20.Il ricatto

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« Non mi devi parlare in questo modo!» Le urla di mia madre al piano di sotto mi mandano i brividi fino a farmi tremare come una foglia

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« Non mi devi parlare in questo modo!» Le urla di mia madre al piano di sotto mi mandano i brividi fino a farmi tremare come una foglia.

« E' mio figlio, lo porto con me! »

No, io voglio stare con papà.

« Lui vuole stare con me, si può dire che nemmeno ti conosce! »

Mio padre sembra leggermi nel pensiero, per quanto siano crudeli le sue parole, è la verità.

In estate, nel mese di luglio, i miei genitori sono sempre a casa e quest'anno le vacanze mi iniziano a far schifo.

Ho pregato che non decidessero di organizzarne una, ho pregato che mi lasciassero in pace con i miei amici. Non devo aver pregato abbastanza bene.

« L'ho partorito io! E' mio! » Sento il rumore delle sue scarpe in corridoio e sono pronto per essere tirato via da camera mia con la forza.

« Non ci vuole stare mai con te! » Obbietta mio padre prima che mia madre sbarri la porta di camera mia.

I suoi capelli ricci e biondi sono disordinati, mentre del mascara le cola via dagli occhi scuri. Potrebbe sembrare una pazza isterica, in realtà sa bene come fingere.

« Andiamo Wiley » mi sorride, provando a rassicurarmi come se fossi un bambinetto.

So tutto, so per cosa litigano e quando litigano. Serro le labbra e resto seduto sul pavimento freddo accanto al letto.

« Wiley » mio padre è dietro di lei, in perfetto ordine e con un sorriso quasi spontaneo.

Lui non si scompone mai per le loro litigate, forse ha capito che non è necessario. I suoi occhi verdi mi guardano fulminei, passo poi a mia madre e il sorriso che prova a creare con le labbra tinte di rossetto rosa mi fa quasi paura.

« Vai con tua madre » continua lui, senza mai allontanarsi dalla porta.

« Perché? Io voglio stare con te » ribatto e mia madre si lascia scappare un sospiro, prima di afferrarmi per la maglietta e alzarmi dal pavimento con la stessa forza che ci impiega ogni volta a dare uno schiaffo a mio padre.

« Papà » lo richiamo e lui corre da me, ma mia madre mi lascia cadere sul pavimento e un dolore si propaga sul bacino.

« E' mio figlio, lascialo stare » urla, come se fosse la vittima.

« Non è tuo figlio solo quando te ne ricordi! »

Una lacrima silenziosa solca la mia guancia ma la caccio via prima che qualcuno possa vederla. Non sono suo figlio solo quando se ne ricorda, io voglio essere suo figlio sempre.

« Sei un bastardo »

« Continua così, con tuo figlio che ti ascolta..ma stai tranquilla, quando sarà grande potrà scegliere con chi stare » le parole di mio padre sono calme, sottili e affilate.

« Ha sei anni, poi si vede » la mano di mia madre torna a stringere la mia t shirt e come se non pesassi niente mi porta con sé, facendomi strisciare il sedere sul pavimento.

« Alzati Wiley, sei grande » sento la voce di mio padre alle mia spalle e lo faccio, mi alzo come fanno i grandi.

Mia madre mi stringe la mano con forza e io non posso che voltarmi verso mio padre, sperando che possa fermarla e tenermi con sé, ma non lo fa.

Lo vedo sedersi sul mio letto e guardarmi portare via, con colei che mi ha generato ma non amato.

« Quando sarai grande ricordatelo » mi dice, prima di sbattere la porta di casa e fiondarsi in macchina.

🫀

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