Seraphine's POV
"La vera forza non è la capacità di resistere alla tempesta, ma la volontà di ricominciare a camminare anche quando il mondo sembra crollare attorno a te."
La pioggia tamburellava incessante contro il vetro della finestra, un rumore costante che riempiva il silenzio della mia stanza d'albergo. Seduta sul bordo del letto, avvolta in una coperta che non riusciva a scaldarmi, mi sentivo come se stessi affondando in un mare di pensieri oscuri. Ogni singola goccia sembrava aggiungere peso al fardello che portavo, un peso che non riuscivo a scrollarmi di dosso, nonostante fossi in una nuova città.
Los Angeles.
Trasferirmi qui avrebbe dovuto segnare un nuovo inizio. Il pensiero di ricominciare mi rimbombava nella testa, come un mantra. Almeno, questo è ciò che continuavo a ripetermi, quasi sperando che a furia di dirlo, sarebbe diventato vero. Ma la verità è che da quando mia madre è morta, ogni giorno sembrava una replica sbiadita del precedente, indipendentemente da dove mi trovassi. Cambiare città non poteva cambiare il fatto che lei non ci fosse più, non poteva riempire il vuoto che aveva lasciato.
Il suo volto, che un tempo illuminava ogni angolo della mia vita, era scomparso, dissolto in una nebbia di ricordi che faticavo a trattenere. Continuavo a chiedermi quanto tempo sarebbe passato prima che anche il suono della sua voce iniziasse a sfumare, prima che i dettagli del suo viso si perdessero completamente nella mia memoria. Era un pensiero che mi terrorizzava, ma non riuscivo a fermarlo. Ogni notte, prima di addormentarmi, chiudevo gli occhi e cercavo di evocare la sua immagine, la sua risata, il modo in cui pronunciava il mio nome. Era tutto ciò che mi restava di lei, e non volevo perderlo.
E ora, mi trovavo in un hotel, sola e in attesa. Dovevo ancora essere assegnata a una famiglia ospitante per il programma di scambio, e ogni attimo di attesa sembrava pesare come un macigno. In questa nuova città, mi sentivo come un estranea, circondata da volti sconosciuti che andavano e venivano. L'idea di ricominciare a scuola, di cercare di sembrare normale, mi riempiva di angoscia. Mi ritrovavo a camminare tra volti sconosciuti, cercando di adattarmi, anche se dentro di me sapevo che niente era come doveva essere. Era come cercare di indossare una maschera che non si adattava più al mio volto.
La pioggia continuava a battere contro il vetro, ipnotica nel suo ritmo costante. Guardai fuori dalla finestra, osservando il paesaggio grigio e opprimente che si stendeva davanti a me. Le strade deserte, i lampioni tremolanti, la pioggia incessante che sembrava non voler mai smettere. Questo posto sembrava riflettere perfettamente ciò che provavo dentro di me: un vuoto senza fine, un senso di solitudine che nessuno avrebbe potuto comprendere.
"Seraphine, non puoi continuare così," mormorai a me stessa. Era la prima volta che dicevo il mio nome ad alta voce da giorni. Il suono si perse nel rumore della pioggia, eppure quelle parole risuonarono nella mia mente come un avvertimento. Non potevo lasciarmi trascinare dal vuoto. Non ancora. Ma era difficile combattere contro qualcosa che sembrava così inevitabile, come se il dolore stesso fosse diventato parte di me, impossibile da separare dal resto.
Mentre il rumore della pioggia mi cullava, chiusi gli occhi per un momento. Cercai di immaginare un futuro diverso, un futuro in cui questo senso di perdita si sarebbe alleviato, in cui avrei trovato un nuovo scopo, una nuova ragione per andare avanti. Ma l'immagine si dissolveva prima che potessi afferrarla completamente, lasciandomi con un senso di vuoto ancora più profondo. Non sapevo cosa aspettarmi da questa nuova scuola, da questa nuova vita. Ogni passo che facevo in questo nuovo mondo mi sembrava un passo verso l'ignoto, un luogo che non riuscivo a vedere, ma che mi terrorizzava.
Eppure, rimanere ferma non era un'opzione. Dovevo andare avanti, anche se il percorso era avvolto nell'oscurità. Forse, tra i corridoi di quella scuola sconosciuta, avrei trovato qualcosa di più di quel vuoto che mi consumava. Forse qualcuno avrebbe visto oltre la mia maschera, avrebbe capito ciò che provavo senza bisogno di spiegazioni. Forse un giorno avrei imparato a vivere senza sentire il peso costante della sua assenza.
Forse.
Ma per ora, tutto ciò che avevo era la pioggia.
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NOTHING
RomanceChi mai chiamerebbe un locale a Los Angeles, "Los Angeles"? E soprattutto, chi sono questi cosiddetti "angeli"? Gli angeli di Los Angeles non hanno nulla di divino. Sono i fratelli White: Asher e Adrian, insieme a Raven, una ragazza priva di sentime...