Capitolo 10

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27 agosto 2020

La piccola lampada, posta sotto il gazebo, illuminava la ragazza. Per fuggire all'afa che permeava nella sua stanza, era uscita in giardino a cercare un po' di fresco, inutilmente. Era intenta a completare le parole crociate, lottando più che altro contro le zanzare che la stavano circondando: cominciava a pentirsi della sua decisione.

Innervosita per quella scomoda situazione, tornò dentro casa. Si sdraiò sul pavimento, riflettendo su una qualche soluzione per combattere la noia. Andrea era al bunker con i ragazzi e non lo sentiva da ore ormai, Allegra era partita da sola con i suoi genitori per qualche giorno, Ginevra stava male e quindi si era ritrovata completamente da sola.

Salì le scale svogliatamente e, entrata nella sua cameretta, afferrò il pacchetto di sigarette abbandonato sulla scrivania. Si sporse sul piccolo balconcino e iniziò a sbuffare nuvolette di fumo. Solitamente non fumava mai in casa, minacciata dai rimproveri della madre che, quando, un anno prima, aveva scoperto del suo vizio, l'aveva obbligata a stare chiusa in casa due settimane.

Sicuramente pensava che, avvicinandola ad uno stile di vita simile a quello di una suora in clausura, l'avrebbe espiata dai suoi peccati, ma poi se n'era fatta una ragione e, con riluttanza, aveva accettato la cosa, a condizione che compisse il gesto vile almeno ad un kilometro di distanza da lei. Quella sera, entrambi i suoi avevano il turno di notte e poteva evitare di camminare letteralmente mille metri per accendersi una sigaretta.

La strada su cui si affacciava era deserta ed, effettivamente, era quasi l'una di notte e nel vicinato erano pochi quelli ancora abbastanza giovani per permettersi di fare le ore piccole. Il silenzio fu spezzato dal rombo di un motore. Andrea, di tanto in tanto, otteneva il permesso di usare la moto del padre, nonostante quest'ultimo fosse abbastanza titubante nel dare al figlio spericolato un altro motivo per finire in ospedale senza volerlo. Però, il ragazzo, quando voleva, diventava parecchio insistente e a diciannove anni, come regalo di compleanno, aveva preso la patente per poterla guidare.

Lo guardò attentamente mentre si sfilava il casco. Aprì il cancello e con cautela parcheggiò la moto sotto la tettoia. Anita fremeva dalla voglia di andargli in contro, ma aspettò per vedere quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Convinta che sarebbe entrato in casa, era già pronta a prendere il telefono e scrivergli di venire da lei, ma, con sua grande sorpresa, il corvino uscì di nuovo dal cancelletto e, a passo lento, iniziò a percorrere il marciapiede.

La castana assottigliò lo sguardo. Forse era diretto al parchetto, tuttavia il motivo per cui si stava comportando in quel modo le era sconosciuto. Decise di lasciar perdere per il momento e restò sul balcone a leggere, sperando che, vedendolo tornare, la sua ansia si sarebbe attenuata. Passarono i secondi, che poi diventarono minuti ed infine ore. Ormai erano le tre del mattino e di Andrea ancora nessuna traccia, mentre il suo libro era quasi arrivato al termine.

Armata di coraggio, si cambiò i vestiti e si infilò le scarpe. Mise piede fuori casa e accompagnata dall'adrenalina che fino ad allora l'aveva tenuta sveglia, si avviò verso il posto che il suo istinto le aveva suggerito, un istinto che fortunatamente non si sbagliò: il corvino era seduto sulla loro panchina, dove sin da piccoli restavano ore a parlare, preso a scrivere sul suo piccolo quadernino, in cui spesso appuntava note e spunti vari per i testi di nuove canzoni.

Di soppiatto gli arrivò da dietro e gli sfiorò la spalla. Andrea, con le cuffiette nelle orecchie, non si accorse minimamente del rumore dei suoi passi e, non appena si sentì toccare, si girò di scatto spaventato. Anita sorrise per l'espressione impaurita del ragazzo, che subito si rilassò nel vedere che nessun serial killer lo voleva morto. Si sfilò le cuffiette e le fece segno di mettersi accanto a lui.

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