientazione storica che aveva in mente da mesi!
Se fosse riuscito a stargli simpatico avrebbero persino potuto scrivere qualcosa insieme, come diceva Bez.
Ebbe un brivido al solo pensiero. Anche se non aveva mai scritto con nessuno e considerava la scrittura qualcosa di intimo e personale, poteva essere una prova, una sfida tutta nuova. Era elettrizzato.
Anthony non era un animale sociale, non aveva mai avuto interesse nel conoscere altri autori dell' Alpha Centauri, ma Fell era una specie di idolo per lui.
Ma se invece non gli fosse piaciuto? Se Fell non lo avesse reputato al suo livello e lo avesse snobbato? Anthony vendeva molto, indubbiamente, ma molti critici demolivano il suo stile tagliente (in ogni senso) e i suoi esperimenti spesso erano considerati esagerati.
Sarebbe riuscito a superare un eventuale giudizio negativo da parte del suo idolo senza crollare?
Si impose di pensare alle tecniche di respirazione per calmarsi e alle poche nozioni apprese dalla psicologa che lo aveva seguito post convalescenza. Si sforzò di pensare positivo.
Se proprio la cosa non fosse andata in porto, magari lo avrebbe semplicemente aiutato con il contesto e l'ambientazione come consigliato dagli Angeli. E gli avrebbe autografato Caligola. Tanto bastava.
Immerso in questi pensieri si avvicinò alle docce notando con piacere che erano tutte libere. Era veramente un orario perfetto per allenarsi per uno come lui. Lo spogliatoio era praticamente deserto.
Solo quello che sembrava essere un maestro di qualche arte marziale giapponese si stava preparando dandogli le spalle e allacciandosi alla vita una cintura nera dai ghirigori color rame.
Era meno alto di lui ma il contrasto tra il kimono immacolato e la cintura nera gli conferiva un'aria marziale, severa ma anche luminosa. Luminosità amplificata dai capelli ricci chiari, biondo platino, un colore quasi angelico che non aveva visto spesso in giro. La posa della schiena e l'impostazione delle spalle non lasciavano dubbi: era sicuramente un maestro.
Di karate. Sicuramente karate. Quel kimono sembrava leggero e non aveva la tipica fantasia a rombi come quelli dei judoka.
Chissà come sarebbe stata la sua vita se da ragazzino avesse scelto il karate e non la boxe.
Crowley temette di sembrare inopportuno a fissarlo e aprì la doccia. Dopo qualche minuto sotto l'acqua bollente si accorse di aver dimenticato lo shampoo nel borsone.
Poteva essere l'occasione buona.
Per scrutare il volto del misterioso maestro di karate.
Senza saperne il motivo era incuriosito e attratto da quella figura. Per cui, invece di uscire dalle docce e andare da solo a recuperare lo shampoo, (cosa che avrebbe potuto fare senza problemi) ci provò.
"Scusami? Ehi!"
"Sì? Eri tu?"
Che razza di domanda sciocca. C'erano solo loro nello spogliatoio. Ma fu la prima cosa che venne in mente ad Aziraphale.
"Ciao! Sì, grazie! Posso chiederti un favore? Mi prenderesti per cortesia quella boccetta di shampoo bianca sul borsone nero?"
"Certamente. Questa?"
"Oh sì grazie mille. Puoi lasciarla sul bordo. Non vorrei che ti bagnassi."
"Prego, la lascio qui allora."
"Grazie ancora."
Aziraphale lasciò lo spogliatoio quasi di corsa e paonazzo in volto. E non era di certo stato il calore della doccia ad averlo reso così. Quel pugile visto da vicino era un incanto. I capelli lunghi, ondulati anche da bagnati, arrivavano fino a metà schiena, il naso era adunco ma perfettamente in equilibrio col resto del volto.
Ma i protagonisti assoluti di quel volto erano loro. Due occhi luminosissimi dal colore indefinito (oro, sembravano letteralmente d'oro).
Per non parlare poi del lato A del corpo. La sottile linea degli addominali veniva interrotta da una grossa cicatrice addominale che invece di sfigurare quell'opera scolpita da Mirone ne esaltava il fascino.
Era scappato via con un cenno di saluto prima che il suo sguardo cadesse più in basso e non risalisse mai più.
Si augurò che il bel pugile scegliesse il corso di boxe serale così non lo avrebbe rivisto.
E niente. Tutto quel vapore provocato dal calore dell'acqua della doccia non aveva permesso a Crowley di vedere bene il maestro in viso. In più la luce era molto forte e lui (ovviamente, essendo in doccia) era senza i suoi fedeli occhiali da sole (che erano anche graduati).
Perciò aveva a malapena intravisto un sorriso dai denti bianchissimi e udito una voce gentile. Da quel poco che era riuscito a captare il maestro era molto più giovane di quanto avesse immaginato prima. Probabilmente era un suo coetaneo o giù di lì.
E in qualche modo aveva un'aria familiare, quel poco che era riuscito a vedere gli ricordava un volto noto intravisto su qualche rivista o quarta di copertina di qualche libro. Eppure non ricordava di aver mai letto un libro o un articolo sul karate.
Proseguì la sua doccia e insaponò con foga i capelli. Aveva la sensazione che avrebbe rivisto quell'uomo molto presto.
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Penna d'angelo, penna di demone
Фанфик(GOOD OMENS - HUMAN AU) Aziraphale Fell è un noto archeologo e autore di opere storico/divulgative di successo. Anthony Crowley è un ex pugile professionista che negli ultimi anni si è dedicato alla scrittura di romanzi e racconti noir, rivoluzionan...