𝓒apitolo 11

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"Would it be the same if I saw you in heaven? I must be strong and carry on 'Cause I know I don't belong here in heaven."

"Tears in Heaven"- Eric Clapton

• JOSEPH •

C'è qualcosa di strano nel modo in cui Giulia cambia da un giorno all'altro. Ogni volta che penso di aver capito chi sia, si trasforma in una persona completamente diversa, quasi irriconoscibile. È come se avesse un interruttore nascosto, che può spegnere e accendere a piacimento, passando da un estremo all'altro senza alcun preavviso. E questo, sinceramente, mi manda fuori di testa.

Ci sono giorni in cui Giulia è incredibilmente dolce, quasi fragile. In quei momenti sembra che ogni parola debba essere scelta con cura, come se un tono sbagliato potesse romperla in mille pezzi. Mi guarda con quegli occhi grandi e profondi, e io mi sento quasi ipnotizzato, attratto da un lato di lei che non so se sia reale o solo un'illusione. Mi fa venire voglia di proteggerla, di starle vicino, di essere gentile.

Poi, il giorno dopo, magari anche poche ore dopo, cambia. È come se qualcosa scattasse dentro di lei e si trasformasse in un'altra persona. Diventa acida, aggressiva, pronta a mordere alla minima provocazione. E non importa cosa faccio o dico, sembra sempre trovare il modo di farci litigare. È frustrante, per usare un eufemismo. Soprattutto perché io, quando vedo che si comporta in quel modo, non riesco a restare calmo. Ho una pazienza limitata, e lei sembra godere nel metterla alla prova.

Non è una situazione facile, e lo ammetto, anch'io ho le mie colpe. So di non essere sempre il più diplomatico, soprattutto quando qualcuno mi provoca. E Giulia sa esattamente quali bottoni premere per farmi scattare. Non appena alza il tono della voce, non posso fare a meno di rispondere a tono, e da lì le cose degenerano velocemente.

Ricordo una volta in particolare, eravamo in palestra, e avevamo appena finito l'allenamento. Eravamo tutti stanchi, sudati e con i nervi a fior di pelle. Giulia, per qualche ragione, aveva cominciato a lamentarsi del modo in cui stavo giocando, criticando ogni mia mossa come se fosse la coach della squadra.

"Non ti sembra di esagerare con tutti quei passaggi inutili?" aveva detto, con quell'aria di superiorità che mi fa ribollire il sangue.

"Scusa?" le avevo risposto, cercando di mantenere la calma. "Stai parlando di calcio come se fossi un'esperta."

"Non serve essere esperti per vedere che stai facendo un casino," aveva ribattuto, senza battere ciglio.

In quel momento, sentii un'ondata di rabbia montare dentro di me. Avevo passato tutta la giornata a dare il massimo in campo, e l'ultima cosa di cui avevo bisogno era qualcuno che mi criticasse, soprattutto lei, che non sapeva nemmeno cosa fosse un fuorigioco.

"Se pensi di saperne così tanto, perché non provi tu a giocare?" le avevo detto, alzando il tono della voce.

Lei mi aveva guardato con quegli occhi freddi e calcolatori, e con un sorriso sprezzante mi aveva risposto: "Forse lo farei anche meglio di te."

Quelle parole erano come benzina sul fuoco. "Sei proprio sicura di quello che dici?" avevo risposto, avvicinandomi a lei, il sangue che mi pulsava nelle vene.

Giulia non si era mossa di un millimetro, non aveva mostrato alcun segno di paura o di voler cedere. Anzi, sembrava quasi divertita dalla mia reazione. "Assolutamente. Ma non preoccuparti, qualcuno deve pur fare il lavoro sporco e giocare male, no?"

Quella frase mi aveva fatto perdere il controllo. Non ricordo nemmeno esattamente cosa le risposi, ma so che le parole erano uscite dalla mia bocca come proiettili, taglienti e piene di rabbia. Lei aveva risposto a tono, e in pochi secondi eravamo faccia a faccia, a pochi centimetri l'uno dall'altro, a scambiarci insulti come se non ci fosse un domani.

𝓒𝓸𝓻𝓹𝓸 𝓛𝓲𝓫𝓮𝓻𝓸 || Joseph CartaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora