Capitolo 7

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Capitolo 7


2 marzo




Era almeno la quarta volta che Anthony Crowley si rispogliava e lanciava con rabbia i vestiti sul letto.
Non andava bene nemmeno quel look.
Quella era un'occasione speciale, non poteva essere il Crowley di sempre, il solito Anthony attillatissimo e nero da capo a piedi.

Non era un appuntamento, quello era certo, ma nella sua testa era la cosa più vicina a un appuntamento degli ultimi sei, forse sette anni.

Aziraphale Fell lo aveva invitato a un evento. A un'inaugurazione alle Terme di Caracalla. Non di una mostra fotografica o di arte contemporanea come spesso ne venivano lì ospitate, bensì di un'installazione permanente che prevedeva un moderno impianto di illuminazione, un nuovo palco e una sorta di vasca piena d'acqua che rifletteva come uno specchio le maestose rovine.
Anthony aveva aperto decine di giornali online che parlavano dell'evento, dell'acqua tornata dopo secoli nelle terme più maestose di Roma, del meraviglioso effetto dello Specchio d'acqua, dello spettacolo previsto su quel palco quella sera.
E lui, Antonio Crolli, la penna impazzita, sarebbe stato presente a quell'evento. In compagnia del direttore del Parco Archeologico di Ostia Antica, nonché amico dell'attuale direttrice delle Terme di Caracalla. E anche suo amico, forse.

"Se puoi e se ti va ovviamente." Aveva specificato Aziraphale quando, fuori dalla sede dell'Alpha Centauri, gli aveva mostrato la locandina e l'invito per sé stesso più un ospite. "Però è da un po' che vorrei mostrarti quelle terme e appena ho ricevuto l'invito ti ho pensato. Sono ovviamente molto più monumentali e maestose di quelle ostiensi in cui si sviluppa il nostro romanzo e sono ovviamente di un periodo ben più tardo rispetto al nostro, tuttavia sono sicuramente interessanti, specialmente per la descrizione di quell'omicidio per annegamento del sesto capitolo. E questa potrebbe essere l'occasione buona. Non saranno aperti al pubblico ma farò in modo di mostrarti anche i sotterranei che svelano molto dei meccanismi delle terme. Ho ancora molti amici in Soprintendenza." Pareva quasi giustificarsi nell'offrirgli una tale possibilità.
"Ce-certo che ci sarò." Aveva balbettato Anthony. Era il tipico evento che fino al mese prima avrebbe evitato con tutte le sue forze. Ma non avrebbe potuto mai dire di no ad Aziraphale. Non avrebbe potuto mai dire di no a una serata nei bui sotterranei di antiche terme con Aziraphale, a essere esatti.
Però aggiunse: "Se non è un problema per te, se non è un evento privato per voi dell'ambiente o se non devi invitare qualcun altro..."
"Io è con te che voglio andare." Gli aveva sorriso e si era chiuso nella Smart dorata salutandolo con la mano.




Erano state due settimane intense.
Tante cose erano cambiate da quello strano San Valentino.
Anthony aveva passato quasi quattro giorni con la febbre e altri malesseri.
E quello che fino al mese precedente era soltanto il suo idolo, lo scrittore Aziraphale Fell, gli aveva fatto la spesa due volte. Il suo frigo si era riempito di cibi che non aveva mai ospitato ("Non sapevo bene cosa ti piacesse"), il cesto della frutta si era riempito di mele e di qualche pera ("Queste le assaggi e basta, non sono affatto granulose"), la credenza di zucchero, tè, pasta, riso e Crowley ancora non aveva finito di guardare tutto e sarebbe stato a posto per mesi.
Persino l'armadietto dei farmaci era stato rifocillato.

Fell si era preso cura di lui in ogni senso. Aveva cucinato per lui brodi e minestre e gli aveva persino fatto il bucato.
A ogni rialzo febbrile, che Anthony puntualmente sminuiva, ma che poi lo costringeva a letto senza forze, si presentava con un asciugamano bagnato che con cura gli teneva sulla fronte. E Anthony a ogni contatto sentiva il calore diminuire dalla testa ma contemporaneamente spostarsi a macchia d'olio in altre regioni del suo corpo.

Avevano scritto molto. Insieme. Il terzo capitolo era praticamente nato da solo dalla tastiera del suo computer mentre i due autori si suggerivano a vicenda dettagli, descrizioni, dialoghi. E a seguire anche il quarto lo avevano partorito insieme, dopo aver progettato definitivamente e schematizzato con cura ogni svolta nei delitti, nelle indagini, nel rapporto tra i due protagonisti. Il quinto capitolo lo avevano iniziato, poi Crowley lo aveva proseguito da solo, mentre immaginava di avere a fianco, seduto sul suo trono, quell'uomo dai riccioli platino e dagli occhialetti tondi che gli suggeriva le frasi.
(Quella era un'immagine che Crowley avrebbe portato con sé nella tomba: il re Sole Aziraphale Fell, seduto sul suo antico trono a meditare sul loro romanzo. A rileggere ogni paragrafo, a suggerire sinonimi, a grattarsi il mento e illuminarsi tutto quando una frase suonava proprio come aveva desiderato. Quanto avrebbe voluto essere lui a suscitargli tutta quella luce, Crowley non desiderava altro, non avrebbe mai desiderato più nulla così intensamente.)
Re Sole che purtroppo era poi dovuto tornare ai suoi soliti impegni istituzionali, alle sue riunioni, ai suoi sopralluoghi, alle sue lezioni di karate.

Ma due notti era rimasto a dormire nel suo appartamento, nella stanza degli ospiti. E Anthony era di nascosto rimasto in piedi a sospirare sulla sua porta semichiusa.

Una terza notte Crowley maledì i suoi dannati colpi di tosse violenti che svegliarono di soprassalto il collega che gli si era appena addormentato a fianco, sul suo letto, mentre dissertavano sul romanzo, in particolare sul finale.
Anche se era abbastanza buio Crowley lo vedeva distintamente. Non lo aveva mai osservato così attentamente, da così vicino. Stava studiando ogni millimetro di quel viso così armonico. Le palpebre e le sopracciglia rilassate, quel naso così insolito e perfetto per quel volto, le labbra che anche nel sonno sembravano sorridere. Crowley avrebbe passato la notte a osservarlo dormire. Crowley avrebbe passato la vita a osservarlo dormire.
Ma poi quell'accesso di tosse che aveva cercato di trattenere con tutte le sue forze era esploso. Aziraphale si era svegliato di soprassalto ed era poi corso via dal suo appartamento. A dare da mangiare al gatto, certo.

Poteva essere in realtà vero, adesso Crowley se ne rendeva conto.
Già, perché Aziraphale non lo aveva lasciato solo. Non era mai più stato solo in casa sua.
Tina era entrata in quell'appartamento il 15 febbraio e non era più uscita.
Anche in quel frangente il biondo collega era stato fondamentale. Il tempo che non avevano passato a scrivere lo aveva trascorso a spiegargli ogni funzionamento di quegli strani esseri. Crocchette, cuscini, tiragraffi, lettiere e ciotole erano magicamente apparsi in casa di Crowley. ("Intanto prova a stallarla. Lo farei io se Albus non fosse così poco socievole con gli altri gatti").
Tina sembrava rispettare perfettamente ogni funzionamento descrittogli da Aziraphale, specialmente l'ignorare ciò che le veniva, più che ordinato, consigliato dal nuovo padrone. Anche se ancora fasciata e medicata ogni giorno (quella della medicazione fu sicuramente la parte più difficile da imparare, ma per fortuna la piccola paziente non opponeva grande resistenza), non ne voleva sapere di non provare a saltare su divani, letti o simili. E Crowley pazientemente aspettava che si stufasse di ogni nuova postazione per poi farla scendere lui senza rischi per l'arto offeso.
Ogni notte si era avvicinata un po' di più al letto di Crowley. Alla fine le aveva sistemato uno sgabello con cuscino per aiutarla nella salita e nella discesa sul e dal suo letto anche notturne.
Era una campionessa di fusa. O questo credeva il suo nuovo padrone che almeno due volte aveva cronometrato quel piacevole vibrare.
E soprattutto, con grande sollievo di Crowley, presa da palline, topini finti e tiragraffi, non si era minimamente interessata alle piante dell'appartamento. O almeno fino a quel momento.




La settimana seguente al raffreddore era passata velocemente, col frigo pieno, la gatta che faceva le fusa, il quinto capitolo da proseguire, i messaggi di Aziraphale che si accertava puntualmente della salute sua e di Tina e quell'incontro con gli editori che incombeva.

E che alla fine si era rivelato un successo, come Anthony non avrebbe mai creduto. E come invece Aziraphale era sicuro sarebbe andato.
Si erano incontrati il sabato prescelto sempre nel grande ufficio degli Angeli.
Bella Zebu era riuscita a persuadere il marito a dare un'occhiata ai primi capitoli con lei, nonostante lui fosse assolutamente convinto di voler leggere solo l'opera finita come di prassi.
Quel lasso di tempo mentre i due editori leggevano dando loro le spalle era sembrato infinito a Crolli. Non era abituato a esperimenti di quel tipo. In genere mandava semplicemente il tutto via mail a Bez o a Furio (il suo editor) ma poi li risentiva dopo giorni o settimane. Non aveva mai vissuto un'esperienza del genere in diretta.
Mentre i due leggevano le loro pagine, aveva sentito le dita sudare e le mani tremare e aveva iniziato a sentirsi affamato d'aria. Ma il collega gli si era avvicinato, lo aveva sfiorato su una spalla e fissandolo intensamente negli occhi gli aveva mormorato: "Fidati di me."
E Crowley si era fidato. Ed era tornato a respirare. E anche quel momento era passato. Crowley desiderò di avere un piccolo Aziraphale da tenere in tasca sempre con sé e da tirare fuori in quelle situazioni. Nessuno era mai riuscito a calmarlo così.
E per di più era andato tutto benissimo.

Bella Zebu nonostante le dimensioni ragguardevoli della pancia aveva iniziato a saltellare per la sala riunioni emettendo gridolini. "No vabbè ragazzi ma è bellissimo!!! Adoro l'atmosfera così gotica in un'ambientazione storica e geografica così accurata. E i personaggi poi, Gaio e Publio sono già così caratterizzati e per Satana, anzi per Giove, dato il periodo, li shippo già!"
Più serio Gabriele si espresse con un: "Un lavoro eccellente, non c'è che dire. Non mi esprimo sulla trama perché preferisco prima leggere tutti i capitoli e avere un quadro completo. Ma il ritmo e l'ambientazione li trovo ottimi. Lo stile poi è una grande sorpresa per me. Chi ha scritto cosa tra voi due? Non sarei mai in grado di definirlo pur conoscendovi da anni. È veramente la perfetta commistione tra i vostri stili. Non vi è la paratassi a mitragliatrice di Antonio, ma nemmeno l'ipotassi ciceroniana di Aziraphale. È come un nuovo stile, la vostra fusione, è come se aveste unito le vostre voci in un coro per avere un suono più chiaro, pulito, unitario. E lo trovo perfetto per la storia che state definendo. Siamo ad altissimi livelli, complimenti. Non credevo sareste riusciti a trovare una voce così unitaria in così poco tempo. Non è da tutti."
La moglie gli aveva lanciato uno sguardo sollevando un sopracciglio, un chiarissimo Te lo avevo detto.

Anthony a parte qualche grazie e qualche convenevole non era riuscito a esprimersi dopo quelle valutazioni. Si era sentito come svuotato. Sereno ma svuotato. Aveva avuto bisogno di qualche ora per recuperare per bene l'uso della parola.
Aziraphale lo aveva trascinato a prendere un caffè per festeggiare, a contrario suo era vispo ed elettrizzato, a tratti logorroico.
Poi mentre stavano per salutarsi davanti alla sua Smart gli aveva mostrato l'invito per quella sera.



Non si vedevano da allora. E ora che era quella sera, Crowley non sapeva cosa diamine indossare.

Tina con due balzi saltò prima sullo sgabello poi sul letto di Crowley e cominciò ad annusare i vestiti lanciati dal suo proprietario.
"No, quel pantalone non va bene. È troppo stretto, non starebbe bene sotto una giacca, una vera giacca, da completo."
La gatta lo guardò perplessa.
"Lo so, in genere mi vesto aderente ma stavolta no! Ero anche convinto di avere in questa casa un abito blu, elegante, con la giacca a monopetto, ma non riesco a trovarlo."
La gatta continuò a guardarlo poi sollevò lo sguardo. E sbadigliò. E Anthony si illuminò e si voltò a guardare l'alto armadio bianco.
"Ma certo, nelle due ante in alto! Non ci avevo pensato, è sicuramente lì!"
La gatta in tutta risposta si semistese su un paio di pantaloni e iniziò a sonnecchiare.
Si era presto abituato anche a parlare con la gatta e a farci anche dei discorsi complessi. Non era insolito per lui rivolgersi a chi non rispondesse esattamente a parole: parlava da sempre con le sue piante e con l'amata Bentley.




Parcheggiò la Bentley dal lato opposto rispetto all'ingresso del monumento. Si sistemò il pantalone blu, indossò il cappello dello stesso colore dell'abito e strinse il nodo della cravatta bordeaux che fino a quel momento aveva tenuto quasi slacciata.
Il sole stava tramontando, dunque lasciò gli occhiali da sole scuri in uno dei cassetti della Bentley e mise nel taschino un paio di occhiali da vista con le lenti fotocromatiche per ogni eventualità.

Arrivato allo spiazzo davanti all'ingresso intravide la Smart gialla e la testa bionda di Aziraphale. Da lontano non riusciva a metterlo bene a fuoco, ma avvicinandosi notò che stava fissando quello che pareva un antico orologio da taschino dorato che si sbrigò a mettere in tasca non appena i loro sguardi si incontrarono. Il volto del biondo cambiò radicalmente, prima pareva serio, quasi agitato. Poi un grande sorriso si allargò fino alle orecchie e lo illuminò.
Era di nuovo un essere di luce.
Indossava un abito ancor più vintage di quelli già antiquati che era solito portare, quello che sembrava un panciotto chiaro, un cappotto sbottonato quasi dorato e un immancabile papillon in tartan. Crowley lo trovò più bello che mai.

"Ehilà Aziraphale"
"Antonio, buonasera. Credevo ci... ci avessi ripensato."
"Sono un uomo di parola. E non avrei mai rimandato una visita serale nei bui sotterranei di antiche terme."
Il professore gli sorrise e gli fece strada verso il gabbiotto all'entrata presso cui iniziavano ad accalcarsi molte persone.
"Ah no no, noi passiamo di qua, vieni con me."
Saltarono tutta la coda e intrapresero il vialetto alberato che costeggiava le maestose rovine.
Anthony iniziò a guardarsi attorno. In effetti erano ben diverse dalle terme visitate a Ostia.
"Prima dell'inizio dello spettacolo di luci e danza pensavo di farti fare un giro, se ti va, dovremmo avere quasi un'ora. Prima devo però fare dei saluti."
"Va bene, sono nelle tue mani, angelo."
Aziraphale tossì una risatina e fece avvicinare Anthony ai due lunghi tavoli del buffet.
"Prendi pure qualche vol-au-vent e delle bollicine. Arrivo subito."

Anthony fece esattamente come richiesto dal collega e si fece riempire due calici di prosecco, ma prima assaggiò qualcuna delle tartine.
Con la coda dell'occhio studiava, anche se a distanza, i movimenti di Aziraphale.
Lo vide smangiucchiare qualcosa e parlare e far ridere diverse donne, tutte elegantemente vestite, una sembrò anche guardare Anthony. Poco dopo la vide passare qualcosa a Fell che immediatamente infilò l'oggetto misterioso in tasca.

"Io lei la conosco!" una voce acuta e vivace alle sue spalle fece quasi sobbalzare Crowley.
Una giovane donna dai capelli corvini perfettamente ondulati lo guardava sorridente e con uno strano scintillio negli occhi.
"Uhm... Sì?"
"Sì! Ci siamo conosciuti nell'ufficio del direttore Fell, sono Muriel, la sua segretaria."
"Oh, certo. Buonasera Muriel." Si ritrovò di fronte alla ragazza con i due calici pieni tra le mani per cui per galanteria propose porgendogliene uno:
"Vuole del prosecco?"
"Oh grazie. Che bel pensiero, ma no grazie, io non bevo, sono astemia." E fece un sorrisetto vispo ai due bicchieri.
"Lo tenga pure per il direttore." E a Crowley saltarono due battiti. Si spostò leggermente verso il vialetto.
"Bella serata, vero?" continuò la donna, seguendolo.
"La sta facendo lavorare anche stasera, eh? L'ha invitata allo spettacolo col preciso scopo di marcarmi a uomo per paura fuggissi, non è vero?"
"Cosa? Oh no, assolutamente. Cioè, intendo, ero stata avvisata che sarebbe stato presente. E so anche... Beh so.." abbassò la voce "Che... Dei sotterranei, ecco. Ma assolutamente non mi è stato affatto... Ho pensato io di attaccare bottone."
Crowley scoppiò in una bonaria risata.
"Signorina, mi scuso, Era solo una battuta. Stavo scherzando." E le sorrise mostrando i denti sottili.
"Oh, cielo, menomale. C'ero cascata in pieno." E rise anche lei.
"Sa, mi sono incuriosita in questo periodo. Il suo non à propriamente il mio genere prediletto, ma ho iniziato a leggere uno dei suoi romanzi."
"Oh oh, onorato, grazie! Quale? Sono curioso adesso."
"Seme d'oleandro."
Crowley avrebbe voluto commentare che forse come primo approccio alla sua narrativa potesse essere un po' forte, ma un'altra donna li interruppe.
Aveva i capelli biondi ben raccolti e un abito di uno splendido blu en pendant con i suoi occhi e un cappotto chiaro. Crowley la ricordò in tuta e scarpe antinfortunistiche circondata da gatti.
"Buonasera signor Crolli. Come sta Valentina?"
"Vale...? Ah, certo, Tina. Tina sta meglio, migliora, o peggiora, dipende dai punti di vista, di giorno in giorno. Oggi voleva fare un salto unico fin sopra al tavolo del salone."
"Tavolo? No, le sconsiglio di darle un simile vizio, altrimenti non lo perderà mai."
"No, ma non è più salita. Comunque devo davvero ringraziarla, i veterinari sono stati davvero in gamba. E ci hanno anche fatto un grosso sconto."
"Si figuri, per così poco. Ha fatto davvero un bel gesto. Non se ne pentirà, vedrà, quella gatta le cambierà la vita."
"Ah, ma lo ha già..." Crowley tossì e bevve un sorso dal suo calice.
Sei impazzito, Anthony? Che razza di frase ti stava per scappare?

Guardò verso il tavolo dove aveva visto prima Aziraphale e vide che si stava avvicinando. Fece un cenno di congedo alle due donne e si incamminò verso di lui.

Gli porse il calice pieno.
"Oh grazie."
"Que... queste bollicine sono più forti del previsto."
Aziraphale sorrise e avvicinando il calice al suo per fare un brindisi pronunciò: "Salutaria!"
"Salu...taria? È così che avrebbero brindato Publio e Gaio?"
"Esattamente. Vogliamo iniziare a vedere qualcosa?"
"Sì, certo."

Aziraphale gli fece strada verso l'ingresso alla prima antica palestra e via via iniziò a illustrargli ogni angolo di quei maestosi ambienti, soffermandosi spesso sui mosaici o descrivendo le decorazioni scultoree che vi erano un tempo. Gli mostrò quel che rimaneva dello spogliatoio, poi del laconicum, l'immensa natatio, il tepidarium e anche il punto in cui si trovava il calidarium. Crowley si godette ogni istante di quella visita guidata personalizzata. Aziraphale alla luce del crepuscolo era più affascinante che mai. Indicava, gesticolava, si fermava, mostrava dettagli e Anthony rimaneva ammaliato da quella voce, da quelle mani; più volte perse il filo di quello che gli veniva detto e sperò che il professore non gli rivolgesse qualche domanda. L'unica cui avrebbe voluto rispondere prevedeva come risposta: "Sì, anche adesso. Va bene adesso, qui, tra le rovine." Sperò che i suoi occhi, privi della solita copertura non parlassero per lui.

Sulla passerella del ritorno l'archeologo gli mostrò poi entusiasta la tabula lusoria, quella porzione di marmo bucherellata sul bordo dell'antica vasca, dove i romani di quasi due millenni prima, tra una nuotata e un esercizio, tra un discorso d'affari e un bagno bollente, si sfidavano lanciando dadi esattamente nel foro prescelto. E così Crowley immaginò lui e Aziraphale, nudi a mollo a fare quel gioco appoggiati sul bordo della grande piscina, tra un discorso di lavoro e un...
Crowley ringraziò nella sua testa la gatta che senza volerlo gli aveva indicato dove fosse quel completo dal pantalone largo che adesso indossava. Con i soliti vestiti attillati sarebbe stato tutto incredibilmente più difficile.


Le luci vicino al palco iniziarono a cambiare, per cui i due si affrettarono verso i posti a sedere previsti per quell'evento.
Erano stati riservati loro due posti piuttosto vicini alla grande e moderna piscina nera. Molte persone erano già sedute, Crowley nel raggiungere il suo posto si abbassò il cappello sulla fronte: senza occhiali si sentiva nudo e vulnerabile in mezzo alla gente.

La grande vasca creava un effetto davvero unico e pittoresco. Il grande monumento pareva davvero specchiarsi sulla superficie dell'acqua. Ben presto iniziò uno spettacolo di luci e giochi d'acqua, molto godibile. Ancor più godibile era la posizione in cui si trovava lo scrittore. Aziraphale era accanto a lui, di fronte a uno degli angoli della vasca, per cui, rivolgendosi verso lo spettacolo Crowley poteva guardare il viso dell'uomo che quella sera accompagnava che sorrideva e si illuminava osservando i giochi d'acqua e soprattutto poteva scrutarne gli occhi farsi grandi, luminosi e cambiare colore seguendo i colori delle luci dello show. Ogni tanto il direttore si voltava verso di lui sorridendogli. Crowley sorrideva di rimando e tentava la missione impossibile di abbassare la sua frequenza cardiaca.

Poi, mentre un corpo di ballo si preparava al proprio spettacolo di danza classica sul palco presente sulla vasca, Crowley intravide l'archeologo scambiarsi un cenno con la donna con gli occhiali con cui aveva parlato prima. Fell estrasse un mazzo di chiavi da una tasca e con l'altra mano sfiorò il ginocchio di Anthony che sussultò.
"È il momento buono, seguimi."

Crowley seguì l'archeologo attraverso una piccola scala seminascosta e scese con lui nei sotterranei.
E rimase sbalordito nell'osservare in che tipo di ambiente si fossero ritrovati. Aveva immaginato i sotterranei come qualche anfratto piccolo, stretto, oscuro e segreto. Invece si ritrovò immerso in una sorta di labirinto di gallerie molto ampie e perfettamente conservate, ben illuminate e dotate di diverse installazioni.
Fell riprese le sue spiegazioni: erano gallerie carrabili dove numerosi schiavi lavoravano tutto il giorno per mantenere alle giuste temperature l'acqua delle vasche delle terme. Vi erano numerosi forni, camini, impianti idraulici. A fianco vi era persino un mitreo.

Era un luogo incredibile e chi lo accompagnava era ancora più incredibile agli occhi del rosso. Adorava il modo in cui gli spiegava le cose, senza saccenteria, con dolcezza e pacatezza. Con quel tono melodioso, quasi angelico. Con quegli occhi emozionati che trasmettevano tutta la passione per quegli argomenti.
Ed erano loro due soli, di notte, segretamente o quasi, nei sotterranei delle terme antiche più maestose del mondo.
Crowley immaginò di prendere una delle due mani gesticolanti di Fell, portarla alle labbra e riempirla di baci appassionati, poi sul polso, poi all'interno del braccio, poi di allungare le braccia attorno ai fianchi dell'archeologo, di farsi avvolgere da quelle braccia forti e di essere baciato con foga contro le possenti pareti dei sotterranei.
Nonostante la fresca serata marzolina e l'ambiente umido delle gallerie sotterranee, Crowley a quei pensieri percepì chiaramente come dovessero risultare mille e ottocento anni prima quegli ambienti tra forni e camini accesi tutto il giorno.
Poi per fortuna qualcosa lo distrasse da quei pensieri.

"E quella? Non credo facesse parte degli impianti, mi sbaglio?" e ridacchiando alla sua stessa battuta indicò la scultura di un'enorme mela bianca.
"Quello è un regalo della casa per gli amanti delle mele più coraggiosi." Ridacchiò anche Fell. "Si tratta di un'opera di arte contemporanea di Pistoletto, permanente qui. Si chiama la Mela Reintegrata.".
Poi più serio si avvicinò al collega, fissò gli occhi grigi in quelli dorati e chiese: "Allora? È stata una visita utile? Ti è venuto in mente qualche dettaglio in più per il romanzo visitando questo posto? Qualche scena importante?"
In realtà sì, ma Crowley non poteva rispondere a quell'ultima domanda. Non poteva dire a Fell che i sotterranei delle terme sarebbero stati un luogo perfetto per il primo bacio tra Publio e Gaio. Soli. Nei sotterranei delle terme di notte a indagare.
Ma inghiottì nuovamente quelle immagini e rispose solo:
"Molto. Molto utile davvero. A casa butterò giù qualcos'altro. Promesso." E si sforzò di sorridere.
"Bene, ne sono contento. Torniamo su? Credo lo spettacolo sia finito, non si sente più la musica."
Crowley annuì. Sarebbe rimasto in quei sotterranei con Aziraphale Fell per tutta la notte in realtà. Ma Fell non lo avrebbe mai saputo. Era ancora troppo presto. Oppure già troppo tardi.



Quando riemersero dalle gallerie, il cielo era ormai del tutto nero, molte persone si stavano dirigendo verso l'uscita e pochi gruppi rimanevano a chiacchierare nei dintorni del palco.
Aziraphale andò a salutare altre persone e Anthony lo aspettò vicino al bordo della vasca-specchio. Non resistette dal mettere un mano in acqua facendo attenzione a non essere notato. Era curioso di sentire la temperatura di quell'acqua e calcolare quanto fosse profonda la vasca (non se l'aspettava così poco profonda).
Poi distrattamente si mise a fare un gioco che faceva da ragazzo al mare, ovvero scrisse il suo nome con la punta di un dito sul pelo dell'acqua. Mentre autografava quella piscina, Aziraphale lo raggiunse notando il suo gioco.
"Il poeta il cui nome fu scritto sull'acqua."
"Scusa?"
"Nulla, il tuo gesto mi ha ricordato non so perché l'epitaffio di Keats."
"In realtà lo scrivere sull'acqua è un gioco che da bambino facevo sempre. Ben prima di conoscere Keats. Che ovviamente amo."
"Credo sia impossibile da non amare."
"Anche tu fan? Mmm, in effetti sì, ti immagino a leggere e rileggere Ode on a Grecian Urn."
"Sono già così prevedibile? Beh è un capolavoro. Però ti dirò, le preferisco Ode to a nightingale."
"Dovrei rileggerla. Io credo di aver consumato le pagine di Ode to Psyche, Lamia, Bright star e ovviamente dell'opera cui sono più legato: l'Hyperion, in entrambe le versioni."
"Sai Antonio, per anni, fino a quando sono stato funzionario di zona nel rione Testaccio, sono stato volontario al cimitero acattolico. Lo ho salutato sulla sua tomba un'infinità di volte."
"Pensa che io non ci sono mai stato invece."
"Come, mai? Mai mai?"
"Mai."
"Beh allora sarà il caso di provvedere." Gli occhi di Aziraphale brillarono alla luce violacea sopra la vasca. "Dovrei solo controllare se ho ancora... Hai impegni per il resto della serata?"
"Secondo te? Credevo avessi iniziato a conoscermi."
Fell fece una risatina.
"Allora vieni con me. Forse ho ancora le chiavi in... - e abbassò la voce- auto".
"Mi stai proponendo una gita in un cimitero di notte? Vuole proprio prendermi per la gola, professor Fell."
"Non ti assicuro nulla, però potrebbe essere una notte da ricordare."
"Ogni volta che credo di averti inquadrato riesci ad alzare l'asticella e stupirmi, angelo."
Il biondo sembrò arrossire.
"Andiamo."


Quasi mezz'ora dopo (incredibile quante cose riescano a nascondere i cassetti e le tasche degli sportelli di una Smart, pensò Crowley) Fell parcheggiò la sua utilitaria a pochi passi dalla Piramide Cestia.
Senza parlare indicò la strada esatta ad Anthony che lo seguì. Raggiunsero un piccolo cancello metallico che senza problemi l'archeologo aprì con due diverse chiavi.
Dopo aver richiuso il cancello alle loro spalle, Aziraphale entrò in quello che pareva un piccolo ufficio con un'altra chiave e Crowley lo seguì. Lo vide premere pochi pulsanti che accesero un paio di lampioni e prendere una grande torcia.
"Aspetta, lascio una nota per i ragazzi che saranno qui di turno domattina. Non mi pare il caso di avvisare ora." E scrisse qualcosa con la sua grafia elegante su un foglio.
"Ecco, ora possiamo andare."
Presero una delle stradine di ghiaia di quel monumentale cimitero e Crowley si guardò intorno.

La zona del cimitero di fronte al piccolo ingresso era davvero un pullulare di tombe di ogni foggia e dimensione: vi erano lapidi orizzontali, altre verticali, veri e propri monumenti quasi gotici, alcune maestose statue in stile neoclassico (tra tutte spiccava un grande angelo piangente).
Ma l'elemento che stupì maggiormente Crowley era la vegetazione. Non ricordava di aver mai visto un cimitero così ricco di fiori e piante in ogni angolo, tra ognuna delle tombe; le siepi ben squadrate accompagnavano geometricamente i più tipici cipressi, nonostante la scarsa luminosità spiccavano i colori di alcune varietà di rose e numerose primule e camelie.
In fondo, sotto le Mura Aureliane si intravedeva un gruppo di gatti. Due si stavano lisciando il pelo a vicenda, uno sonnecchiava e un ultimo fuggì udendo i passi dei due uomini a quell'ora insolita.


"Ti mostrerei prima la parte antica. È lì che troveremo John." Sussurrò Aziraphale.
Attraversarono una sorta di fornice su un muro di pietra e si ritrovarono in una zona molto meno fitta di sepolture.
Vi erano alcuni pini e cipressi, numerose panchine di gusto inglese e in fondo si ergeva orgogliosa la Piramide Cestia, mentre dietro di lei si intravedevano le torri di Porta San Paolo. A quella tenue luminosità sembrava tutto diverso e dannatamente romantico agli occhi dello scrittore.
In quel luogo idilliaco gli sembrava di respirare veramente la pace, l'arte, la serenità.

Aziraphale sempre puntando la torcia in basso lo cinse delicatamente con un braccio e gli sussurrò: "Lì, un po' più avanti."
Raggiunsero praticamente il muro perimetrale di quel cimitero e alla loro destra i due uomini abbassarono lo sguardo su due semplicissime lapidi verticali.
Crowley capì subito che le spoglie del poeta fossero lì, sormontate da floride piante, poi lesse l'umile epitaffio.
Rimasero lì in silenzio per un bel po'. E fu una cosa che piacque a Crowley. Rimanere in quel luogo così sacro in silenzio insieme ad Aziraphale.

Dopo un po' Crowley si andò a sedere su una delle panchine di fronte alla tomba. Sembrava davvero la panchina di un parco londinese. Poi distolse lo sguardo dalle sepolture e iniziò a scrutare il cielo.

Aziraphale rimase ancora lì, in piedi davanti alle lapidi, come in preghiera. Anche le mani sembravano in preghiera, le teneva giunte, anche se sembrava tormentarsi un dito o forse l'anello d'oro che portava sempre al mignolo.

Se non fosse stato per l'inquinamento luminoso, in una notte così limpida e senza nubi, Anthony avrebbe potuto osservare qualche stella e pianeta e illustrarli a Fell, magari.
Poi per guardare meglio il cielo si tolse il cappello e si stese completamente sulla panchina. Riuscì a intravedere solo la Stella Polare e Giove.

Poi Aziraphale gli si avvicinò e in una frazione di secondo parve abbassarsi sulle ginocchia verso la sua testa.
Cazzo cazzo cazzo.
Cosa sta per... Se mi bacia qui muoio.
Magari mi seppelliscono lì, vicino a Keats.

Quello che invece Aziraphale Fell fece fu prendere, una ciocca alla volta, i lunghi capelli di Crowley e sistemarli meglio sul lato della panchina.
"Ri...rischiavano di to...toccare terra e sporcarsi, ecco."
Crowley si tirò su a sedere, completamente senza fiato e senza parole.
"Stai, stai pure comodo, io posso sedermi su questa a fianco, non..."
"No, siediti qui, vicino a me." Sentì provenire dalla sua stessa bocca.
Aziraphale sorrise e spense la torcia.

"Che bel cielo stasera." Disse il biondo ormai seduto a pochissimi centimetri da lui.
"Peccato per il solito inquinamento luminoso, si vedono ben poche stelle."
"Beh, in effetti. Roma non è il massimo per le osservazioni, immagino."
"Già."
"Ci sono un paio di posti non molto lontani in cui forse però vedresti qualcosa. Magari potremmo andarci una sera, così mi farai sapere."
"Mi dispiace non avere più il telescopio. Non potrò illustrarti granché."
"Vedremo." Disse Fell con un sorriso furbetto sul volto.

Dopo qualche minuto a Crowley venne spontaneo stiracchiarsi, iniziava ad avvertire la stanchezza dato l'orario, ma Fell era immobile a testa in su al suo fianco, Anthony non avrebbe detto una sola parola che potesse minare quella piacevole situazione. Ma l'altro aveva notato il suo gesto.
"Vogliamo...?"
"No, ancora un po'."
"Allora, potresti, beh" e abbassò il tono "Rimetterti come stavi prima."
"No, non voglio farti spostare, angelo, sto benissimo così."
"Oh no, infatti non volevo spostarmi." Disse Aziraphale ancor più timidamente senza incontrare il suo sguardo.
Crowley si voltò verso di lui, senza respirare.
"Intendi...?"
"Sì." pronunciò subito e con convinzione l'archeologo.

E Crowley colse l'occasione.
Lentamente, molto lentamente, per paura di arrecare fastidio ad Aziraphale ed essere certo di non aver inteso male, si distese sulla panchina. Con la testa poggiata sulle cosce di quell'uomo incredibile.
Lo guardò negli occhi e chiese "Peso? Ti do fastidio? Stai scomodo, vuoi che...?"
"Mai stato meglio, caro."
Respira sennò muori, respira sennò muori.
"Però c'è una cosa che vorrei, in effetti,."
Crowley deglutì e lo interrogò con lo sguardo, non riuscendo a proferire suoni articolati.
Qualunque cosa. Qui. Ora.
Scusami John.

"Ti darebbe fastidio se ti toccassi i capelli? Sono magnifici e mi piacerebbe risentirli al tatto."
Qualunque cosa.
Anthony riuscì solo ad annuire energicamente.
Aziraphale sorrise e con grande delicatezza e cura iniziò ad accarezzare la sua chioma.
Prese qualche ciocca con una mano, con l'altra passò le dita tra i capelli molto lentamente.


Era una sensazione nuova per Crowley, dopo una vita da rasato prima e quasi calvo per le terapie poi, non aveva mai portato i capelli lunghi prima di quegli ultimi anni.

E in quegli anni nessuno lo aveva mai toccato così, tra i capelli.
Ma anche se qualcuno lo avesse fatto non sarebbe stato nulla di paragonabile a quello che stava provando, di questo era certo.

Era una sensazione nuova per Crowley ed era una sensazione dannatamente piacevole. Non si era mai sentito così bene, così al sicuro, così a casa.

Avrebbe passato volentieri l'eternità in quel modo.
In paradiso o all'inferno, sarebbe stato uguale, steso sulle cosce di Aziraphale Fell che gli accarezzava la testa.

In estasi, cullato da quelle nuove sensazioni, in pochi minuti si addormentò.
E non poté vedere, né sentire i teneri e timidi baci delle labbra di Fell sui suoi capelli.

Penna d'angelo, penna di demoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora