AIDEN
Finsi di ascoltare le parole del direttore, mentre Aladdin accanto a me continuava ad annuire come una scimmia ammaestrata a ogni sua minima raccomandazione. Mi grattai la testa distrattamente, sperando che qualcuno piombasse in quel corridoio per mettere fine a quel monologo di cui non me ne fregava un cazzo.
«Aiden mi stai ascoltando?»
«Scusa capo, mi distraggo facilmente.» Risposi sarcastico e quest'ultimo continuò con il suo sproloquio infinito.
La ragazzina era sparita dentro la mensa con la solita espressione accigliata di qualche giorno prima. I suoi occhioni marroni sprizzavano disgusto e antipatia, due sentimenti che non mi dispiacevano per niente, soprattutto da una come lei. Indossava il suo atteggiamento sicuro come un abito dalle misure sbagliate: qualsiasi persona si sarebbe concentrata sulle curve del suo carattere ribelle, finendo per cadere nella rete dell'attrazione, io invece ero riuscito a scorgere le sue debolezze. Una zip invisibile, che conteneva a fatica un'insicurezza sorda, ma pur sempre presente.
«Oliver ti mostrerà la clinica e dove potrai cambiarti.»
Mi risvegliai immediatamente dai miei pensieri, che erano riusciti a salvarmi per qualche minuto da quella voce che iniziavo a non sopportare più.
«Cambiarmi?» Chiesi accigliato.
«Sì, come vedi tutto lo staff medico indossa la solita divisa.»
Guardai il corpo esile del ragazzino avvolto da quel completo viola a dir poco imbarazzante e scossi la testa in segno di diniego.
«Non se ne parla.» Lo derisi con poca eleganza. «Non indosserò mai una cosa del genere.»
«Aiden, purtroppo non è una decisione che spetta a te» ribatté, incrociando le braccia al petto.
«Non riuscirà mai a impormi una cosa del genere. Oltretutto quel tipo di viola non rientra nella mia palette.»
Amanda mi aveva costretto ad accompagnarla a una seduta di armocromia e dopo qualche ora mi ero ritrovato a vivere in prima persona quella sottospecie di tortura, con un telo bianco a coprirmi i capelli corvini e una tizia alle spalle pronta a sventolarmi davanti alla faccia una quantità infinita di drappi colorati; secondo la mia migliore amica dovevo abbandonare la mia ossessione per il Total black e donare un po' di vita al mio armadio.
«É solo un colore...» Commentò dopo qualche secondo Harris, ancora sbigottito per la mia ultima affermazione.
«É Lilla e io necessito di un colore ibrido come il melanzana scuro per risaltare il mio bel faccino.» Sottolineai, sarcastico.
Avevo già acconsentito a rinchiudermi in quel posto per tutta l'estate, a trascorrere inevitabilmente più tempo anche con i miei genitori e a sottostare a un tipo come Oliver. I miei vestiti non erano oggetto di discussione.
Si susseguì uno scambio di sguardi, dove entrambi cercammo se pur in silenzio di far prevalere le proprie ragioni. Alla fine, Harris sospirò rassegnato e mi squadrò attentamente.
«Va bene.» Sputò con un certo disappunto nella voce. «Ma puoi evitare di indossare abiti così scuri?»
Mi morsi l'interno della guancia per evitare di rispondergli a tono e finii per annuire con un falso sorriso sulle labbra. «Ci proverò dottore.»
Dopo quel primo dialogo con il mio nuovo dirigente di lavoro, l'infermiere dall'animo buono si preoccupò di farmi fare l'intero giro della struttura, cercando di fornirmi una panoramica completa delle regole e di quello che era permesso o meno fare ai dipendenti, ma anche ai pazienti. Lo seguii, superandolo molte volte, incapace di stare dietro a qualcuno.

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Feelings Hunt
FantasyA Portland, in una sera di fine maggio, una diciassettenne tenta il suicidio tra le mura della sua cameretta. Tuttavia, il piano della giovane fallisce e, una settimana dopo, si ritrova a volare oltreoceano con il padre per farsi ricoverare in una d...