Chan
Da quando Deniz è a Seoul, torno a casa correndo ogni sera. Cerco sempre di tornare per l'ora di cena, per stare più tempo con lei ma a volte vengo bloccato a lavoro, come stasera. Parte fra cinque giorni e non voglio neanche pensare a come sarà aprire la porta di casa e non vederla lì che disegna o che lavora. Non riesco nemmeno più a ricordare come fosse la mia vita prima che arrivasse lei. Vorrei che rimanesse qui per un'altra settimana, un altro mese, un altro anno ma nessuno dei nostri lavori lo permette. Eravamo al rifugio, durante una delle nostre giornate lontani dal mondo, quando ne abbiamo parlato: era seduta sul divano della casa, gambe conserte e tazza di cioccolata in mano, mentre mi sentiva suonare una melodia che avevo in testa da giorni di cui le avevo parlato. La sua voce è uscita in un bisbiglio, ma l'ho sentita come se urlasse e le mie mani sulla tastiera si sono bloccate. –"Chan, lo sai che dovrò ripartire vero?", aveva uno sguardo triste mentre stringeva le mani intorno alla tazza. Lo sapevo. Certo che lo sapevo, solo che siamo stati lontani per troppo tempo e cercavo di non pensarci. –"Resta ancora un po', ancora qualche giorno", la supplicai. Deniz inclinò piano la testa, sorridendomi dolcemente. Posò la tazza sul tavolino di fronte a lei e poi mi raggiunse, sedendosi sulle mie gambe mentre la tenevo stretta per i fianchi. –"Lo sai che vorrei, ma se resto mi deportano", disse. Sentivo la sua risata leggera dal movimento delle sue costole sotto le mie mani. –"Solo un altro po'", pregai accarezzandole la pelle calda sotto la maglia. Fece un respiro smorzato contro il mio collo, quel verso che fa quando le piace così tanto come la tocco che non riesce più a trattenersi e che mi fa impazzire. –"Facciamo così" disse sottovoce sul mio collo, a ogni parola sentivo le sue labbra che si muovevano sul mio collo. –"Tornerò in Italia per qualche giorno, poi torno da te. Resto finché non devi partire". Mancano solo cinque giorni, poi lei partirà il giorno prima di noi. Però non mi fa paura, qualsiasi cosa è meglio di quello che abbiamo passato. Aprendo la porta di casa, la prima cosa che vedo sono tre bottiglie di soju vuote e cartoni vuoti che riempiono il salotto di un odore di pollo fritto e aglio. Deniz e Jeongin sono seduti al lato opposto del divano mentre giocano a Mortal Kombat. È rilassata, appoggiata allo schienale, mentre gioca. Tutto l'opposto del mio fratellino che è in piedi e urla imprecazioni che farebbero impallidire chiunque. Lei lo guarda un secondo e fa un piccolo ghigno. Lo sta stracciando. Si alza in piedi e gli punta il controller alla faccia, mentre senza guardare lo schermo il suo personaggio fa la fatality, vincendo la partita. Non sono mai stato più fiero di lei.
–"Noona! Hai detto che non sapevi giocare!" urla Jeongin, piagnucolando quasi e sbiascicando le parole. È ubriaco di solito con una birra, non oso immaginare ora. Guardo meglio Deniz: ha i capelli scompigliati e le guance arrossate, ma sembra stare bene. Butto lo zaino per terra, segnalando la mia presenza ai miei coinquilini. Non vedo neanche Deniz che salta lo schienale del divano per saltarmi addosso. La prendo al volo, stringendola con un braccio solo mentre mi tengo al bancone. –"Sei a casa", sento la sua risata e tutta la stanchezza scompare. Nonostante sia qui da un po', non mi abituerò mai a vederla che mi corre incontro felice rientrato da lavoro. La metto giù e la squadro dalla testa ai piedi. –"Quanto hai bevuto?", mi viene da ridere mentre vedo che mette il broncio e alza gli occhi al cielo. E' sobria: un po' brilla ma c'è ancora con la testa. –"Poco, ha bevuto tutto il piccolo", punta il dito verso Jeongin che prova a nascondersi dietro lo schienale del divano, facendomi ridere. Amo vedere quanto a Deniz piaccia passare del tempo con i ragazzi. Sono la mia seconda famiglia, è importante per me che vadano d'accordo ma Deniz sarebbe in grado di animare anche le pietre. –"Noona, voglio la rivincita", dice Jeongin già scegliendo l'arena di gioco sulla play. Lo sguardo di lei si posa su di me come a chiedermi se può giocare un'altra partita, ma l'alcool le cambia lo sguardo e si perde a guardare oltre le mie spalle prima di girarsi e parlare con il maknae. –"Jeongin-"-"Gioca", la fermo prendendole la mano e riportando il suo sguardo su di me. –"Fai un'altra partita. Io devo finire di vedere un progetto di lavoro", avvicino le labbra al suo orecchio, in modo che mi senta sono lei. –"Poi sono tuo". Diventa ancora più rossa in viso. –"Evitate quando ci sono io nella stanza, grazie", dice Jeongin prendendo posto sul divano con una faccia disgustata. L'ultima cosa che vedo prima di entrare in camera è Deniz che si siede sul divano con una calma gelida prima di dire – "Pronto a perdere di nuovo?"
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Le stelle che ci guardano / bangchan
FanfictionLa vita di Deniz è agli occhi di tutti perfetta: è una donna di successo; ha delle amiche splendide e una zia che sono la sua famiglia; ha un fidanzato che la ama. Nulla potrebbe distruggere la sua bolla di felicità. Almeno così pensava. Quando la t...