Tessa

58 4 17
                                    

Non so perché mi sono lasciata convincere da Diana a venire qui. Stava cercando un posto tranquillo per studiare, e invece era soltanto un'altra delle sue scuse.

Il sabato è il giorno della settimana che preferisce, ovviamente perché non c'è scuola. La mamma ci ha portate in questo Diner che "casualmente" mia sorella conosce benissimo, le ha fatto da navigatore per tutto il tragitto.

Siamo sedute a un tavolino piccolo accanto alla finestra. Almeno è quello che ha detto prima di cacciare due ragazze che stavano per sedersi al suo posto riservato, perché c'è una maggiore visuale verso le cucine.

Dopo che Derek ha fatto la rivelazione del secolo, ho dovuto sorbirmi intere serate a sentirla blaterare che il nostro incontro è stato un segno del destino, indubbiamente a suo favore.

<<Credi che sia di turno questa sera?>> le chiedo, mentre aspetto che legga quello che c'è sul menù.

<<Non lo so, ultimamente è diventato difficile comunicare con lui>> risponde Diana, tentando di camuffare il tono di voce che la tradisce.

<<Secondo me stai esagerando...>> La sento sbuffare dall'altra parte del tavolino e cambia discorso, elencando tutti i cibi che comprende il menù.

<<Allora? Prendiamo lo stesso?>>

<<Veramente preferirei qualcosa che contenga dell'insalata, niente Cheddar.>>

<<Cos'hai contro il Cheddar?>>

<<Lo trovo disgustoso.>>

<<Tess, per una volta, potresti abbattere il regime imposto da nostra madre?>> Mi risponde Diana, altezzosa. <<L'ho convinta io a farti venire con me, potresti almeno goderti delle buone schifezze senza rompere con la storia della dieta salutare.>>

Lo so, sono pesante e odio ammetterlo, più a me stessa che a lei.

Mi lascio convincere alla fine. Vada per il doppio panino farcito con della salsa al formaggio, litri di coca-cola e maxi frappè.

La versione di Tessa che infrange gli schemi si insidia nella mia mente, e devo dire che mi piace. Sui miei fianchi sottili un po' di curve potrebbero tranquillamente starci benissimo. Almeno sono una di quelle poche persone che possono permettersi di guardarsi allo specchio senza continue fisse sul proprio aspetto estetico. Non so se mi piace il colore dei miei capelli o se posso tingerli di un altro colore. Non conosco l'esatta la forma del mio naso, magari ci starebbe bene addirittura un piercing. Quando mi passo la mano sul ventre, riesco a immaginarmi troppo magra o non proporzionata al resto del corpo. Forse è un bene accettarsi senza sapere come si è realmente, almeno la mia cecità mi ha risparmiato un bel po' di paranoie.

<<Allora, ci ingozziamo?>> E allunga la sua mano sulla mia.

<<Ci sto.>>

Mentre aspettiamo che qualcuno venga al nostro tavolo per annotare la nostra ordinazione, mi lascio trasportare dal trambusto e il parlottio attorno a noi. Le voci dei bambini che intonano rumorosamente un "tanti auguri a te," mi porta a voltarmi nella loro direzione e affiorano ricordi che ormai avevo seppellito.

24 maggio. Stavo festeggiando i miei cinque anni all'asilo insieme a tutta la classe, e Cindy Flores aveva colorato e ritagliato per me la sagoma di un pagliaccio. Carl Castillo invece mi consegnò un fiore di carta, ma scoppiò a piangere quando lo presi tra le mani e si accorse che non riuscivo a focalizzare i colori chiari. Gli risposi lo stesso che era bello, il più bel fiore scarabocchiato che avessi mai visto. L'ultimo compleanno in cui riuscivo ancora a differenziare- anche se a fatica- i colori su pezzi di carta ancora attaccati sulla parete in camera mia. Allora continuavo a strofinarmi gli occhi di continuo per scacciare l'idea del mostro, che un giorno o l'altro, sarebbe apparso per farmi conoscere la sua dimensione priva di colori.

Solo per i tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora