Capitolo 19

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"Sai mi sento un po' perso, il rumore del vento mi ha tolto il silenzio."

pianeti- Ultimo

• GIULIA •

Mi svegliai quella mattina con un nodo allo stomaco. Era come se un macigno mi pesasse sul petto, rendendo ogni respiro un'impresa. Oggi sarebbe stata una giornata cruciale, una di quelle che decidevano il corso del nostro futuro nella squadra: la prova peso-altezza. Non importava quanto ci fossimo allenate duramente, quanto ci fossimo preparate mentalmente e fisicamente. Tutto poteva essere messo in discussione da una manciata di grammi o da pochi millimetri.

Quando ci trovammo nella sala da pranzo per la colazione, l'atmosfera era carica di tensione. Nessuna di noi ragazze parlava molto, e si notava chiaramente il modo in cui ciascuna sceglieva con cura ciò che metteva nel proprio piatto. I ragazzi, dall'altra parte della sala, sembravano invece più rilassati, persi nelle loro conversazioni e nelle risate. Ma non ci volle molto perché si accorgessero di noi.

Joseph, come al solito, era il primo a notare quando qualcosa non andava. Lo vidi fissarmi mentre giravo con il cucchiaino nella mia ciotola di yogurt, senza nemmeno toccarlo. Sentivo il suo sguardo indagatore su di me, ma non avevo la forza di ricambiare. Speravo che non dicesse nulla, che non provasse a parlarmi, perché sapevo che una sola parola da parte sua avrebbe potuto farmi crollare.

Ero seduta accanto a Sara, che di solito era sempre la più serena tra noi. Ma quella mattina era pallida, con le mani che tremavano leggermente mentre spalmava un po' di burro su una fetta di pane tostato. Mi chiesi quanto avesse dormito la notte prima. Probabilmente non molto. Nessuna di noi aveva dormito bene.

Carola, invece, sembrava paradossalmente tranquilla, ma conoscevo abbastanza bene la sua personalità per capire che la sua calma era solo una maschera. Carla continuava a fissare il suo piatto vuoto, evitando il nostro sguardo, mentre Elena, l'ultima arrivata nella nostra piccola squadra, aveva gli occhi lucidi. Era evidente che cercava di nascondere il suo nervosismo, ma non riusciva a ingannare nessuno.

Alla fine, Joseph non riuscì a trattenersi. Si alzò dal suo tavolo e si avvicinò al nostro, portando con sé una tazza di caffè. "Ehi, tutto bene qui?" chiese con la sua solita calma.

Sara si affrettò a rispondere con un sorriso forzato. "Sì, tutto bene. Solo un po' di stanchezza, tutto qui."

Joseph annuì, ma era evidente che non era convinto. Poi mi guardò, e il suo sguardo mi trafisse. "Giulia, sei sicura di stare bene? Sei più silenziosa del solito."

Mi sforzai di sorridere, ma non riuscì a essere convincente. "Sto bene, Joseph. Solo... un po' preoccupata per la prova di oggi, tutto qui."

Lui fece un cenno d'assenso, ma potevo vedere che non era soddisfatto della mia risposta. "Vedrai che andrà tutto bene. Siete preparate, non c'è nulla di cui preoccuparsi."

Sapevo che cercava di essere rassicurante, ma quelle parole, anziché calmarmi, mi fecero sentire ancora più sotto pressione. Non poteva capire quanto significasse per noi quella prova. Era facile dire "andrà tutto bene" quando non eri tu a dover salire su quella bilancia, a dover vedere se il tuo corpo rientrava negli standard ferrei della ginnastica.

Mi limitai ad annuire, sperando che non continuasse. E, per fortuna, si limitò a sorridermi prima di tornare al suo tavolo.

Dopo colazione, ci dirigemmo verso la sala pesi, dove si sarebbe tenuta la prova. Ogni passo che facevo mi sembrava sempre più pesante, come se le gambe volessero cedere sotto il peso dell'ansia. Mi voltai a guardare le altre ragazze, tutte con espressioni tese e sguardi preoccupati. L'aria era densa di nervosismo e la sala sembrava quasi un'aula di tribunale in cui ogni nostro errore sarebbe stato messo a nudo e giudicato.

L'allenatrice Claudia ci accolse con il solito sguardo impassibile. Per lei, questa prova era una formalità, ma per noi era tutto. Ci ordinò di metterci in fila, e la tensione crebbe mentre ciascuna di noi attendeva il proprio turno.

Elena fu la prima a salire sulla bilancia. La vidi deglutire visibilmente prima di fare quel piccolo passo che sembrava però enorme. Quando la bilancia si fermò, Claudia annotò il peso con una leggera smorfia. "Seicento grammi in più rispetto all'ultima volta," annunciò, e le parole rimbombarono nella stanza come un tuono.

Il volto di Elena si sbiancò, e potetti vedere il panico nei suoi occhi. Stava per dire qualcosa, ma prima che potesse anche solo aprire bocca, Carla, con la sua solita voce tagliente, commentò: "Seicento grammi? È praticamente un chilo."

Quelle parole, pronunciate con così tanta noncuranza, furono come un colpo al cuore per Elena. La vidi abbassare lo sguardo, mentre la vergogna e il dolore si dipingevano sul suo viso. La rabbia iniziò a montare dentro di me, e avrei voluto dire qualcosa, fare qualcosa per difenderla, ma mi sentivo paralizzata. Anche le altre ragazze rimasero in silenzio, impaurite dall'idea di poter essere la prossima vittima delle parole taglienti di Carla.

Fortunatamente, fu Alex, il nostro fisioterapista, a intervenire. "Non è niente di grave, Carla," disse con tono fermo. "Sono solo seicento grammi, e potrebbero essere dovuti a qualsiasi cosa. Elena sta andando bene, non dobbiamo farla sentire in colpa."

Quelle parole mi diedero un po' di conforto, ma il danno era già stato fatto. Elena annuì debolmente, ma sapevo che non avrebbe dimenticato quel commento tanto presto.

Poi fu il turno di Sara. Mentre si avvicinava alla bilancia, notai un leggero tremore nelle sue mani. Sara, che di solito era così sicura di sé, sembrava fragile in quel momento. Salì sulla bilancia, e Claudia annotò il peso con la solita impassibilità. Ma poi, quando misurò l'altezza, un sorriso soddisfatto comparve sul suo volto. "Un centimetro in più," disse, e sembrava quasi un complimento.

Ma prima che potessimo gioire per Sara, Carla colse di nuovo l'occasione per colpire. "Un centimetro in più?" esclamò. "La notte ti fasciamo tutta così non cresci più."

Le parole uscirono dalle sue labbra con un tono scherzoso, ma sapevo che dentro di sé Carla era infastidita dal risultato di Sara. Ogni centimetro, ogni grammo in meno, era una vittoria per lei, e ogni piccolo miglioramento di qualcun'altra era una minaccia. Sentii la rabbia crescere dentro di me, ma mi costrinsi a rimanere calma. Non era il momento per una discussione. Non lì, non in quel momento.

Finalmente arrivò il mio turno. Mi avvicinai alla bilancia con il cuore che mi batteva all'impazzata. Sentivo gli occhi delle altre ragazze su di me, e il giudizio di Claudia pesava su di me come un macigno. Feci un respiro profondo e salii sulla bilancia, cercando di rimanere il più possibile immobile. Quando la bilancia si fermò, sentii un lieve sollievo: ero sottopeso. Lo avevo fatto, avevo raggiunto l'obiettivo.

Ma non ci fu tempo per festeggiare. Claudia annotò il risultato con la sua solita espressione impassibile, e mi fece segno di scendere per passare alla misurazione dell'altezza. Quando anche quella fu completata, mi concesse un piccolo sorriso, ma era più una concessione che un vero segno di apprezzamento.

Mentre mi allontanavo dalla bilancia, mi sentii sollevata ma allo stesso tempo vuota. Il risultato era quello che avevo sperato, ma il prezzo era stato alto. La tensione, l'ansia, e la paura di deludere me stessa e le altre ragazze mi avevano lasciato esausta

𝓒𝓸𝓻𝓹𝓸 𝓛𝓲𝓫𝓮𝓻𝓸 || Joseph CartaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora