Capitolo 28

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"We are diamonds taking shape
Blood rushing through our veins."

Coldplay - "Adventure of a Lifetime"

•GIULIA•

Mi sveglio con un bruciore acuto al collo, ogni respiro è un promemoria del momento in cui ho pensato di non farcela. L'aria nella stanza è pesante, densa di silenzio. Il chiarore della finestra filtra tra le tende, ma non sembra riscaldarmi. Mi sento sospesa, come se fossi ancora distesa nella neve, intrappolata tra la vita e la morte.

Non so da quanto sono qui, ma i pensieri mi assalgono come una valanga incontrollabile. Il ricordo di Angelica, con quegli occhi freddi e distanti, non mi lascia in pace. Non riesco a togliermi dalla testa il momento in cui le sue mani hanno stretto il mio collo, il modo in cui la sua furia sembrava così... personale. Come se mi volesse cancellare, distruggere tutto ciò che sono. Ma forse è così che mi sento ora, distrutta, pezzo dopo pezzo.

Provo a muovere il collo e un gemito soffocato mi sfugge. Il dolore è insopportabile, ma ancora peggiore è il vuoto che sento dentro. Eppure, qualcosa si agita sotto la superficie. Il pensiero di Joseph mi colpisce come un'ondata improvvisa. Non riesco a non pensare a lui, a quella notte, al modo in cui mi ha trovata e portata in salvo. Ma anche a tutto quello che non ci siamo detti.

Chiudo gli occhi, sperando di tornare indietro di qualche giorno. Prima del bacio, prima di Angelica, prima che tutto crollasse. Mi sembra così lontano il tempo in cui la mia unica preoccupazione era il torneo, la competizione, il tornare in forma dopo l'infortunio. Ora... tutto è cambiato. Io sono cambiata.

Un lieve bussare alla porta mi strappa dai miei pensieri. Sento dei passi esitanti avvicinarsi. So che è lui. Joseph. Lo sento ancor prima di vederlo. Non so come faccia, ma è come se la sua presenza fosse diventata una costante nella mia mente, qualcosa che non posso ignorare, anche se a volte vorrei.

"Giulia," la sua voce è bassa, quasi come se temesse di disturbarmi, di farmi del male solo parlando. Apro lentamente gli occhi e lo vedo lì, in piedi accanto al mio letto. Il suo sguardo è cupo, carico di preoccupazione, ma c'è anche qualcos'altro. Qualcosa che non riesco a definire.

"Come stai?" mi chiede, anche se la risposta è ovvia. Non sto bene. Ma non sono morta, e forse questo è già qualcosa.

"C'è di peggio," sussurro con voce roca, tentando un sorriso che non arriva mai davvero a destinazione. Il suo volto rimane serio, quasi severo. Non sembra convinto.

Joseph si siede su una sedia accanto al letto, senza mai staccare gli occhi da me. Non parla subito, e il silenzio tra di noi si allunga, denso di parole non dette. C'è un peso in quel silenzio, un peso che sento premere su di me, e che mi fa male quasi quanto il livido al collo. Vorrei dirgli qualcosa, qualunque cosa, ma le parole mi sfuggono.

Il ricordo del nostro bacio torna prepotente. Cosa siamo diventati?Amici? Nemici? Amanti improvvisati? Non so cosa siamo, ma so cosa provo. Il pensiero di lui è stato l'unico filo a cui mi sono aggrappata quando pensavo che Angelica mi avrebbe uccisa. Ma perché?

"Ieri notte..." comincia, ma la sua voce si spezza. Lo vedo combattere con se stesso, come se le parole lo stessero tradendo. "Quando ti ho trovata... Ho pensato..." Non riesce a finire la frase, ma non ha bisogno di farlo. So cosa ha pensato. Lo vedo nei suoi occhi. La paura, il terrore di perdermi, la confusione. È tutto lì.

"Non dovevi cercarmi," dico, con più asprezza di quanto intendessi. "Non sono un tuo problema."

Joseph si irrigidisce, ma non distoglie lo sguardo. "Non potevo non farlo."

𝓒𝓸𝓻𝓹𝓸 𝓛𝓲𝓫𝓮𝓻𝓸 || Joseph CartaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora