𝓒apitolo 2

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"sai, la neve non cade
più senza far rumore,
e mi fa pensare a te"

Fai Rumore- Diodato

• JOSEPH •

La neve ricopriva tutto, e non era solo un semplice strato; sembrava che il mondo fuori dall'autobus fosse diventato un'enorme distesa di bianco, come se la natura avesse deciso di nasconderci in una palla di cotone ghiacciato. Il paesaggio era surreale, e il rumore costante dell'autobus che avanzava sulla strada ghiacciata sembrava accompagnarci in un viaggio verso un luogo lontano dalla nostra realtà quotidiana.

Sedevo accanto a Marco e Luca, i miei compagni di squadra, e mentre l'autobus procedeva lentamente, la loro conversazione riempiva lo spazio intorno a me. Marco era in piena forma e parlava con entusiasmo di una partita di Champions League, mentre Luca si perdeva nei dettagli piccanti di alcune storie di calciatori. Non partecipai molto alla conversazione, ma i loro discorsi non mi sfuggivano.

"Ma hai visto quel gol di rovesciata? Era una cosa da sballo!" esclamò Marco, gesticolando con entusiasmo. "Dovresti rivedere il replay, è uno dei più bei gol dell'anno."

"Certo, se ci fossi stato io in campo, sarebbe stata una rovesciata da manuale," rispose Luca con un sorriso malizioso. "E non solo perché sarei stato più figo, ma anche perché avrei dimostrato a tutti quanto sono bravo."

"Ah, Luca, sempre con la tua modestia," ribatté Marco ridendo. "Ma dai, l'importante è che non ci servano solo per i gol, ma anche per divertirci fuori dal campo. Non vorrai mica arrivare a Milano e passare il tempo a pensare solo alla partita, vero?"

"E cosa dovremmo fare, allora?" chiese Luca, alzando le sopracciglia. "Non hai sentito? Ho sentito che ci saranno delle ragazze della squadra di ginnastica nello stesso albergo. Magari possiamo divertirci un po'."

Le risate esplosero all'interno del pullman. "Ah sì?" disse Marco, con uno sguardo intrigato. "E come pensi di comportarti con le ginnaste? Immagino che tu abbia già in mente qualche piano."

Luca si inclinò verso di noi, con un'espressione complice. "Beh, un po' di divertimento non ha mai fatto male a nessuno. E se riesco a farmi notare, magari..."

La battuta non finì, ma l'intenzione era chiara. Il tono delle loro risate e delle loro battute sul sesso e sulle ragazze era ovviamente leggero e spensierato. Tuttavia, il mio pensiero era da tutt'altra parte. Mi sentivo come se fossi circondato da un mondo di distrazioni, e avevo bisogno di rimanere concentrato sul vero motivo della nostra trasferta.

"Ma dai, ragazzi, non pensate solo a questo," intervenni, cercando di riportare la conversazione su un piano più serio. "Abbiamo una competizione importante davanti a noi. Dobbiamo mantenere la concentrazione."

"Già, il solito Joseph, sempre sul pezzo," disse Marco con un sorriso divertito. "Ma non è che vuoi un po' di compagnia per scaricare la tensione?"

Non risposi. Sapevo che Marco e Luca stavano cercando di alleggerire l'atmosfera, ma per me non era il momento per battute. Ero concentrato sul mio obiettivo, sul mio impegno e sulla pressione che sentivo di dover affrontare. Il torneo a Milano era la mia opportunità per dimostrare a mio padre e a me stesso che ero capace di eccellere. Non volevo che nulla mi distraesse da questo scopo.

Il viaggio proseguì, e il tempo sembrava dilatarsi mentre l'autobus avanzava lentamente attraverso il paesaggio invernale. Le conversazioni si spostavano su vari argomenti, ma il tema delle ragazze e delle possibili distrazioni continuava a emergere di tanto in tanto. Le battute sulla possibilità di incontrare le ginnaste e le risate sui potenziali flirt erano sempre presenti, ma io cercavo di rimanere il più distaccato possibile.

Quando finalmente arrivammo all'albergo, il panorama che ci accolse era tutto fuorché invitante. L'edificio era grande e imponente, ma il senso di isolamento e di freddezza che emanava era palpabile. Il vento gelido e il cielo grigio completavano l'atmosfera di un luogo che sembrava quasi surreale. Non ero certo entusiasta dell'idea di rimanere lì, soprattutto con il pensiero che ci sarebbe stata anche una squadra di ginnastica nello stesso albergo.

"Ragazzi, che ne dite? Questo posto è da film dell'orrore!" esclamò Luca con una risata nervosa. "Se ci fosse stata qualche bella ragazza, magari sarebbe stato un po' più accogliente."

"Non ti preoccupare, Luca," rispose Marco con una pacca sulla spalla. "Non ti mancheranno le occasioni per divertirti. E, per quanto riguarda le ginnaste, non fare troppo il don Giovanni, eh?"

Le battute si susseguivano mentre ci avvicinavamo all'ingresso dell'albergo, ma non mi sentivo particolarmente a mio agio. L'impressione iniziale che avevo avuto dell'albergo non migliorò. La hall era elegante ma austera, e il caminetto acceso non riusciva a riscaldare l'atmosfera tesa che percepivo. Mi sentivo come se fossi entrato in un posto lontano dalla mia realtà, dove la mia concentrazione e determinazione erano messi alla prova.

Il nostro allenatore, Mister Conti, ci radunò nella sala comune. Era un uomo di corporatura robusta, con un volto che esprimeva autorità e rigore. Lo conoscevamo tutti e sapevamo che era severo, ma era anche un grande allenatore, impegnato nel nostro successo. La sua capacità di motivarci e di farci dare il massimo era una delle ragioni per cui eravamo arrivati fin qui.

"Ragazzi, ascoltatemi bene," iniziò Mister Conti con un tono deciso. "Ho delle informazioni che dovete sapere. Condivideremo l'albergo con una squadra di ginnastica ritmica. Ci saranno delle ragazze, e voglio che teniate a mente una cosa: mantenete la vostra concentrazione. Questo è un torneo serio, e non possiamo permetterci distrazioni."

Il tono del mister era fermo, ma la nostra reazione fu immediata. Le risate e i commenti si diffusero tra di noi. "Cosa, delle ginnaste?" chiese Marco con un sorriso. "Scommetto che alcune di loro saranno proprio carine."

Luca intervenne con una nota più esplicita. "Beh, se ci fosse la possibilità di incontrarle, potrebbe essere interessante. Ma dobbiamo restare concentrati, giusto?"

Mister Conti alzò un sopracciglio, chiaramente irritato dalla nostra reazione. "Mi raccomando, niente distrazioni. La vostra attenzione deve essere totale. Questa è una competizione importante e non possiamo permetterci di perdere la testa per nulla."

La nostra risposta fu una serie di risate nervose e battute di scarsa considerazione, ma alla fine, la serietà del momento cominciò a farsi sentire. L'avviso del mister ci ricordava che, nonostante il nostro atteggiamento leggero, eravamo lì per un motivo e dovevamo rimanere concentrati.

Dopo la riunione, ci dirigemmo verso le nostre stanze. La mia camera era semplice ma adeguata, e mentre sistemavo le mie cose, non potei fare a meno di riflettere su quello che ci aspettava. La pressione di vincere e di dimostrare il mio valore era opprimente, e la sensazione di isolamento dell'albergo non faceva che aumentare il mio disagio. Sentivo che tutto era troppo grande, troppo importante, e che ogni piccolo dettaglio poteva influenzare il risultato finale.

Mi sdraiavo sul letto, chiudendo gli occhi e cercando di visualizzare il campo da calcio, il suono del fischio dell'arbitro e l'entusiasmo del pubblico. Dovevo concentrarmi sul perché ero lì: per dimostrare a mio padre e a me stesso che tutto il mio impegno e sacrificio avevano un valore. La neve continuava a cadere fuori, e il silenzio dell'albergo mi avvolgeva mentre cercavo di trovare la calma necessaria per affrontare la competizione che ci aspettava.

Era solo l'inizio di un viaggio che si preannunciava complicato e impegnativo. Ogni momento sarebbe stato decisivo, e dovevo essere pronto ad affrontare ogni sfida con la determinazione e la concentrazione che mi avevano portato fin qui.

𝓒𝓸𝓻𝓹𝓸 𝓛𝓲𝓫𝓮𝓻𝓸 || Joseph CartaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora