Capitolo 3

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Sabato, 13 gennaio


Crowley non ne poteva più di assistere a quel monologo infinito di Gabriele Angeli.
Era una spada nel suo mestiere, ma quando attaccava a parlare del suo passato e dei talenti scoperti non smetteva più. Nemmeno sua moglie Isabella, spaparanzata sui cuscini della sede dell'Alpha Centauri lo stava più ascoltando, impegnata a intrecciarsi i capelli. Persino Aziraphale Fell, pur seduto composto al tavolo e con un'espressione fintamente interessata, iniziava ogni tanto a vagare con lo sguardo e a mostrare segni di cedimento. Anthony, che occupava una delle poltrone più comode dell'ufficio, tamburellava le dita sulla gamba destra che teneva accavallata sull'altra. Con quegli occhiali da sole completamente neri poteva permettersi di chiudere gli occhi ma aveva paura di prendere sonno davvero e non voleva fare una figura simile. Non davanti ad Aziraphale.

Poi un segno divino. Il telefono dell'editore squillò, svegliando tutti i presenti da quel torpore.
"Sandalfone! Carissimo! Ti avrei chiamato a breve. Sì, certo che lo ricordo, lunedì mattina, senz'altro!"
Dopo aver terminato la telefonata, Gabriele si rese conto che era ormai ora di pranzo e che era il caso di porre fine a quella riunione.
"E dunque, ragazzi miei, mi sembra un ottimo modo di procedere. Il tour nel parco archeologico mi sembra un primo passo importante per avere le idee più chiare. Dopo quello avrete sicuramente in mente in maniera ben più definita e lineare ogni..."
"Gabriele, tesoro, sono tutte cose già dette. E se ricominci credo che le rovine le vedranno a notte fonda. Chiudiamo, per favore. Antonio ed Aziraphale sono due professionisti, non dobbiamo imboccarli cosi tanto, vero demonietti?"
Entrambi gli scrittori sorrisero sollevati.
"D'accordo. Per qualsiasi cosa ci aggiorniamo tra due settimane, intesi?"

La sede dell'Alpha Centauri era situata al nono piano di uno dei palazzoni che si affacciano su via Cristoforo Colombo. Ad Anthony, dopo aver salutato i presenti, venne spontaneo dirigersi verso le scale, prendeva di rado l'ascensore.
"Scendiamo insieme?" si schiarì la voce il biondo collega che era appena uscito con lui e stava chiamando invece l'ascensore.
"Oh... sì, certo." Balbettò Crowley. Non amava i luoghi angusti come gli ascensori. Non era propriamente claustrofobico ma prediligeva sempre le scale. Ma in quell'occasione non sapeva come dire di no ad Aziraphale Fell che lo guardava sorridente. Chissà se ci sarebbe mai riuscito, a dirgli di no.
In ascensore il pugile si aggiustò una ciocca di capelli dietro un orecchio guardandosi allo specchio, mentre l'archeologo sfogliava sorridendo le prime pagine del libro che aveva in mano.
Isole, la raccolta di racconti di Antonio Crolli. Sembrava accarezzare la pagina in cui il collega gli aveva fatto la dedica.
Antonio in quell'istante si vergognò per le uniche stupide parole che gli erano venute in mente mentre aspettavano di entrare nell'ufficio degli Angeli.
Ad Aziraphale Fell, mio idolo e cicerone del passato con cui spero di poter viaggiare nel presente e nel futuro. A.C.
Da dove gli era venuta una dedica così? Banale, già sentita, a tratti smielata.
Eppure il collega era sembrato più che soddisfatto, lo aveva ringraziato e aveva abbracciato il libro orgogliosamente. "Senz'altro." Aveva anche detto.

Le porte dell'ascensore si aprirono.
"Dopo di te" sorrise il biondo facendosi da parte.
"Grazie. Come ci organizziamo? Vogliamo iniziare oggi il sopralluogo come consigliavano gli editori?" In cuor suo sperò che l'altro per qualsiasi motivo rimandasse. Cosa gli prendeva? Perché stava ricadendo in quel baratro di ricordi? Non l'aveva superata? Si sentì così stupido. Era stata sua l'idea di quell'ambientazione. E senza quell'idea non sarebbe stato lì in quel momento, dinnanzi a quell'angelo biondo. Inspirò.
Uscirono insieme dal palazzo.
Aziraphale scrutò il cielo. I suoi occhi riflettevano il grigio chiaro delle nuvole sopra di loro.
"A quest'ora, con questo tempo, di sicuro non troveremmo molti visitatori. Se non hai altri impegni, si intende." Fell sorrise di sbieco mentre aggiungeva quell'ipotetica.
Crowley non poteva tirarsi indietro a quel punto. Un conto sarebbe stata un'incombenza di Fell. Ma se un uomo così impegnato era disposto a passare il pomeriggio con lui non poteva di certo tirarsi indietro. Doveva concentrarsi ed essere professionale. Era l' occasione della sua vita. Perlomeno lavorativamente...
"Figurati, è il mio unico lavoro. Se sei libero tu per me è perfetto."
Aziraphale sorrise e sembrò illuminare tutto il parcheggio.
"Ci vediamo lì?" chiese Crowley avvicinandosi alla sua auto, la sua amata Bentley nera d'epoca.
"Accidenti! È una vera Bentley? Ma è una bellezza! Quanti anni ha?" l'archeologo si avvicinò e accarezzò l'automobile del collega.
"Non si chiede l'età di una signora" ridacchiò il rosso. Quel cambio di argomento lo aveva sollevato.
"Perdono. Deviazione professionale." Ridacchiò di rimando Fell.
"È un regalo che mio nonno mi ha fatto vent'anni fa. Lui l'ha avuta da sempre."
"È una meraviglia. Allora vediamoci davanti all'ingresso del mio ufficio, quello dell'altro giorno. Parcheggia pure questo gioiello nel parcheggio interno, io aprirò il cancello. Tu seguimi." Disse il direttore aprendo col telecomando una Smart giallo oro. Effettivamente un'auto che gli si addiceva, pensò Crowley.

Di tante cose che di quell'uomo suscitavano il suo interesse, non c'era decisamente la guida. Aziraphale al volante era una lumaca. Pareva guidare un'automobile da lunapark. Anzi, una macchinina a pedali. Si era fatto superare persino da una vecchietta al volante di una Seicento.
L'unica soluzione per sopravvivere alla guida a quaranta chilometri orari fu per Crowley accendere l'autoradio, l'elemento più moderno della sua vettura. Dalla chiavetta USB scelse una canzone dei Queen. Living on my own.
A un semaforo rosso affiancò l'auto del collega e abbassò il finestrino.
"Credevo di essere io quello con l'auto d'epoca che non supera gli ottanta all'ora." Lo prese un po' in giro.
"Cosa? Guarda che la Colombo è una strada pericolosissima e non vedo perché correre." Fell sembrava un po' offeso.
"Scherzavo, angelo. Cosa stai ascoltando?" dalla Smart proveniva in effetti della musica. Pareva proprio una canzone dei Queen.
Dee do de de
Dee do de de
I get so lonely lonely
lonely lonely yeah
Era la stessa canzone che stava ascoltando lui. Un po' più avanti però.
I due uomini si guardarono. Un guizzo sembrò accendere lo sguardo di Aziraphale. Le labbra puntarono in su e si allargarono fino alle orecchie.
"Che coincidenza".
Poi scattò il verde. Crowley chiuse il finestrino e si permise un sospiro. E ripartendo alzò il volume dell'autoradio.

Crowley seguì la Smart dorata nel vialetto dedicato ai dipendenti del Parco Archeologico di Ostia Antica fino al parcheggio, lì posteggiò la Bentley accanto al direttore.
"Qui va bene, Aziraphale?" chiese scendendo dall'abitacolo e chiudendosi il cappotto. Era sollevato di aver percorso quella stradina laterale in macchina e non aver rivisto il teatro romano, non da solo, perlomeno, però contemporaneamente si sentiva un po' a disagio. Già era ospite lui a visitare gratis quel tripudio di rovine, ma anche parcheggiare l'auto a fianco a quella del direttore...
"Certamente, perfetto. Aspettami qui. Vado a lasciare il libro autografato. E a prendere un ombrello" stava guardando nuovamente il cielo con aria dubbiosa.
"Ma dai, non credo pioverà." Magari lo facesse. Abbassò leggermente gli occhiali scuri e guardò in alto. Non vi erano nuvoloni neri, solo una compatta coltre grigio chiaro.
Quando l'archeologo riapparve, portava al braccio un ombrello bianco. Crowley si lasciò convincere e prese anche lui un ombrellino nero dall'auto. Nel frattempo si stava alzando il vento.

"Facciamo prima pausa pranzo? Avete un bar o qualcosa di simile? Necessito di un caffè." Un po' era vero. Un po' era un modo per rimandare di qualche minuto l'inizio di quel viaggio nella storia. Nei ricordi.
"Va bene. Sì, abbiamo il Bar degli scavi. Oggi dovrebbe esserci di turno Nina, una mia vecchia amica. È proprio qui vicino."
Aziraphale gli fece strada fino a un edificio basso con dei tavolini esterni, tenne aperta la porta per lui, poi si rivolse alla donna al bancone. Erano passate le due e c'erano solo altri due avventori nel locale.
"Professor Fell, appena in tempo! Sono riuscita a metterle in salvo una focaccia con la porchetta. Gradisce?"
"Nina, che piacere. Grazie! Ma quante volte devo dirti che puoi chiamarmi Aziraphale anche qui?"
"Qui al Parco? Mai! Qui lei è il direttore e sarà sempre il professor Fell."
Crowley udì la risata cristallina del biondo.
"Grazie per il pranzo messo da parte. Ma lascia che ti presenti Antonio, abbiamo dei sopralluoghi da fare qui oggi. Antonio ti presento Nina, uno dei pilastri di questo Parco Archeologico. Senza di lei sarebbe tutto più cupo, insipido e senza dubbio sonnolento."
"Oh, piacere, anche lei è un archeologo?"
"Neppure sotto tiro." Scherzò il pugile.
"Antonio e io stiamo lavorando a un altro tipo di progetto. È un mio collega dell' Alpha Centauri."
"Incantato, Antonio Crolli" si presentò.
"Crolli! Quell'Antonio Crolli? L'autore della trilogia della Dama di Porpora? Aziraphale devi avvisare quando porti qui questo genere di amici però! Oh mio Dio, cosa le porto? Non è rimasto quasi nulla se non due tramezzini sfigati che... Non ho nemmeno un libro con me! Ma sono una sua fan, ho letto tutta la trilogia in meno di due settimane. La Dama è un personaggio così forte e di ispirazione!"
Anthony per la prima volta in quella giornata rise di cuore.
"Nina carissima, mi fido, anche senza vedere uno dei miei libri. Onorato lei abbia apprezzato. Comunque un tramezzino va benissimo. E un caffè per favore."
"Tonno e pomodoro o insalata di pollo?"
"Se è davvero pollo, dato quello che ha appena ammesso, andrà benissimo il tramezzino con l'insalata." Ridacchiò ancora.
Nina scoppiò a ridere "È pollo, è pollo, giuro." E scomparve dietro il bancone.
Anche Aziraphale stava ridendo, poi lo invitò a sedersi a un tavolino vicino la vetrata.
"Inizia pure a mangiare, Angelo."
Crowley non aveva affatto appetito, sentiva solo l'esigenza di caffeina, dopo quella mattinata soporifera. E poi il caffè gli avrebbe restituito la lucidità di cui nell' ultima mezz'ora era stato decisamente carente. Ma i medici erano stati chiari al riguardo. Curare l'alimentazione sempre, massimo due caffè al giorno e mai a stomaco vuoto. Per cui avrebbe dovuto mettere qualcosa sotto i denti.
"Neanche per sogno, sei mio ospite. Ci tengo alle buone maniere." Gli fece l'occhiolino.
Nina tornò presto con il tramezzino, due bottigliette d'acqua e due caffè.
Dopo aver deglutito il primo boccone, Fell disse: "Dunque, come dicevo prima alla A.C. stanotte ho letto per bene la bozza che mi hai mandato. Adesso posso parlartene liberamente. Innanzitutto mi piace moltissimo la caratterizzazione di Gaius il liberto. Era tanto che la bozza di un personaggio non mi convinceva così. E anche il susseguirsi degli omicidi è studiato e verosimile. Poi inserire una sorta di investigatore nell'antica Roma è un elemento che affascinerà anche i giovani e il fatto che sia un liberto lo rende ancora più interessante."
Anthony per poco non si strozzò col pollo (se era pollo e non carne umana) del tramezzino. Quel discorso lo colse di sorpresa. Fino a quel momento era stato così in ansia all'idea di riaffrontare il teatro romano di Ostia Antica che quasi aveva perso la bussola, quasi non ricordava il fine ultimo del tour. Bevve un sorso di caffè. Ripercorse mentalmente le parole che gli erano state appena dette. Era incredulo. Ma si sentiva già molto meglio.
"Non... non mi aspettavo avessi letto davvero tutta la bozza. Onoratissimo, grazie" tentennò.
Il biondo dopo altri due bocconi aggiunse: "L'ho apprezzata davvero molto. Mi hai fatto davvero tornare la voglia, il desiderio e l'esigenza di scrivere. E non succedeva da oltre sei mesi. Pensavo di darti una mano con l'ambientazione storica, non credevo di essere in grado di fare altro attualmente, ma è tutto così interessante che il Grande Piano della Zebu mi sta chiamando a gran voce." e lo guardò con un sorriso che permeava da ogni millimetro del suo viso.
Crowley sentì le orecchie e gli zigomi diventare bollenti. Sicuramente stava arrossendo.
"Veramente? Tu... vuoi... scrivere con me?"
"Beh se a te l'idea piace e non la consideri un'invasione di campo...Ti capirei, assolutamente. Non mi offendo. La storia è tua."
"Scherzi! Quale invasione? Sarebbe un sogno! Non avrei mai pensato che davvero..." iniziò a mancargli l'aria. Prese un lungo sorso d'acqua.
Non se lo aspettava di certo. Non avrebbe mai creduto di essere all'altezza di essere considerato da Fell come collega, come pari. Non credeva nemmeno di poter meritare una simile possibilità a livello professionale. L'occasione della vita. Ma non era solo quello. Il magnetismo di Aziraphale Fell lo attirava a sé in una maniera che non riusciva a controllare. Ebbe paura che l'uomo di fronte a lui potesse udire il ritmo dei battiti nel suo petto. Era molto tempo che non sperimentava un'altalena di emozioni simile.
Aziraphale continuava a sorridergli, aveva anche messo giù la focaccia sul vassoio.
"Bene, sono davvero felice che la pensi così. Sai, potrebbe funzionare."
Crowley cercò di ricomporsi. Era un professionista. Non poteva mostrarsi in quello stato. Ringraziò gli occhiali da sole, ancora una volta, e inspirò. "Ok mi hai detto le cose che hai apprezzato. Adesso per favore spara senza pietà su ciò che non va".
Aziraphale rise. "Non c'è nulla che non funzioni in linea generale. Dobbiamo solo innanzitutto definire con certezza il periodo storico in cui collocare tutta la vicenda. Ma per questo ci verrà utile il tour che faremo tra poco. In base ai luoghi che troverai più consoni e interessanti potremo iniziare a stillare una lista di periodi idonei intersecandoli col tipo di rapporto ex servile che avevi immaginato tra Gaius e il suo patronus."
"Certamente. Per questi aspetti pendo letteralmente dalle tue labbra." Finse un sorrisino sicuro di sé. Di certo non il teatro.
Aziraphale sorrise a labbra chiuse. I suoi occhi si illuminarono. In quel locale sembravano sposare il colore con cui erano decorate pareti e sedie. Verde mare.
"E l'unica cosa che, più che modificare, amplierei è proprio il rapporto tra liberto e patrono."
"In che senso?"
"Se mi è concesso un parere, beh, renderei il patronus un po' meno marginale. Mentre leggevo la bozza di trama, avevo pensato, ma bloccami se vado troppo oltre le tue idee, che essendo un uomo nato libero, potrebbe essere in diversi modi utile alle indagini di Gaius e potrebbe avere anche lui una bella evoluzione di pari passo col caso. Inoltre e qui, davvero, zittiscimi se non sei d'accordo, potrebbe essere piuttosto interessante anche un'evoluzione nel loro rapporto..." il suo sorriso si fece più ampio.
"Del tipo... quel tipo? Waoh. Non ci avevo mai pensato. Non è esattamente il genere di cose che mi viene spontaneo scrivere ma assolutamente mi rendo conto delle possibilità che ne deriverebbero." Satana maledetto. Perché il suo stomaco aveva iniziato a gorgogliare?
"Vero? Sai, Crowley? Non ti ringrazierò mai abbastanza." Sembrava anche lui arrossito leggermente. O semplicemente Crowley aveva ormai anche le allucinazioni.
"Per cosa?" chiese in un soffio.
"Sei riuscito a risvegliare la mia ispirazione assopita. È il più grande regalo che potessi farmi." E gli porse la mano destra che Anthony si sbrigò a stringere.
"Che il Grande Piano abbia inizio allora". La mano di Aziraphale era curata e morbida, la temperatura della pelle non era né calda né fredda, era perfetta; la stretta ben equilibrata. Crowley sarebbe rimasto così per ore. Lì dentro, in un locale tutto verde acqua, con gli occhi di Fell en pendant che lo guardavano sorridenti.


Una ventina di minuti più tardi erano usciti dal bar e avevano iniziato a percorrere la via dei Balconi. Crowley ringraziò Dio, Satana o chi per loro perché il tour pensato dal collega iniziava da quella parte del Parco.
Mentre passeggiava ondeggiante, si sforzò di fare quegli esercizi di respirazione che tante volte lo avevano aiutato. Doveva mostrarsi sereno, fiero, grato per quella possibilità. Non un mucchietto d'ossa tremolanti. Dopotutto, lo aveva voluto lui. Lui aveva scelto quel luogo. Appositamente. Per elaborare, come diceva la psicologa. Si era imposto di superare anche quell'ultimo scoglio. Dopotutto erano passati oltre dieci anni. Non aveva scelto quella città storica a caso puntando il dito su una cartina o aprendo a casaccio Google Maps. Era stata una scelta consapevole, maturata in almeno due anni. Vi avrebbe ambientato una mezza dozzina di omicidi vecchi di duemila anni e tutte le sue rotelle sarebbero tornate al loro posto. Avrebbe vinto. Possibile che allora si sentisse così debole anche al solo pensiero di quel Teatro? Era un altro uomo adesso. E in fondo, ribadì al suo stomaco, al suo cuore e alle sue gambe, proprio quella scelta lo aveva portato a conoscere Aziraphale Fell.

I suoi pensieri furono interrotti da svariati miagolii. Abbassò lo sguardo e vide un fitto gruppo di gatti dirigersi verso un punto alle loro spalle. Il binomio gatti / rovine romane. Gli vennero in mente i gatti di Torre Argentina, quelli del Colosseo e quelli del Palatino. Non lo stupì vedere quei piccoli felini anche lì. Alcuni gatti presero a strusciarsi sulle gambe del direttore Fell. Fu questo a stupire Anthony. L'archeologo si piegò ad accarezzarne alcuni. "È la nostra colonia felina." Spiegò il biondo mentre grattava il collo di un gatto pezzato bianco e nero. "Se ne prende cura una funzionaria archeologa qui molto attenta anche alla fauna locale." Si voltò. "La nostra incredibile Marguerite Cecili, che vedo di avere l'onore di presentarti." Anche Crowley si voltò e vide una donna bionda circondata da gatti nell'atto di riempire alcune ciotole sotto una siepe, che alzò lo sguardo e li salutò con la mano.
"Buon pomeriggio Aziraphale. A lavoro anche di sabato?"
"Potrei dire lo stesso di te. Come stai, Maggie?"
"Benone dai. Sono venuta un po' prima del solito, temo potrebbe piovere."
"Ti presento Antonio Crolli, stiamo facendo un tour preliminare a un progetto insieme." E di nuovo strizzò l'occhio allo scrittore noir.
"Oh piacere, dottor Crolli. È un collega?"
"Ho davvero l'aspetto di un archeologo?" chiese Crowley guardando entrambi i biondi archeologi di fronte a lui.
"Antonio è uno scrittore, stiamo lavorando a un libro insieme."
"Un libro! Ti sei ripreso, Az? Sono così felice! Allora vi lascio proseguire in pace". Fece una specie di fischio e altri gatti, da ogni direzione, corsero verso di lei, qualcuno di passaggio strusciò anche le gambe del pugile.

L'itinerario vero e proprio iniziò con la visita al Caseggiato dei Doli e poi a quello dei Dipinti, dove l'archeologo illustrò l'affresco di Giove e Ganimede che troneggiava nella sala di ricevimento di una domus di quell'insula. Poi svoltarono su via di Diana dove visitarono il thermopolium.
Crowley osservò gli ambienti "Questa è la locanda che hai rappresentato nel quadro del tuo ufficio?"
"Esattamente. È uno degli edifici cui sono più legato. Da giovane vi dedicai numerose giornate di studio."
"Da giovane. Per quanto tu sia un direttore non mi sembri così anziano. Anzi secondo me sei il direttore più giovane d'Italia."
"Non esattamente. Il più giovane ha a malapena quarant'anni."
"Perché tu ne hai mille di più, vero?"
"Saranno ben quarantasei questa primavera."
"Marzo? Aprile?"
"Aprile."
"Giorno?"
"Il 9"
"Gran bel numero. Anche io sono nato il 9."
"Di che mese?"
"Marzo."
"Quante primavere saranno le tue?"
"Quarantaquattro. E mi sembra di non aver combinato niente." Crowley non capì perché si lasciò sfuggire un simile commento davanti a quell'uomo che conosceva da così poco tempo. Era solo la terza volta che lo vedeva eppure appena iniziava a parlarci lo sentiva così vicino.
"Niente? La penna impazzita non ha combinato niente? Sono tuoi cinque tra i libri più stampati, venduti e tradotti dell'Alpha Centauri. Ti sembra niente?"
"Sì, beh storielle..."
"Ah no, non ti permetterò di dare della storiella al romanzo che abbiamo in cantiere."
"No, quella no. Assolutamente."
"Bene. Vieni qui fuori a vedere il cortile. E lì a fianco, ti mostrerò il piazzale dei Lari." Aziraphale gli toccò una spalla per invitarlo a uscire fuori e lo squadrò con un sorrisetto furbo. A quel tocco lo scrittore si sentì più sereno, sicuro di sé, quasi felice.
Il cortiletto piacque moltissimo a Crowley che ascoltò volentieri gli aneddoti dei periodi di studio di Aziraphale. I pensieri angosciosi che lo avevano assalito prima, sembravano così lontani. Quell'uomo aveva un potere calmante su di lui. E poi era così bello quando spiegava ogni angolo di quel che rimaneva di quella città. Gesticolava come uno di quei divulgatori televisivi, gli occhi brillavano ardenti, la voce che proveniva da quelle labbra carnose era ferma e limpida. Menomale che aveva gli occhiali da sole, il pugile era libero di fissare quella bocca senza che sembrasse inappropriato.

Poi si spostarono verso il Capitolium. Insolitamente non vi era nessun turista da quelle parti e anche se caldamente sconsigliato dal cicerone (e vietato ai normali visitatori) Anthony ne salì i gradini, con l'entusiasmo di un ragazzino in gita scolastica.
"Solo perché sei leggero. E se per caso rompi qualcosa ti chiedo i danni. E se ti fai male, ti do il resto."
"Sì, mamma."
Risero.

Poi iniziò a piovere.
Mentre Crowley scendeva le scale entrambi aprirono l'ombrello.
"Proseguiamo un'altra volta?"
"Sì. Il prossimo weekend magari?"
"Va bene." Quasi gli dispiacque di non poter affrontare tutto quel sabato. Ma in fondo anche la settimana successiva sarebbe andato tutto bene, Anthony ne era certo.

Poi un colpo di vento colpì il piccolo ombrello nero di Crowley che si aprì al contrario e si ruppe sul colpo. Il proprietario provò più volte a chiuderlo e riaprirlo ma il meccanismo non funzionava più. Imprecò. Intanto la pioggia aumentava di intensità.
Aziraphale gli si avvicinò col suo ombrello grande e aperto e lo invitò con lo sguardo a ripararsi.
Crowley sollevò gli occhiali ormai ricoperti di gocce di pioggia sopra la testa.
Si guardarono a lungo negli occhi prima di prendere la strada verso gli uffici e il parcheggio. Crowley si tuffò in quegli occhi color mare, si librò in volo in quegli occhi color cielo ora che non aveva quelle lenti scure a oscurarne la luminosità.

Immaginò quell'ombrello bianco come una grande ala che lo riparava e proteggeva. L' ala di un angelo.

Penna d'angelo, penna di demoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora