Capitolo 8

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Chan

Quando Deniz annuisce alla mia richiesta, mi alzo in piedi e tenendole la mano la riporto verso la casa. –"Aspettami qui, ci metto un attimo". Le lascio controvoglia la mano ed entro in casa. Sento ancora le sue parole risuonarmi nella testa. Un muro di cinta della costruzione ha ceduto sulla macchina dei miei genitori. Non riesco neanche ad immaginarmelo. Mi manca così tanto. Mi mancano entrambi così tanto che a volte non riesco a respirare. È così...ingiusto. Anche io sento la mancanza dei miei, ma riesco a parlarci e a vederli ogni tanto. Solo il pensiero di non riuscirci più...non riesco neanche ad afferrare quel tipo di dolore. Mi aggiro per la cucina finché non trovo quello che cerco e la raggiungo fuori. Si è raggomitolata sulla sedia dove prima stavo lavorando e guarda lo schermo del mio computer. Rimango un attimo a guardarla, appoggiato allo stipite della porta. Continua ad allungare la mano curiosa verso le tastiere, ma non si spinge troppo oltre, forse per il timore di romperle. Si sposta i capelli da un lato e poi avvicina il viso verso di loro. –"Quanti tasti..." bisbiglia e mi scappa una risatina che purtroppo le segnala la mia presenza e si allontana.

-"Scusami, è che...non ho mai visto nulla del genere" mi dice e si rimette a guardare curiosa ciò che ha davanti. Sembra una bambina quando fa così: riesce sempre a trovare il modo di guardare le cose con l'innocenza che solo un bambino ha quando scopre qualcosa di nuovo. Quello sguardo curioso e sincero, pieno di aspettative per qualcosa che non ha mai visto e che potrebbe rivelarsi come la cosa più divertente del mondo. Mi avvicino a lei e mi metto dietro la sedia rimanendo in piedi, prendo le cuffie e gliele metto su. Poi mi allungo e faccio partire il programma a cui stavo lavorando: c'è solo la melodia e qualche beat. Potrebbe essere qualcosa, come no ma ancora è una canzone senza vita. Le prendo le mani e gliele metto sulla tastiera, le faccio un cenno con la testa. Vai, divertiti le dico con lo sguardo. Non ci pensa due volte che inizia subito ad usarla: primo uno poi un altro, poi tanti insieme. Ricomincia a ridere, chiaramente divertita dal nuovo gioco.

-"Ok, Mozart. Adesso basta o mi ruberai il lavoro" le dico scherzando e togliendole le cuffie.

-"E' una figata pazzesca, potrei continuare per ore!" mi dice tutta contenta e con gli occhi che brillano. –"Questa non la puoi eliminare! È la mia opera d'arte."

 

-"Non ci penso neanche. Andiamo?" le chiedo piano, ho il timore che sia troppo per lei riandare anche se mi ha detto di sì. Non voglio costringerla a fare qualcosa che in realtà può farle male. Si gira a guardarmi e vedo che in realtà sta ancora decidendo, che non è convinta – poi mi prende la mano e mi trascina camminando all'indietro, senza mai smettere di guardami. –"Andiamo".

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Solo quando siamo ormai vicini alla casa sull'albero, molla la presa e va avanti per prima. Quando la raggiungo è già a metà delle scalette, nonostante un pezzo si sia rotto ieri. Scompare dentro e poi si affaccia, dicendomi di salire con un gesto. Entrando, la prima cosa che noto sono i disegni: ne è tappezzata. Ce ne sono di più infantili, probabilmente fatti da lei o da sua mamma quando erano piccole. Più in superficie, ce ne sono altri più dettagliati: immagini di giardini, di fiori, di persone sedute ad un caffè, di un gatto raggomitolato su una panchina. Sono così tanti che non riesco manco a guardarli tutti. Hyunjin ne andrebbe matto. In un angolo ci sono dei cuscini e diverse coperte. Deve essersi nascosta lì. Ci sono pennarelli e matite per terra un po' ovunque. Deniz è ferma in angolo della stanza a guardarmi, aspettando un mio commento o una qualche reazione. Continua a spostare il peso da un piede all'altro. Quando non ce la fa più, mi chiede –"E allora? Ti piace?".

Le stelle che ci guardano / bangchanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora