16. Fumi di Incertezze

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Seraphine's POV

"A chi respira la verità, anche
quando è avvolta nel fumo."

L'aria si fece gelida in un attimo. I loro sguardi si incrociarono, carichi di una tensione palpabile, mentre io rimanevo bloccata tra di loro, con il cuore in tumulto. Asher la fissò, il suo viso si fece serio.

«Raven» disse con voce profonda e carica di emozione, come se quel nome risvegliasse ricordi che non potevo neanche immaginare.

Lei ci superò senza nemmeno guardarmi, come se la mia presenza non avesse alcun peso. Si avvicinò al comodino di Asher e, senza chiedere, aprì il cassetto.

«Mi sono finite le sigarette» annunciò, mentre ne metteva una tra le labbra e l'accendeva. Poi, con un gesto rapido, la sfilò dalla bocca e la passò ad Asher. Si voltò e uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé senza aggiungere altro.

Appena se ne fu andata, Asher mi soffiò addosso una nuvola di fumo. In quell'istante, un fastidio pungente mi colpì; l'odore del fumo mi dava una sensazione di soffocamento. Tossii, più per la sorpresa che per l'effetto del fumo, e mi accorsi che lui mi osservava con quello sguardo che sembrava sempre mettermi alla prova.

«Che c'è? Alla principessina non va giù il fumo?» disse, la sua voce bassa e priva di emozione, ma con una sfumatura provocatoria.

Lo fissai per un istante, cercando di controllare la voglia di rispondergli a tono. Sapevo che era esattamente quello che voleva. C'era sempre una tensione tra noi, un gioco sottilmente pericoloso che non ammetteva né vincitori né vinti. Ma oggi quel suo atteggiamento mi dava ancora più fastidio del solito.

«Non tutti adorano respirare veleno» risposi secca, incrociando le braccia e puntando gli occhi su di lui. Asher fece un piccolo sorriso, appena percettibile, ma il suo sguardo restò impassibile, quasi annoiato, come se ogni mia reazione fosse una previsione che si era già stancato di vedere realizzata.

«Ah, certo. La principessina ha i suoi standard, giusto?» rispose lui, stavolta con una punta di sarcasmo più marcata, mentre lasciava la sigaretta pendere tra le labbra. Si prese tutto il tempo del mondo, aspirando un'altra boccata, come se volesse mettere alla prova la mia pazienza.

Ero immobile, ma dentro di me sentivo una tempesta di emozioni che lottavano per uscire. Volevo dirgli di smetterla, di spegnere quella stupida sigaretta, di smettere di giocare a quel suo solito gioco. Ma il mio orgoglio mi bloccava. Non potevo mostrargli che mi stava davvero dando fastidio. Lui se ne sarebbe nutrito.

Così restai in silenzio, lasciando che il suo sguardo mi trapassasse mentre il fumo si disperdeva lentamente nella stanza.

Asher si appoggiò indietro, come se si stesse godendo lo spettacolo, e il suo sguardo era tanto penetrante quanto indifferente.

«Dai, non fare la bambina» disse, con un tono di sufficienza. «Non puoi dirmi che un po' di fumo ti fa paura.»

«Non è una questione di paura» ribattei, cercando di mantenere la calma. «È solo che il tuo comportamento è insopportabile.»

Lui inclinò la testa, divertito. «Insopportabile? E cosa credi di sapere di me?»

«Ho visto e sentito abbastanza per capire che non hai rispetto per te stesso» dissi, cercando di non lasciarmi intimidire. «Se non hai rispetto per te stesso, come puoi aspettarti che gli altri ne abbiano per te?»

Asher si fece serio, il suo sguardo penetrante. «E chi ti dice che non ho rispetto? Magari ho semplicemente scelto di ignorare le regole.»

«Non è un gioco, Asher» dissi, alzando leggermente la voce. «Le conseguenze ci sono sempre.»

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