Capitolo 1

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Luglio, Brescia

Sono le sette del mattino quando suona la sveglia ed è una delle giornate più calde di tutta l'estate. Ci metto un attimo a ricordare cosa è successo ieri sera e al solo pensiero ho voglia di rimanere nel mio letto, al buio e non vedere nessuno per almeno 6 mesi. Mi giro e mi rigiro nel letto cercando la forza e la volontà di fare qualcosa. Dopo un quarto d'ora è il mio corpo a prendere la decisione per me, visto che devo andare in bagno. Con fare funereo che manco un fantasma, mi dirigo verso il mio bagno al buio perché non ho la forza di alzare me medesima, figuriamoci alzare delle serrande. A tastoni trovo finalmente l'interruttore e mi vedo nello specchio. Oh, Gesù. Ho tutto il trucco colato dal pianto e ho ancora gli occhi e il naso rossi. I miei capelli mossi e neri sono diventati un nido di uccelli sulla mia testa. Faccio così tanta paura che quasi non mi riconosco. Così non va bene Deniz, non dargliela vinta. Inizio a struccarmi di quel che rimane del trucco di ieri mentre sento il telefono squillare dalla camera da letto. Aspetto 10 secondi che smetta di squillare: non voglio sentire nessuno e se è importante richiamerà. Ora mi chiama una doccia calda e bollente che spero mi faccia sentire un po' più viva di quanto non mi senta in realtà. Con calma, molta moltissima calma, mi preparo e scendo a fare colazione con il mio caffè americano – un ricordo del mio periodo negli States – e guardo finalmente il telefono.

Sofia: 5 chiamate perse

Zietta: 3 chiamate perse

Marco: 7 chiamate perse

Marco: Deniz, per favore è stato uno sbaglio.

Marco: Rispondimi, mi fai preoccupare.

Marco: Dove sei?

Quando arrivo alla fine delle suppliche di quell'essere abominevole che è il mio fidanzato – ex fidanzato – leggo l'ultimo messaggio di Sofia, la mia assistente in ufficio nonché mia migliore amica da quando avevo 5 anni.

6:45 Sofia: OK NON RISPONDERMI MA APRI QUESTO LINK.

Tutto maiuscolo, non è un buon segno. Apro il link guardando con un occhio sì e uno no, ma vorrei non vedere proprio nulla dal terrore. È il sito di una testata giornalistica di gossip. Tiro un sospiro di sollievo; chissà quale attore ha divorziato per suscitare in Sofia una tale reazione. Mi calmo un attimo e guardo bene. Non è possibile. Spalanco gli occhi alla vista delle foto sulla rivista scandalistica. Come hanno fatto ad averle?

8:15 Sig. Demir: sto arrivando in ufficio. Dobbiamo parlare.

Cazzo. Cazzo. Cazzo. È un incubo. A volte, la vita gioca brutti scherzi, dei pessimi giochi del destino che – come dice zia Sanem – ci rendono più forti. Ma questo fa proprio schifo. Qualsiasi cosa succeda, conta fino a 10 e poi lascia correre. Continuo a ripetermelo nella mia testa. Uno. Ma è mai possibile che capitino tutte a me? Due. E adesso cosa faccio? Tre. Perderò il cliente. Quattro. Non posso permettermelo e non per quella feccia di Marco. Al numero cinque ho già il telefono in mano e chiamo Sofia. 

-"Sofia, buongi-" Non mi lascia manco il tempo di salutarla che mi tartassa di domande. 

– "doveseistataeperchènonrispondimifaipreocc" praticamente non inala aria da quanto va veloce.

-"Calmati, sto bene. Sto venendo in ufficio. Fammi trovare il bozzetto del progetto del giardino per il signor Demir sulla scrivania, per favore" dico tutto in un fiato mentre esco di casa.

-"Si, stellina ma abbiamo un altro problema: la stampa vuole parlare con te". Dentro di me penso che non potrebbe andare peggio di così, siamo ai massimi storici.

- "Digli che non voglio rilasciare dichiarazioni" dico sottovoce ma lei mi sente.

-"Deniz..." Ahia, il mio nome. Se lo usa al posto del mio nomignolo vuol dire che è grave.

- "Ti aspettano davanti alla porta d'ingresso, ci sono minimo 6 fotografi qua". Merda, sì che si può avere di peggio. Cerco di prendere un respiro profondo, ma per calmarmi mi servirebbe una bombola d'ossigeno ormai. Apro la portiera della macchina ed è un miracolo che non mi rimanga in mano per quanto forte la tiro. 

-"Aspettami, ci penso io. Ah, preparami una camomilla o potrei commettere un omicidio." Non aspetto manco che mi risponda. Salgo in macchina e chiudo la telefonata.

Un respiro, due respiri, tre respiri ... spero che questo scherzo del destino mi renda veramente più forte.

Le stelle che ci guardano / bangchanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora