A coloro che preferiscono la notte al giorno, perchè avvolti nel buio possono lasciare scendere una lacrima.
A chi per piacere agli altri si è dimenticato di se stesso.
A chi non è mai stato notato e amato, perché in un campo di fiori, vengono scelti sempre quelli più belli, senza notare quelli silenziosi
A coloro che trovano conforto nel silenzio, che camminano nelle ombre per nascondere le loro ferite, ma che in quelle stesse ombre trovano la forza di rialzarsi.
A chi ha imparato a danzare sotto le stelle, nonostante il peso del mondo sulle spalle, e a chi sa che anche la notte più oscura può essere illuminata dalla luce della speranza.
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Il profumo dei tulipani riempiva l'aria come un ricordo persistente che si rifiutava di svanire. Ogni anno, mia madre li piantava con una cura quasi maniacale, come se quei fiori fossero la chiave per mantenere intatto un pezzo di felicità in questo mondo. Ricordo ancora le sue mani, delicate ma sicure, che affondavano nella terra scura con la precisione di chi conosce ogni segreto della vita che vi cresce dentro. Era un rito che si ripeteva ogni primavera: un ciclo di vita e rinascita che sembrava tenere lontano il dolore, o almeno mascherarlo sotto strati di colori vibranti e profumi inebrianti.
Ero solo una bambina allora, e non comprendevo a fondo il significato di quel gesto. Per me, i tulipani erano semplicemente belli: un'esplosione di colori che rendeva il giardino un piccolo angolo di paradiso. Ma per mia madre, quei fiori erano molto di più. Li piantava con la stessa dedizione con cui si occupava della nostra famiglia, come se ogni bulbo fosse un atto d'amore, un pezzo di speranza piantato nel terreno con la promessa di rifiorire, anche nei momenti più bui.
"Seraphine, vieni qui," mi aveva chiamato quel giorno. La sua voce era dolce, come sempre, ma c'era una nota di stanchezza che non avevo mai sentito prima. Mi avvicinai a lei, osservando le sue dita che si muovevano tra i petali dei tulipani appena sbocciati. Era primavera inoltrata e il giardino era in piena fioritura. Ogni fiore sembrava pulsare di vita propria, come se fosse consapevole della sua bellezza.
Mia madre alzò lo sguardo verso di me, il suo viso illuminato dalla luce dorata del tramonto che filtrava tra gli alberi. "Lo sai perché pianto questi fiori ogni anno?" mi chiese. Avevo sentito quella domanda molte volte, e ogni volta la risposta cambiava leggermente, ma la sostanza rimaneva la stessa. Scossi la testa, fingendo di non sapere, perché volevo ascoltarla ancora una volta, quella storia che sapevo mi avrebbe donato conforto.
"Perché, anche quando sembra che tutto stia morendo, c'è sempre qualcosa che rifiorisce," disse, con un sorriso triste che non riuscivo a decifrare. "Ricorda questo, Seraphine. Anche nei giorni più bui, ci sarà sempre qualcosa che tornerà alla vita. Anche quando sembra che non ci sia più niente..."
Le sue parole si fissarono nella mia mente, ma allora non ne compresi completamente il significato. Per me, la vita era ancora semplice. La mia quotidianità ruotava intorno alla scuola, agli amici e ai giochi nel giardino che mia madre curava con tanta passione. Non capivo cosa significasse veramente vedere tutto intorno a sé morire, e non capivo il dolore che quelle parole nascondevano.
Anni dopo, quando mia madre non c'era più, quelle stesse parole tornarono a galla, rimbombando nella mia mente come un eco incessante. Era come se avesse lasciato un ultimo insegnamento, un ultimo sussurro di speranza a cui aggrapparmi, anche quando tutto intorno a me sembrava sprofondare nel vuoto.
Ricordo ancora il giorno in cui se n'è andata. Era una giornata di fine autunno, quando i tulipani erano ormai solo un ricordo lontano e il giardino, che una volta era stato il suo rifugio, si era trasformato in un pezzo di terra spoglio, privo di vita. L'aria era fredda, e il vento soffiava tra gli alberi spogli, portando con sé il suono delle foglie secche che si trascinavano sul terreno. Mi sedetti accanto alla sua tomba, con in mano un mazzo di tulipani che avevo raccolto da un fioraio. Non erano come quelli che piantava lei, non avevano lo stesso profumo né lo stesso significato, ma erano tutto ciò che potevo offrire in quel momento.
Guardai il cielo grigio sopra di me, e per un attimo mi sembrò di sentire la sua voce, dolce e piena di quella stanchezza che non avevo mai compreso fino in fondo. "Ricorda, Seraphine, anche nei giorni più bui..."
Chiusi gli occhi, cercando di trattenere le lacrime, ma una scese silenziosa lungo la mia guancia, mescolandosi alla pioggia leggera che aveva iniziato a cadere. Il dolore della sua perdita era ancora fresco, una ferita che non sembrava volersi rimarginare. Eppure, in quel momento, un pensiero mi attraversò la mente: forse, proprio come i suoi tulipani, anche io potevo rifiorire. Forse, nel tempo, il vuoto che sentivo dentro di me si sarebbe riempito di nuovo di vita, anche se in modo diverso da come era stato prima.
Per anni, il giardino rimase vuoto. Nessuno piantava più tulipani. Il terreno che una volta era stato curato con tanta attenzione era ora ricoperto di erbacce, un promemoria silenzioso di ciò che era andato perduto. Ogni volta che passavo accanto a quel pezzo di terra, sentivo una stretta al cuore, come se il dolore della sua assenza si riaccendesse ogni volta.
Ma poi, un giorno, qualcosa cambiò. Era una mattina di primavera, il cielo era limpido e l'aria portava con sé il profumo fresco della terra bagnata. Mi trovavo nel giardino, senza un motivo particolare, semplicemente camminavo tra i ricordi, quando notai qualcosa di diverso. In un angolo del giardino, proprio dove mia madre aveva sempre iniziato il suo rituale primaverile, c'era un piccolo germoglio verde che spuntava dalla terra. Mi avvicinai lentamente, quasi con timore, e mi inginocchiai accanto a quel segno di vita nascente.
Era un tulipano.
Non avevo piantato nulla quell'anno, eppure quel piccolo germoglio stava lì, come un promemoria del ciclo eterno della vita. Forse era stato portato dal vento, o forse era il frutto di qualche bulbo dimenticato nel terreno, ma in quel momento non importava. Guardai il piccolo tulipano, e per la prima volta dopo tanto tempo, sentii una lieve scintilla di speranza accendersi dentro di me.
Forse mia madre aveva ragione. Anche nei giorni più bui, c'è sempre qualcosa che rifiorisce.
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NOTHING
RomanceChi mai chiamerebbe un locale a Los Angeles, "Los Angeles"? E soprattutto, chi sono questi cosiddetti "angeli"? Gli angeli di Los Angeles non hanno nulla di divino. Sono i fratelli White: Asher e Adrian, insieme a Raven, una ragazza priva di sentime...