Lilith's POV
"Le fiamme più ardenti sono
quelle che bruciano nel silenzio."Il sole stava calando quando terminai gli allenamenti con le cheerleader. Ero esausta, fisicamente almeno. Mentalmente, però, il pensiero di Adrian non mi dava tregua. Mi ero preparata per affrontarlo, per aspettare il momento in cui sarebbe venuto a cercarmi, ma non avevo idea del perché, tutto il giorno, mi avesse semplicemente ignorata. Mi aveva vista, ne ero certa. E non poteva non sapere che ero stata io a incendiare la sua moto. C'erano le telecamere. Lo sapeva.
Uscendo dalla scuola, il pensiero di lui mi martellava in testa, un misto di ansia e adrenalina. Camminai verso il parcheggio, cercando di ignorare quella sensazione di attesa che si faceva sempre più intensa, e poi lo vidi. Adrian, appoggiato alla sua moto, proprio lì davanti alla mia macchina. Non quella che avevo bruciato. No, era un'altra, una delle tante. Come se niente fosse successo. Come se io non avessi mandato in fumo una delle sue amate moto solo per provocarlo.
Il suo sguardo si incrociò con il mio, e il mio cuore accelerò senza controllo. Non riuscivo a capire perché fossi così tesa. Forse perché finalmente avevo davanti la conseguenza delle mie azioni, e non avevo idea di cosa aspettarmi.
Adrian mi osservava, calmo, quasi freddo. Non c'era rabbia nei suoi occhi, solo quella solita calma glaciale che non faceva presagire nulla di buono. Avanzai verso di lui, senza distogliere lo sguardo. Ero io che avevo cercato questo confronto, ma ora, di fronte a lui, mi chiedevo se fossi davvero pronta ad affrontarlo.
Mi fermai a pochi passi da lui, cercando di non mostrare la tensione che mi attanagliava. Mi aspettava, ed era chiaro che non aveva intenzione di lasciarmi passare senza dire nulla.
«Finalmente mi hai trovata», dissi, cercando di mantenere un tono sicuro, anche se dentro di me tutto era un caos.
Adrian rimase in silenzio per un attimo, i suoi occhi fissi nei miei, come se stesse studiando ogni mia reazione. Il suo silenzio mi innervosiva più di qualsiasi parola. Ero abituata ai confronti, alle parole taglienti, ma con lui era diverso. Il suo silenzio mi metteva a disagio, come se ogni secondo che passava mi portasse sempre più vicina a un punto di rottura.
Si avvicinò di qualche passo, senza fretta, come se volesse deliberatamente far crescere la tensione. Non distolse mai lo sguardo dai miei occhi, ed era come se riuscisse a vedere tutto di me, ogni pensiero, ogni esitazione.
«Allora, tutto bene?» chiese con una calma surreale, il suo sguardo fisso su di me. Sembrava non avere la minima idea di quello che era successo, come se non sapesse che ero stata io a bruciargli la moto. Sentii ogni muscolo del mio corpo tendersi.
Sapevo che stava giocando, e lui lo sapeva altrettanto bene. Quel suo atteggiamento quasi beffardo non faceva che aumentare la mia frustrazione. «Cosa vuoi, Adrian?» ribattei, cercando di mantenere il controllo e non cedere al suo gioco.
Adrian sollevò appena un angolo delle labbra, un sorriso che non raggiungeva i suoi occhi. «Perché dovrei volere qualcosa?» rispose, la voce bassa, quasi distratta. «Non posso semplicemente passare per un saluto?»
Il mio corpo si irrigidì ancora di più. Sapevo che stava cercando di destabilizzarmi, di farmi perdere la calma. E stava funzionando. Mi stava sfidando senza neanche doverlo dire esplicitamente.
Adrian fece un passo avanti, troppo vicino. Il suo corpo sfiorò il mio, e prima che potessi reagire, sentii la mia schiena toccare la carrozzeria della mia macchina. Mi aveva spinto indietro, in modo quasi impercettibile, ma abbastanza da farmi sentire in trappola. Il suo sorriso si fece ancora più tagliente, mentre abbassava lo sguardo su di me.
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NOTHING
RomantikChi mai chiamerebbe un locale a Los Angeles, "Los Angeles"? E soprattutto, chi sono questi cosiddetti "angeli"? Gli angeli di Los Angeles non hanno nulla di divino. Sono i fratelli White: Asher e Adrian, insieme a Raven, una ragazza priva di sentime...