7. Breaking point

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EVELYN

Il giorno della visite arrivò velocemente, così come il nervosismo causato dalla consapevolezza che avrei rivisto mio padre. Grace si era svegliata all'alba, anticipando la routine delle infermiere, per sgattaiolare silenziosamente verso il piccolo bagno comune. Rimasi con gli occhi rivolti al soffitto cercando di scacciare via il sonno provocato dalle innumerevoli notti insonni e osservai Rose nella brandina di fronte a me. Il volto rilassato poggiava sul cuscino posto in diagonale, mentre il leggero lenzuolo bianco le avvolgeva il corpo minuto. Era una persona taciturna, l'esatto opposto della bionda, che invece sembrava possedere una riserva infinita di energia. Alle sette e mezzo le operatrici sanitarie entrarono nella stanza e Grace corse verso il proprio armadio saltellando come una bambina di cinque anni. In pochi minuti rovesciò l'intero guardaroba sul letto alla ricerca di qualcosa di carino da indossare. La sua euforia mi provocò un fastidio crescente; forse la mia era solo gelosia, invidia nei confronti di una figlia che non vedeva l'ora di passare un po' di tempo con la propria famiglia.  Per molti pazienti le visite dei propri cari rappresentavano un ritorno alla normalità, per me invece significava sedermi di fronte a una realtà che ancora non volevo affrontare. Mio padre non era una persona invadente, ma sapevo che detestava i miei silenzi e che avrebbe fatto di tutto pur di mantenere una conversazione bilaterale. Nel frattempo Grace gettò l'ennesimo vestito sul letto e ammirò accigliata il caos di fronte a sé. Scrutò i tessuti, rigirandosi tra le mani i vari indumenti e alla fine optò per un abitino bianco lungo fin sopra le ginocchia e con dei fiorellini lilla ricamati sopra.

«Ragazze è l'ora di alzarsi.» La voce materna di una delle OSS mi riportò alla realtà e controvoglia caddi con i piedi nudi sulle mattonelle fredde con l'intento di recuperare l'ennesima tuta dal mio armadietto. Non avevo intenzione di agghindarmi come un albero di natale o di indossare la maschera della persona felice. Non lo ero e per quanto ci provassi, non ero brava a mentire, non lo ero mai stata. Feci scivolare le gambe dentro un paio di pantaloni grigi morbidi e indossai una maglietta corta fino all'ombelico, poi raccolsi i capelli in una crocchia disordinata. Attesi che Grace uscisse nuovamente dal bagno e mi ritrovai a storcere il naso all'odore nauseabondo del suo profumo alla fragola. Schiaffeggiai l'aria, cercando di allontanare la scia dolce e tossii lievemente.

Le visite per chi non aveva ottenuto un permesso per uscire dalla struttura sarebbero iniziate intorno alle undici. Stavo ancora cercando un modo per sfuggire a quella tortura. Il giorno precedente, durante la seduta con lo psichiatra, avevo provato a chiedere il permesso di non vedere mio padre, ma le sue successive domande mi avevano infastidito così tanto da costringermi a virare su altri argomenti.

Evelyn si tratta solo di poco tempo, ce la puoi fare.

Dopo la colazione ci riunimmo tutti nella sala della musica, sedendoci in maniera tale da formare un enorme cerchio in mezzo alla stanza. La terapista iniziò a parlare di emozioni, illustrandoci come poter gestire e riconoscere i propri stati d'animo. Alcuni pazienti approfittarono di quell'ora collettiva per sfogarsi e connettersi con le proprie sensazioni; io, insieme ad altri, rimasi in silenzio, fingendomi partecipe e interessata. Alle undici in punto, la stanza iniziò a svuotarsi, mentre dal corridoio iniziarono a diffondersi rumori di passi. I visitatori accorsero gioiosamente dai propri cari. Rimasi con la schiena appoggiata al muro, facendo forza con le mani sullo schienale in plastica della sedia.

«Evelyn?» Una voce familiare mi richiamò al di là della porta. Feci un ulteriore respiro e osservai Oliver, a pochi passi di distanza da me, con le mani nascoste all'interno delle tasche della divisa.

«Tuo padre è arrivato, andiamo!» Mi incitò, attendendo che fossi pronta. Poi volse lo sguardo verso Rose, che ci stava osservando dal fondo della stanza. Il ragazzo si limitò ad annuire e quest'ultima proruppe nel corridoio, prendendo la direzione che conduceva alle scale per il primo piano.

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