Seraphine's POV
"A volte, le scelte giuste
ci portano nei posti sbagliati."Il calore dell'aria mi sfiorò il viso mentre riemergevo lentamente dal sonno. Mi sentivo come intrappolata in una nebbia di torpore, il corpo pesante e la mente confusa. Con gli occhi ancora chiusi, cercai di percepire l'ambiente intorno a me: il calore di una coperta, un materasso sotto di me... ma non era il mio letto.
L'impulso di svegliarmi completamente mi colpì, e spalancai gli occhi, cercando di capire dove mi trovassi. La stanza era avvolta in una penombra interrotta solo dalla luce fioca che filtrava dal corridoio. Le pareti grigie, l'odore leggero di legno e tabacco nell'aria... un senso di inquietudine si fece strada nel mio petto.
E poi lo vidi. Accanto a me, c'era Asher, addormentato.
Le sue braccia mi avvolgevano in modo protettivo, e trattenni il respiro per un istante. Il suo volto rilassato, il respiro profondo... come sono finita qui?
Provai a rimettere insieme i pezzi. L'ultima cosa che ricordavo era il suono del motore della sua auto che mi cullava verso il sonno. Poi il vuoto. Nessun ricordo di come fossi arrivata qui, nella sua stanza, nel suo letto.
Mi sollevai cautamente sui gomiti, cercando di non svegliarlo. Il cuore martellava nel petto, e realizzai che i miei vestiti non c'erano. Ero avvolta in una maglietta larga, probabilmente la sua. Mi passai una mano tra i capelli, più confusa che mai. Non posso aver dormito così tanto... o sì?
Il mio sguardo tornò su di lui. Asher sembrava completamente ignaro del mio stato di panico. Era disteso su un fianco, una mano sotto il cuscino e l'altra attorno alla mia vita. C'era qualcosa di stranamente protettivo nel modo in cui mi teneva, come se volesse assicurarsi che non me ne andassi.
Cos'è successo? Non c'erano segni evidenti di qualcosa di inappropriato, niente che suggerisse che mi fosse successo qualcosa di brutto. Ma la mia mente non poteva fare a meno di riempirsi di domande.
Continuai a fissarlo, il cuore che batteva sempre più forte. Notai un tatuaggio sul suo petto nudo: una frase in calligrafia infantile che diceva «Essere vivo senza sentire».
Un nodo mi si formò in gola. Quelle parole racchiudevano un significato profondo, come se rappresentassero una parte della sua anima. Mi chiesi quale storia ci fosse dietro a quella frase.
Proprio in quel momento, Asher si svegliò, sorpreso di trovarmi così vicina. «Seraphine?» mormorò, la voce impastata dal sonno.
Mi bloccai, incapace di trovare le parole. «Cosa... cosa è successo?» chiesi, il panico che riemergeva.
Asher si mise a sedere, il volto serio. «Ma come ti sei già dimenticata della nostra serata insieme?» Il suo tono faceva intendere qualcosa di più, e il mio cuore saltò in un attimo.
Rimasi scioccata, il viso impallidito. «Cosa intendi dire?»
Poi, notando la mia espressione spaventata, Asher scoppiò a ridere. «Sto scherzando, principessa! Avresti dovuto vedere la tua faccia!»
Un sospiro di sollievo mi sfuggì, e il mio battito cardiaco tornò a un ritmo più normale. «Sei un idiota,» dissi, tirandogli un cuscino, mentre la mia tensione si dissolveva.
Asher sorrise, ma poi divenne serio. «Ti sei sentita male. Ti sei addormentata in macchina, e ho pensato che fosse meglio portarti a casa mia.»
Abbassai lo sguardo sulla maglietta che indossavo, il cuore che batteva forte. Asher colse il mio silenzio e continuò, «Non preoccuparti. Appena ti sei addormentata, ti ho tolto il vestito e ti ho infilato subito la mia maglietta. Non ho visto niente.»
Le sue parole mi colpirono, lasciandomi un misto di sollievo e imbarazzo, ma anche rabbia. «Non avevi il diritto di farlo,» ribattei, alzando lo sguardo con una determinazione che non sentivo del tutto.
Asher alzò le sopracciglia, divertito ma anche infastidito. «E cosa avresti voluto che facessi? Ti lasciavo in macchina?»
«Non avevi bisogno di spogliarmi,» dissi, con il tono accusatorio.
Asher incrociò le braccia, il viso serio. «Ti ho detto che non ti ho vista. Ti ho tolto il vestito bagnato perché non potevi dormire con un cazzo di vestito fradicio, e ti ho messo subito la maglietta. Principessa, se la mia intenzione fosse stata quella di spogliarti e sbatterti su quella scrivania,» disse, indicando con un gesto la scrivania vicina, «non avrei avuto bisogno né di ubriacarti né di drogarti, a differenza dei ragazzi con cui ti frequenti.»
Le sue parole mi colpirono come un pugno. «Non è questo il punto!» protestai, cercando di mantenere la calma. «Non puoi giustificare il tuo comportamento così.»
«Eppure lo sto facendo,» replicò, con un tono provocatorio. «Ti sei addormentata e io ho fatto ciò che ritenevo giusto. Ti preoccupi più della forma che della sostanza.»
Fui sopraffatta dalla frustrazione. «E che ne sai di cosa è giusto per me? Non mi conosci affatto!»
«Magari no, ma so che se non ti avessi portata qui, avresti potuto metterti in situazioni ben più pericolose,» disse, con il tono deciso. «E non mi interessa se i miei atteggiamenti non ti piacciono . Ho fatto ciò che dovevo fare.»
«Magari hai ragione, ma questo non giustifica le tue azioni,» risposi, cercando di mantenere la mia determinazione.
Asher si strinse nelle spalle. «Non sto cercando di giustificarmi, ma solo di dirti che ti ho messa al primo posto.»
Fui colta da un'improvvisa sensazione di vulnerabilità. «Va bene, forse ti ringrazio per avermi portata qui,» dissi, con riluttanza. «Ma la prossima volta, cerca di non spogliarmi, per favore.»
Un sorriso si allargò sul suo viso. «La prossima volta, se vuoi, puoi semplicemente passare e spogliarti da sola,» rispose, con un tono provocatorio.
«Non ho bisogno di suggerimenti su come spogliarmi, Asher,» risposi, alzando un sopracciglio. «Ma ti assicuro che non è un piano che seguirò mai.»
«Beh, ti avviso solo,» disse, ridacchiando.
«Certo, come se fossi interessata,» replicai, incrociando le braccia. «Non ti illudere.»
Asher si avvicinò, il suo sguardo penetrante. «Illudermi? Non è nel mio stile,» rispose, la voce bassa e carica di tensione.
Il suo viso era così vicino al mio che sentii il calore del suo respiro. La distanza tra le nostre labbra sembrava fragile, come se un semplice movimento potesse romperla.
Asher si chinò, i suoi occhi fissi nei miei, e un sorriso malizioso si allargò sul suo viso. Ma proprio quando pensavo che avrebbe ceduto, si allontanò, lasciandomi lì, frastornata e confusa.
Poi, senza preavviso, la porta si aprì dietro di lui e una ragazza davvero bella con i capelli biondi entrò nella stanza.
L'aria si fece gelida in un attimo. I loro sguardi si incrociarono, carichi di una tensione palpabile, mentre io rimanevo bloccata tra di loro, con il cuore in tumulto. Asher la fissò, il suo viso si fece serio. «Raven,» disse con voce profonda e carica di emozione, come se il suo nome evocasse ricordi che non potevo nemmeno immaginare.
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NOTHING
RomanceChi mai chiamerebbe un locale a Los Angeles, "Los Angeles"? E soprattutto, chi sono questi cosiddetti "angeli"? Gli angeli di Los Angeles non hanno nulla di divino. Sono i fratelli White: Asher e Adrian, insieme a Raven, una ragazza priva di sentime...