10. Sotto il Peso della Notte

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Seraphine's POV

"Quando il caos ti avvolge e il controllo sembra lontano, è nei momenti più bui che scopri chi è davvero lì per te, nonostante tutto."

Il freddo dell'aria non aiutava, nemmeno un po'. Il mondo intorno a me sembrava ondeggiare e sfocarsi, come se stessi cercando di camminare attraverso un sogno distorto. Il ragazzo accanto a me sorrideva ancora, ma ora quel sorriso mi sembrava più strano, meno genuino. Non riuscivo a concentrarmi abbastanza per capirlo. Le sue parole erano un brusio confuso, eppure la sua voce mi cullava, quasi mi tranquillizzava.

«Va tutto bene,» mi disse, prendendomi delicatamente per il braccio, guidandomi verso l'ombra degli alberi. «Stiamo solo facendo un giro. Respira, ti sentirai meglio.»

Stavo per lasciarmi trascinare completamente da lui, quando una voce bassa e familiare interruppe quel velo di confusione.

«Asher...» pensai, ma non riuscivo a mettere a fuoco. Solo la sua presenza mi era chiara, forte e opprimente come sempre.

«Che cazzo stai facendo con lei?» La voce di Asher era tagliente come una lama, e sentii il mio corpo irrigidirsi. Lui non dovrebbe essere qui. Nessuno dovrebbe essere qui.

Il ragazzo accanto a me alzò le mani, quasi divertito. «Tranquillo, amico. Stiamo solo andando a prendere un po' d'aria fresca. Sta bene, te lo assicuro.»

Ma sapevo, o almeno, una parte confusa di me sapeva, che Asher non si sarebbe fermato a quelle parole. La tensione nell'aria diventò densa, soffocante. Anche attraverso la nebbia che avvolgeva i miei pensieri, potevo sentire la minaccia nel suo tono.

«Asher,» balbettai, cercando di fermarlo, di dire qualcosa di razionale, ma le parole si perdevano nella mia bocca. Mi sentivo come se stessi annegando.

«Sta lontano da lei,» replicò Asher, spingendo via il ragazzo con una forza che non mi aspettavo. Mi aggrappai al ragazzo più per istinto che per altro, cercando di resistere a quella presa magnetica che Asher sembrava sempre avere su di me.

«No... Voglio... stare con lui.» Le parole uscirono disordinate, ma le sentivo vere. Non era solo il dispetto. Era il bisogno di dimostrare che Asher non poteva decidere per me, controllare ogni mio movimento.

Ma lui non mi diede neanche il tempo di lottare. In un attimo, le sue mani erano su di me, forti e sicure, sollevandomi da terra come se non pesassi niente. Il mondo girava ancora di più mentre mi prendeva in braccio, e io cercavo di divincolarmi, colpendolo con deboli pugni contro il suo petto.

«Lasciami!» sbraitai, anche se la mia voce era più debole di quanto avessi voluto. Sentivo la sua presa ferma, il suo respiro regolare, come se nulla di tutto ciò lo disturbasse minimamente.

«Asher... fammi scendere... non puoi... decidere per me...» Continuavo a ripetere, ma era come se parlassi nel vuoto. Ogni resistenza sembrava inutile.

Mi portò dentro la villa, attraversando il caos della festa come un predatore che ha già catturato la sua preda. Non c'era esitazione in lui, nessun dubbio. Ero completamente nelle sue mani, e questa consapevolezza mi faceva sentire vulnerabile, ma anche... curiosamente attratta da quella sicurezza così brutale.

Non so come, ma alla fine mi ritrovai in una stanza lontana dal frastuono. Asher chiuse la porta dietro di noi con un calcio, e solo allora mi mise giù, con una delicatezza che mi fece quasi male. Ma io non volevo delicatezza. Volevo lottare. Sentivo ancora il bisogno di ribellarmi, anche se sapevo che era inutile.

«Che credi di fare, Asher?» gridai, sentendo il mio corpo oscillare tra la rabbia e la stanchezza.

Lui mi guardò, i suoi occhi erano fissi sui miei, impenetrabili. Non rispose subito, ma il silenzio tra noi era così carico che quasi riuscivo a sentire i miei stessi pensieri rimbalzare contro di lui.

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