Capitolo 4

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18 luglio 2020

Le cicale non cessavano il loro canto monotono mentre Anita era intenta a studiare sotto l'ombra del gazebo in giardino. Mancavano pochi giorni all'ultimo esame della sessione estiva, che chiudeva il suo primo anno di università. L'agitazione la stava mangiando: era chiusa in casa da una settimana.

Girò la pagina con il dito tremolante, non del tutto convinta di aver memorizzato a pieno il contenuto celato tra l'inchiostro nero che vi era stampato sopra. Sarebbe stato un esame orale e lei odiava parlare davanti agli sconosciuti, avrebbe preferito anzi tuffarsi nell'Arno e ritornare a galla con tre teste in più attaccate al collo.

Aveva superato brillantemente ogni esame che aveva affrontato durante l'anno accademico, anche grazie alla fortuna di aver trovato davanti a sé persone sempre disponibili. Tuttavia, le voci che giravano sul professore di Lingua e Letteratura Latina la spaventavano da morire. Iniziò a ripetere per l'ennesima volta le opere di Plauto, che, per i suoi gusti, di comico aveva poco e niente.

«Ti sta fumando il cervello» La voce divertita di Andrea risuonò alle sue spalle. Anita si girò di scatto, vedendolo avanzare sul prato con la sua tipica nonchalance, e un sorriso illuminò il volto della ragazza. Si sentiva un po' come la luna, privata della possibilità di brillare di luce propria: Andrea era sempre stato il sole, l'unico in grado di mettere in evidenza la sua facciata migliore.

«Ti ha aperto mamma?»
«Già e mi ha obbligato a portarti queste, dice che non hai mangiato a pranzo» Il corvino la guardò storto, mentre prendeva posto sulla sedia di fianco alla sua. Poggiò sul tavolo una ciotola stracolma di ciliegie, il suo frutto preferito.
«Non ho molta fame» Asserì, ignorando il tono di rimprovero del ragazzo.

«Nina, non puoi stare a digiuno, hai bisogno di forze per studiare» Afferrò il lungo picciolo di un chicco rosso e lo avvicinò al viso della ragazza, provocandola.
«Dai Andre, non rompere» Si allontanò infastidita per poi fulminarlo minacciosa.
«Va bene, allora me ne vado. Qua non sono ben accetto» Fece per alzarsi ma la piccola mano di Anita gli bloccò il polso.

«Resta» Il ghigno compiaciuto di Andrea le fece roteare gli occhi.
«Lo so che non sai resistermi»
«Locci, non darti troppe arie» Rise dandogli un buffetto sulla guancia, ma fu presto catturata dalle labbra del corvino.
«Scemo, ci potrebbe vedere mia madre» Si staccò dal lui con le guance paonazze. Nonostante i loro amici fossero ormai tutti a conoscenza del loro rapporto, i genitori di entrambi ancora ne restavano all'oscuro. Erano certi che, se lo avessero scoperto, avrebbero compilato i documenti di matrimonio a loro insaputa.

«Scusa, non sono riuscito a controllarmi» Confessò imbarazzato, ancora tenendo le mani sul suo viso.
«Ti sei strappata di nuovo le pellicine?» Assottigliò gli occhi, notando il sangue che fuoriusciva da un piccolo taglio sul labbro inferiore della ragazza. Anita si portò prontamente un dito sulla ferita, riaperta probabilmente dalla pressione del loro bacio.

«Non mi rendo conto quando lo faccio, scusa» Si vergogna a farsi vedere così da lui, per quanto comunque fosse abituata alla sua presenza: Andrea aveva assistito ad ogni suo momento più basso.
«Non scusarti, lo so. Pensavo però che non l'avresti più fatto» Le accarezzò la mano allontanandola dalla sua bocca. Da quando era piccola, Anita aveva sempre avuto il vizio di scaricare lo stress torturandosi le labbra.

Era insolito che una bambina di sei anni avesse tanta paura del giudizio delle maestre da stressarsi anche per la consegna di un disegno a piacere, come compito a casa. Una paura che si creava da sola, perché nessuno pretendeva la perfezione da lei, già così brava di suo da meritarsi l'elogio delle insegnanti senza fare il minimo sforzo. Per Anita anche un errore innocente era motivo di umiliazione e non c'era nulla che la spaventasse più del pensiero degli altri.

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