13. Fiamme di Vendetta

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Lilith's POV

"Chi cerca vendetta deve essere preparato a scavare due tombe: una per il nemico e una per se stesso."

Il freddo pungente e il battito incessante del cuore non riuscivano a distrarmi dall'unica certezza che avevo in quel momento: qualcuno mi aveva incastrata. Ogni passo nella pioggia mi sembrava pesante come un macigno, ma la mia mente era un turbine di pensieri. Chi poteva odiare così tanto l'idea di me con Adrian da voler rovinare tutto?

Il nome di Jasper, mio fratello, mi balzò in testa come una fiamma che bruciava più della pioggia gelida. Lui ed Adrian erano nemici da sempre, due poli opposti che non potevano coesistere nello stesso spazio senza esplodere. La tensione tra loro c'era da quando ricordo, e non si era mai attenuata, anzi. Ogni volta che parlavo con Jasper di Adrian, il suo viso si contorceva in una smorfia di puro disgusto.

"Quello stronzo è un pericolo, Lilith," mi diceva sempre, con quel tono glaciale che usava quando voleva imporsi su di me. "Non ha niente da offrirti. Solo caos, distruzione e dolore." Ma io sapevo che c'era dell'altro. La sua rivalità con Adrian non era solo per proteggermi. C'era un odio personale che li legava, qualcosa che non mi avevano mai voluto dire apertamente. Forse per tenermi fuori. Forse per evitare che vedessi quanto fosse profonda la frattura tra loro.

Jasper aveva sempre avuto un'influenza malsana su di me. Era protettivo, certo, ma in un modo soffocante, quasi ossessivo. E con Adrian... sembrava che il solo pensiero di lui lo facesse impazzire. Era possibile che avesse orchestrato tutto questo? Una parte di me sapeva che ne sarebbe stato capace. Avrebbe fatto di tutto per tenermi lontana da Adrian. Anche ingannarmi.

Da quando avevo aperto gli occhi sul mondo, sapevo che la mia famiglia odiava profondamente i White. Era una legge non scritta, un'eredità di rancore che ci seguiva ovunque.

La maggior parte del tempo in cui io e Adrian ci incontravamo doveva avvenire di nascosto. Ogni volta che ero con lui, il pensiero di Jasper non mi lasciava tregua. Se avesse anche solo sospettato qualcosa, sarebbe andato su tutte le furie. Lo conoscevo troppo bene: quel suo bisogno di controllo lo avrebbe fatto impazzire. Sapevo che non avrebbe accettato la nostra amicizia, figuriamoci qualcosa di più. Così ci vedevamo nelle ombre, lontano dagli occhi di chiunque potesse riportargli qualcosa. Ogni incontro era un rischio, un segreto pericoloso, ma non potevo rinunciare a quei momenti con Adrian.

Il mio corpo rabbrividì non solo per il freddo, ma per la realizzazione che Jasper avrebbe potuto scrivere quella lettera.

Continuai a camminare, i tacchi affondavano nel fango, rendendo ogni passo più difficile e doloroso. La pioggia continuava a cadere senza tregua, ma il suo freddo non riusciva a spegnere il fuoco di rabbia che sentivo dentro. La lettera, il sospetto, il pensiero di Jasper... tutto si mescolava in una confusione angosciante.

Poi, tra tutte le persone che avrei potuto incontrare in quel momento, lo vidi.

Jasper.

Era lì, sotto un lampione sbiadito dalla pioggia, appoggiato alla sua macchina come se mi stesse aspettando. Il cuore mi saltò in gola. Non sapevo se per la sorpresa o per la furia che montava a ogni passo. Lui alzò lo sguardo e mi vide, un sorriso beffardo che gli attraversava il volto, come se sapesse esattamente cosa stava succedendo nella mia testa.

Il sorriso di Jasper mi colpì come uno schiaffo. Era il suo solito sguardo da stronzo, quello che usava quando sapeva di avere il controllo su tutto. Mi fermai a pochi passi da lui, il respiro ancora affannato per la corsa sotto la pioggia. Le gocce scendevano lente sul mio viso, mischiandosi con la rabbia che mi bruciava dentro.

«Cosa cazzo ci fai qui?» sbottai, il fiato corto e la voce carica di tensione.

Jasper alzò appena le spalle, come se fosse tutto normale. «Dovrei chiedertelo io, Lilith. Non è proprio il momento migliore per una passeggiata, no?» Il tono era velenoso, ma con quella calma fredda che conoscevo troppo bene.

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