Capitolo 4

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Passo giorni nel letto di casa mia. Ormai sono diventata un tutt'uno con le lenzuola: probabilmente se qualcuno venisse a tirarmele da dosso, mi trascinerebbe per tutta la casa come un mocio. Non ricordo l'ultima volta che ho mangiato, ho dormito così tanto. Penso che potrebbe bastarmi per una vita intera ma mi sento ancora stanca. Dal mio rifugio di lenzuola allungo la mano prendendo il telefono e controllo le notifiche. Messaggi su messaggi, chiamate su chiamate. Lui è scomparso ma forse è meglio così. Apro la galleria del telefono e scorro le foto senza guardare, solo per fare qualcosa, finché per sbaglio non ne apro una vecchissima: siamo io e la zia nel giardino della villa. Avrò avuto 10 anni. Ho un vestitino giallo paglierino con disegnate le margherite, i capelli sciolti e le mani ricoperte di terra. La zia mi abbraccia da dietro e sorride. In questa foto somiglia tanto alla mamma. Continuo a guardarla e non mi accorgo delle lacrime fino a che non le vedo sullo schermo. Mi manca così tanto. È da giorni che penso di fuggire alla villa ma non voglio essere codarda, non voglio scappare dalle situazioni solo perché non mi sento in grado di gestirle. Non che stia gestendo granché bene tutto questo, ma non sono mai scappata. Guardo ancora per un po' quel sorriso e poi mi muovo. Prendo la valigia e la inizio a riempire; avviso Sofia che mancherò da lavoro per un po'. Quando finalmente salgo in macchina inizio a sentirmi meglio: forse questo non è scappare, è solo un ritorno a dove si è stati bene.

Vedo la villa da lontano, con un viale di cipressi e le pareti esterne rosa pronte ad accogliermi. Casa. Nel momento in cui spingo il cancello ed entro mi rendo conto che è un po' troppo affollata. In questo periodo dell'anno zia si concentra sul raccolto e non accoglie ospiti ma ci sono troppe macchine; quindi, sicuramente non è una visita di qualche amica. Perfetto, ora me la dovrò vedere altre persone. Grandioso. Parcheggio la macchina e mi avvio verso il patio: io e la zia facevamo sempre colazione fuori, anche d'autunno con la pioggia perché "sai che bello l'odore della pioggia misto al caffè?". Ricomincio già a sorridere ma più mi avvicino e più questa gioia nostalgica scompare. Ci sono telecamere ovunque, persone ovunque. Non parlano italiano, dai miei pochi viaggi in Asia per lavoro sembra coreano. Che cazzo sta succedendo? Mi piazzo dietro una colonna e osservo perché sono una ficcanaso e non smetterò mai di esserlo. Al centro del patio, il tavolo è apparecchiato e ci sono cartoni su cartoni di pizza e poi li vedo. 8 ragazzi che chiacchierano ma non capisco nemmeno una parola. Ridono e scherzano, bevono e mangiano. E le telecamere continuano a riprendere. Chissà chi sono... non mi sono mai interessata troppo a K-drama o K-pop per via del lavoro. Do un'ultima occhiata e vedo uno di loro fissarmi: porta una camicia bianca con sotto una canotta dello stesso colore, ha i capelli scuri ma non riesco a vedere bene per via del berretto. Continua a guardarmi. Forse ha paura che sia una fan e che abbia scoperto dove alloggiano. Gli faccio un segno con il dito indice di non dire nulla e gli sorrido. "Non porto guai, giuro. Sono la nipote della proprietaria" penso. Mi guarda ancora un istante, poi sorride guardando in basso. Prima che porti guai, meglio che mi allontani.

Quando sento il trambusto dello staff che se ne va e la voce di mia zia che chiede se hanno bisogno di qualcosa mi avvicino. Sento lo sguardo del ragazzo di prima su di me, ma l'unica che vedo è la zia. Siamo rimasti solo noi: lo staff si è ritirato nelle stanze e la zia chiede ai ragazzi se vogliono bere del thè turco. Non me la lascio scappare due volte.

–"Io ne vorrei un bicchiere se è possibile" appena si gira e mi vede, le vengono le lacrime agli occhi. La raggiungo in due falcate e la abbraccio, esattamente come facevo da piccola: con le braccia strette al petto in modo che lei mi possa avvolgere totalmente. Sa di limoni e fiori di rosa – quanto mi era mancata. Sono ancora nel suo abbraccio quando mi chiede se sto bene. Faccio un lieve cenno con la testa e poi la lascio andare. Mi da due piccole carezze sulla testa e poi spalanca gli occhi e si gira. Giusto. Gli 8 ragazzi che hanno assistito a tutta la scena ci guardano con occhi dolci e curiosi. Mia zia, la mia cara zietta, pensa alla spiegazioni in un inglese quasi perfetto che non mi ricordavo parlasse.

-"Scusate per la scena, ma non sapevo che sarebbe venuta. Lei è mia nipote Deniz". Tutti salutano in un "Hi!" ma io non posso fare a meno di sentirmi in imbarazzo.

–"Deniz, kizim, siediti adesso porto il thè per tutti" dice tutta contenta. Quando provo a fermarla, mi butta su una sedia a forza e mi arrendo senza manco troppe storie. Uno dei ragazzi alla mia sinistra coi capelli biondi mi sorride con fare rassicurante.

-"Kizim? Che vuol dire?" mi chiede ed è veramente curioso, glielo leggo negli occhi.

-"Oh, la nostra famiglia è per metà turca. Vuol dire "figlia mia"" spiego. Mi mancava sentirglielo dire. Mi mancava veramente tutto. Quando torna e finalmente ci consegna il suo thè mi spiega chi sono. Sono un gruppo K-pop chiamato Stray Kids, venuti in Italia per un festival e che soggiorneranno un po' di giorni nella villa per rilassarsi prima dell'evento. Li guardo un po' stralunata. Sono idol. Idol con la "I" maiuscola. Oh Maria, se solo Sofia lo sapesse mi ucciderebbe sul colpo per prendere il mio posto. A turno si presentano partendo dal gentile ragazzo biondo che imparo si chiama Felix e poi Han, Hyunjin, Changbin, Lee Know, Jeongin, Seungmin e per ultimo il ragazzo di prima.

-"Mi chiamo Chan, piacere" dice sorridendomi. Ha una bella voce e da vicino è carino. Ha le fossette mentre ride. Ferma.

-"Il piacere è mio ma ora – e guardo la zia – se volete scusarmi io andrei a letto, sono un po' stanca". Non è vero, ma per oggi ho avuto abbastanza interazioni sociali. Mi avvicino alla zia e la abbraccio da dietro e le regalo un bacino sulla testa.

- "Seni çok seviyorum, teyze" le dico sottovoce, facendola ridere. Poi auguro la buonanotte a tutti e vado in camera mia, ma non prima di guardare Chan bere un sorso del thè di mia zia e fare una smorfia nascosta per quanto è amaro. 

Le stelle che ci guardano / bangchanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora