11-Eira

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«Mi sembrava un tipo in gamba,» dice mia madre, mentre siamo in videochiamata. Ogni tanto, mi piace sfogarmi con lei, condividere le mie frustrazioni e i miei pensieri. È sempre stato un modo per liberare la mente, soprattutto quando le cose diventano complicate. Le sue parole hanno un tono di innocenza e genuinità, ma sento che, nonostante la sua buona intenzione, non riesce a cogliere la piena misura di quello che sto attraversando.

«Mamma! Ma lo conosci!?» dico, alzando le spalle, cercando di farle capire che la sua visione è troppo superficiale rispetto alla realtà. Lei mi guarda dritto negli occhi, il suo sorriso gentile contrastando con la mia frustrazione. Non ha ben chiaro la situazione, e nemmeno io, in realtà. È tutto così confuso e inaspettato. Ma anche in mezzo a questo caos, riesco a trovare una sorta di conforto nel ridere insieme a lei, come se quel gesto potesse alleggerire almeno un po' il peso della giornata.

«L'ho visto in TV. È carino...» continua, con un tono di affetto che solo una madre può avere quando parla di una persona che non conosce bene. La sua semplicità e il suo modo di vedere le cose sono un balsamo per la mia anima agitata.

«Mamma... è uno stronzo,» dico infine, cercando di mantenere la mia voce ferma, ma con una punta di esaustione. Ho bisogno di dirlo ad alta voce, di esternare la mia delusione e la mia rabbia. È come se queste parole potessero finalmente mettere ordine nel mio tumulto interiore e dare un senso a quanto sto vivendo.

«Si chiama...» mi guarda e mi fa un occhiolino, «Axton Vale. Sì.»

«Mamma, no. A proposito, ho conosciuto Pol, è un ragazzo che lavora in un ristorante vicino al mio ufficio. È un tipo alla mano, ma dopo quello che è successo...»

Lei mi risponde con un tono leggero e quasi divertito, «Oh, vedi? C'è qualcuno allora che ti gira dietro. Dai, le cose voi giovani le chiarite subito. Non andare contro Axton, se sua sorella lavora con te.»

La mia mente fa un balzo, sorpresa e confusa. AH. Mia madre sa pure che sua sorella lavora con me, ho un microchip e non lo sapevo?

«Ma come lo sai?» chiedo, ridendo. La rivelazione mi coglie di sorpresa e la risposta di mia madre mi fa pensare che stia scherzando.

Lei risponde con una sicurezza che solo una madre può avere, «Io so tutto. Diciamo che prima di mandarti fuori, ho fatto qualche ricerca sul tuo ufficio.»

«Beh, mamma, grazie per il supporto. Spero che la tua ricerca sia servita a qualcosa, anche se non è stata proprio quello che avevo in mente quando ti ho chiamata. Ora devo andare, ho ancora un sacco di cose da sistemare.»

«Va bene, cara. Ricorda che sono sempre qui se hai bisogno di parlare. Prenditi cura di te e cerca di non fare troppo tardi la sera.»

«Lo farò,» rispondo, grata per il suo supporto e il suo affetto. «A presto, mamma.»

Premo il pulsante per chiudere la videochiamata, il collegamento si dissolve lentamente. Rimango seduta per un momento, riflettendo sulle sue parole e sul supporto che mi ha dato. La conversazione mi ha dato una piccola pausa di chiarezza in mezzo al caos, e ora, con un respiro profondo, mi preparo a riprendere le mie attività con una rinnovata determinazione.

Il telefono vibra poco dopo e vedo che è Zara. Rispondo subito e, senza aspettare, sento subito il dispiacere nella sua voce.

«Eira, mi dispiace davvero per tutto quello che è successo,» dice, il tono colmo di preoccupazione e rammarico.

«Zara, ascolta,» le dico con calma, «lascia perdere tuo fratello. Non sarà lui il problema della nostra amicizia. Stai tranquilla, non voglio che tu ti preoccupi per questo.»

C'è un momento di silenzio dall'altra parte della linea, come se Zara stesse assorbendo le mie parole. Finalmente, la sento parlare di nuovo con un tono più rilassato. «Grazie per dirlo. Non volevo che tutto questo influisse sulla nostra amicizia.»

Tra fuochi e focusDove le storie prendono vita. Scoprilo ora