"piove, lo dice un brother
Vuol dire muoviti pure se fuori
Prendono il sole"piove- LAZZA
•JOSEPH •
Mi avevano sequestrato tutto: accendini, pacchetti di sigarette, persino quella vecchia scatoletta di fiammiferi che tenevo sempre nel borsone, "per sicurezza." Il coach era furioso. Il fumo è veleno per gli atleti, ci diceva sempre, e noi tre – io, Marco, e Alessandro – ce ne stavamo lì, colpevoli come bambini con le mani nel barattolo dei biscotti.
"Da domani," aveva detto con uno sguardo duro, "vi farò vedere cosa significa disciplina. Seguirete gli allenamenti delle ginnaste per due giorni interi, e vedrete cosa vuol dire davvero allenarsi duro."
La sera prima di quella "punizione", mi ero chiuso in camera con i ragazzi. Avevo trovato quel paio di pacchetti nascosti nel doppiofondo del borsone e ci eravamo goduti le nostre ultime sigarette sulla finestra della camera, guardando fuori verso il cortile innevato. Sapevamo che la giornata successiva sarebbe stata tosta, ma non avevamo idea di quanto.
Il mattino seguente, ci trovammo nel palazzetto. Il rumore dei nostri passi rimbombava sul pavimento di legno mentre ci avvicinavamo al gruppo delle ragazze già al lavoro. Claudia, la loro allenatrice, si muoveva tra loro come un generale in battaglia, urlando ordini e correggendo posture.
"Ancora dieci flessioni! Non vi fermate finché non lo dico io!" urlava, con una voce che avrebbe fatto tremare chiunque. Le ragazze, sudate e con il viso teso, eseguivano ogni comando con una precisione quasi militare. Era chiaro che non avevano margine per errori.
Giulia era lì, in prima fila. I suoi muscoli guizzavano ad ogni movimento, e potevo vedere la determinazione nel suo sguardo. Era concentrata, con il viso teso dallo sforzo, ma non si lasciava mai sfuggire un'espressione di dolore o stanchezza. Era come se fosse una macchina, programmata per spingersi sempre oltre il limite.
Mi avvicinai ad Alessandro e Marco, che guardavano la scena con occhi spalancati. "Ma questi sono pazzi," sussurrò Marco, cercando di mantenere il tono basso per non attirare l'attenzione del coach.
Non riuscivo a staccare gli occhi da Giulia. C'era qualcosa in lei che mi affascinava, un misto di forza e grazia che era impossibile ignorare. E così, decisi di stuzzicarla un po'.
"Giulia, stai già mollando?" le dissi con un sorrisetto provocatorio.
Lei mi guardò, e non c'era traccia di stanchezza nel suo sguardo. "Joseph, pensavo che fossi qui per imparare qualcosa. Forse dovresti stare zitto e prendere appunti."
Mi fece sorridere la sua risposta. C'era una scintilla nei suoi occhi, una sfida che mi spingeva a voler andare oltre. "Forse dovresti insegnarmi tu, allora."
Giulia non rispose, ma il suo sguardo si fece più intenso. Continuò a lavorare con la stessa dedizione di prima, come se la mia presenza fosse solo una distrazione momentanea, un'ombra che non riusciva a scuoterla. La vidi passare da un esercizio all'altro senza esitazione, spingendo il suo corpo al limite, mentre Claudia la osservava attentamente.
Dopo un'ora, le ragazze passarono agli addominali. Ogni movimento era eseguito con precisione millimetrica, e io mi ritrovai ad ammirare quella dedizione, nonostante il fastidio che provavo per essere costretto a guardare. Giulia si sdraiò sulla stuoia e iniziò a sollevare le gambe, mantenendo una posizione perfetta, come se il peso del mondo non fosse nulla per lei.
Claudia passava tra loro, controllando ogni movimento. "Più in alto, più veloce! Non voglio vedere neanche una di voi fermarsi!" Il tono era implacabile. E Giulia? Lei continuava, con il sudore che le scendeva lungo la fronte, ma senza mollare mai. Non potevo fare a meno di chiedermi come facesse.
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𝓒𝓸𝓻𝓹𝓸 𝓛𝓲𝓫𝓮𝓻𝓸 || Joseph Carta
FanfictionDurante gli Europei di ginnastica artistica sulle alpi italiane, un gruppo di atlete adolescenti e una squadra di calcio si ritrovano nello stesso hotel isolato tra le montagne innevate. La tensione cresce quando una delle ginnaste più promettenti...