22. From bad to worse

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Aiden

La voce di Aroon Castillo continuava a uscire dall'auricolare con la stessa prepotenza di un martello pneumatico. Ero passato dal svegliarmi la mattina rilassato, con il ricordo di una notte di solo sesso, a sorbirmi sermoni interminabili da parte di un giornalista americano, completamente fuori di testa. Durante il viaggio verso la clinica, ascoltai le supposizioni dell'uomo cercando di non schiantarmi a ogni curva. Fu il peggior viaggio della mia vita. Un'ora di podcast a riproduzione lenta, piena di imprecazioni, lamenti, rumore di fogli strappati e richieste assurde. Sapevo di non potermi considerare la persona più normale sulla faccia della Terra, ma almeno adesso avevo la certezza che al mondo ci fosse qualcuno messo peggio di me.

«Dobbiamo rivederci e analizzare tutti i disegni di Sophie.»

Parcheggiai la moto in uno spazio libero e scesi, sfilandomi il casco.

Mi abbandonai a un sonoro sbadiglio, gesto che ovviamente non passò inosservato alla persona dall'altro capo del telefono.

«Scusami se ti sto annoiando, Aiden», commentò saccente.

«Mi hai chiamato alle otto del mattino chiedendomi di mettere sotto sopra casa mia alla ricerca di chissà quale prova. Poi, mi hai consigliato di intrufolarmi nell'ufficio del mio capo, anche questa volta senza sapere cosa cercare. Adesso, mi stai obbligando a incontrarti di nascosto, come se avessi appena messo in piedi una setta segreta.» Sputai tutto d'un fiato, accendendo una sigaretta. «Non credi di star un po' esagerando?»

«C'eri anche tu quando ho decifrato il messaggio di Sophie.»

Decifrato, il suo modo di parlare era bizzarro e a tratti snervante. Aspirai un'altra boccata di fumo, prima di rispondergli con la massima calma.

«Siamo sicuri che sia Evelyn ad aver bisogno di uno psichiatra?»

C'erano tante cose che non tornavano di quella notte e nonostante avessi provato inizialmente un certo sgomento in ospedale, tutto quello che si era creato intorno a me, sembrava la perfetta sceneggiatura di un film poliziesco.

«Controllerò la camera dei miei genitori quando tornerò a casa, va bene?» Era l'unica cosa che potevo fare. «Ti avverto se trovo qualcosa.» Conclusi, incamminandomi verso l'ingresso della clinica.

Gettai il mozzicone a terra e chiusi la telefonata, prima che l'uomo potesse inondarmi con altre delle sue idee folli. Ignorai la donna seduta alla reception e mi diressi verso lo spogliatoio per indossare la divisa da inserviente.

Ammirai la mia immagine riflessa nel piccolo specchio e con la mente tornai al giorno precedente, in quel bagno, insieme a Evelyn. Ripensai alla sua pelle, calda e liscia, a contatto con le mie dita; al suo respiro pesante e ai suoi occhi spaventati, ma al tempo stesso... eccitati. Starle vicino e non poterla toccare stava diventando difficile, dannatamente difficile. Avrei voluto avvicinare le mie labbra al suo collo e inspirare il suo profumo, far sfiorare i nostri nasi e provare l'ebrezza di fiondarmi sulla sua bocca a dir poco perfetta.

Non sapevo se il mio era un semplice desiderio, se ero attratto dall'idea del proibito o dalla sua ingenuità. Evelyn non era come le ragazze che frequentavo solitamente. Lei era cocciuta, complicata, forte e fragile allo stesso tempo. Era in grado di fotterti, senza nemmeno toccarti.

L'ultimo pensiero mi procurò una scarica di brividi lungo la schiena. Inspirai profondamente e mi sedetti su una delle panche alle mie spalle.

Il giorno precedente ero stato sul punto di spogliarmi completamente con lei e raccontarle di Sophie. Se fosse rimasta, le avrei mostrato la parte più vulnerabile di me e sarebbe stato impossibile tornare indietro e indossare nuovamente la maschera del ragazzo privo di sentimenti.

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