Capitolo 21

364 40 9
                                    

7 novembre 2020

«Cos'è questa roba?» Il tonfo sordo, creato da un piccolo quaderno lanciato sul tavolo, attirò l'attenzione dei presenti.
«Sì Andrea, ce l'ho con te» Marco puntò i suoi occhi vitrei e penetranti in quelle pozze scure e buie che risaltavano nel pallore del corvino.
«Non rompermi i coglioni» Il ragazzo ignorò l'amico, rivolgendo tutta la sua concentrazione ad uno stupido giochino che risuonava nel suo telefono.

Duccio, incuriosito, afferrò l'oggetto incriminato e lesse le parole scritte tra i vari scarabocchi. Lanciò uno sguardo afflitto al platinato, ancora immobile e in piedi davanti a loro.
«Quanto vorrai ancora fare finta di nulla?» Pietro provò per l'ennesima volta a rompere la corazza che Andrea aveva addosso, pronto a difendersi fino alla morte contro chiunque.

«Non ho niente da dire» Liquidò gli amici, tornando a fare quello che aveva interrotto. Caph, persa la poca pazienza che aveva in corpo, gli strappò il telefono dalle mani, gettandolo sul divanetto dietro di sé.
«Ma che cazzo fai?!» Il corvino scattò in piedi furioso, facendo cadere la sedia su cui era stato seduto fino a quel momento. Il rumore fu così assordante che anche chi era nello studio si affacciò per vedere cosa fosse successo.

Pietro teneva fermo il ragazzo che per poco non stava per scatenare una rissa dando spettacolo a tutti. Caph si avvicinò al suo volto con fare minaccioso, quasi ringhiandogli addosso.
«Fuori... adesso» Indicò il piccolo corridoio che arrivava alla veranda. Andrea, troppo orgoglioso per acconsentire tranquillamente, mantennne il contatto visivo, liberandosi bruscamente dalla stretta del biondo.

Camminò a passo svelto tra le pareti strette dell'andito. Non avrebbe voluto dare a Caph altri segnali ben comprensibili sul fatto che Anita gli mancasse come l'aria e che stava soffrendo come non aveva mai fatto, ma fu tradito dall'incertezza che lo colse quando mise piede nel luogo in cui il suo cuore era andato definitivamente in frantumi.

«Tu non pensi le cose che hai scritto» Il platinato si fermò al suo fianco, addolcendo il suo tono. Marco poteva sembrare una persona priva di tatto e un po' ottusa, a causa della sua enorme fierezza, ma era tutta una facciata per mascherare la sua estrema e delicata sensibilità. Offrì una sigaretta al corvino che, stranamente, non accettò: l'espressione imbronciata rabbuiava ancora di più i tratti scuri e pallidi che lo contraddistinguevano.

«Vorrei odiarla ma l'unico che deve essere odiato sono io» Gli occhi cristallini dell'amico si sbarrarono udendo quelle parole, marcate e pesanti come un macigno. Andrea aveva messo nero su bianco tutto il risentimento che provava nei confronti della ragazza, versi e strofe così lontani da quei pezzi che le aveva sempre dedicato. In realtà, era solo un modo per distrarsi dal senso di colpa che lo stava divorando: era convinto che, riversando tutto contro di lei, si sarebbe sentito meglio con se stesso, incapace di affrontare i suoi sbagli.

«Sono un codardo» Portò in avanti il busto, poggiando i gomiti sulle ginocchia e nascondendo il volto tra le mani.
«Faster non ti capisco se fai il criptico, cazzarola» Marco sbottò spazientito, abbandonando il metodo dell'amico caro e gentile. Il corvino alzò lo sguardo sconfitto: era un'altra persona. Raramente Andrea si sarebbe fatto vedere in quelle condizioni, con gli occhi pieni di lacrime, le occhiaie profonde che appesantivano la pelle, il mento tremolante.

Lui, così spavaldo e sfrontato, in pochi secondi si era mostrato fragile davanti ad uno dei tanti che, per anni, lo aveva ritenuto impenetrabile. Era passata una settimana, una settimana in cui si era trattenuto con tutta la sua forza per non crollare di fronte ai suoi amici, eppure era bastata la sola insistenza di Caph a farlo vacillare come una foglia agonizzante d'autunno, sul ramo quasi spoglio di un albero, pronta a cadere sul suolo freddo e gelido.

Sei la luna || FasterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora