Capitolo 8

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15 agosto 2020

Il bunker era inondato di persone, sudate e ubriache. Anita, come ogni serata che si rispetti all'insegna dell'alcol, finiva a far da balia a qualcuno. Quella volta era stato il caso di Jacopo: aveva ingerito così tanti drink inaffidabili, preparati dal Barto, che se lo era ritrovato attaccato al braccio tutto il tempo. Non capiva per quale strano motivo il riccio avesse deciso di usarla come appoggino: forse per la sua incapacità nel fare la parte della stronza o forse perché era tanto andato da averla scambiata per Duccio.

«Jack, vieni un attimo» Andrea arrivò in suo soccorso, decisamente in ritardo rispetto al previsto. Jackson fece non poca resistenza, nel mentre che il corvino tentava di spostarlo dall'altra parte del piccolo divano.
«Oh Jacopo però, collabora» Spazientito, lo strattonò con forza e, in un lamento, il ragazzo fu sballottato e si accasciò sul bracciolo del sofà, dove, pochi minuti dopo, iniziò di nuovo a ronfare. Finalmente libera, Anita poté sgranchirsi le gambe.

«Scusa per il ritardo, Pietro stava sboccando l'anima e ho dovuto aiutarlo» Andrea si grattò la nuca dispiaciuto, ma la castana lo tranquillizzò immediatamente.
«Sono tutti un po' andati, non preoccuparti»
«Tu sembri anche troppo sobria» Il corvino la scrutò divertito, facendole alzare gli occhi al cielo. Non era insolito che lei alzasse un po' il gomito, uno dei pochi modi che aveva per scrollare la timidezza di dosso; qualche bicchiere non aveva mai creato gravi danni, in effetti reggeva anche piuttosto bene, ma, ogni volta che aveva superato il limite, si era svegliata pentita.

«Ho bevuto solo un drink, offerto gentilmente da Allegra, che adesso è sparita non so dove. Al compleanno di Jimmi ho sgravato, non vorrei replicare» Sorrise prendendo la mano del ragazzo e uscendo fuori dal seminterrato.
«Già, mi hai fatto sudare sette camicie per portarti in cima alle scale»
«Esagerato»
«Quando sei ubriaca diventi molesta» La ragazza arrossì di colpo: voleva rimanere all'oscuro delle figuracce fatte per colpa della sbronza.

Si sedettero su una delle panche poste sotto alla tettoia. Si adagiò sulla spalla del corvino, con lo sguardo rivolto al cielo stellato. Villanova e dintorni non avevano subìto il grande inquinamento luminoso che di norma rilasciavano le città e, spesso, con i suoi amici si perdeva a cercare le costellazioni più improbabili. La ragazza scivolò con la testa sulle sue gambe, osservandolo dal basso. Rabbrividì al tocco delle sue mani sui capelli, alla vista di quel sorriso che non avrebbe sostituito con nulla al mondo.

«Ti va di andare a vedere le stelle?» Le chiese dolcemente, vedendo i suoi occhi cerulei illuminarsi.
«Al campetto?» Andrea annuì e la ragazza saltò in piedi, per poi bloccarsi poco dopo.
«Non devi riportare a casa anche Marco e Duccio?» Il corvino sorrise per il suo tono preoccupato. Anita poneva gli altri sempre al primo posto, preferiva sacrificare la sua felicità pur di non lasciare qualcuno in disappunto.

«Marco è chiuso in bagno con Sissi e Duccio sta dormendo sul tavolo della cucina, non credo si accorgeranno della nostra assenza» La castana sbatté le ciglia incerta, ma non fece in tempo a dire altro che il corvino intrecciò le dita nelle sue. Iniziarono la loro passeggiata notturna verso il campetto sterrato che si trovava su un'altura poco più lontana del bunker, teatro di innumerevoli partire di calcetto tra i ragazzi del collettivo e varie comparse.

«Pensi che Sissi ci tenga a Caph?» Andrea aveva già notato lo sguardo pensieroso della ragazza, ma non avrebbe mai detto che fosse quella la ragione del suo silenzio.
«Perché me lo chiedi?» Anita dondolò la mano ancora unita a quella del corvino, seguendo l'andatura lenta che stavano tenendo.
«Li ho osservati a cena, Marco è innamoratissimo e ho paura che soffrirà: lei non mi sembra del tutto convinta» Caph era stato uno dei primi, al bunker, con cui lei aveva stretto amicizia, per quanto fosse un ragazzo permaloso e irritabile, sapeva anche essere estremamente dolce e gentile.

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