Capitolo 27

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Chan

Deniz si è alzata molto prima di me, stamattina. Deve ancora abituarsi al fuso orario: si è rigirata nel letto per un po', finché non ha deciso di alzarsi per lasciarmi dormire. La trovo seduta al tavolo davanti al pc, un ginocchio al petto e i capelli raccolti in una treccia che le ricade su una spalla, con solo una mia maglia addosso mentre beve il caffè concentrata su cosa ha davanti e fogli, matite e colori che la circondano. Potrei guardarla per tutta la vita e non mi stancherei mai. Mi siedo accanto a lei, poggiando la testa sulla sua spalla mentre lei mi bacia delicatamente fra i capelli ricci. –"Cos'è?", chiedo guardando lo schermo illuminato del suo computer. –"Il progetto di un albergo sostenibile a Istanbul. Sofia mi ha mandato una mail stanotte: il terreno è troppo piccolo per creare il giardino che voleva il cliente; quindi, sto cercando di portarlo dentro le mura, come se il palazzo stesso fosse il giardino". La sua voce è diversa, più determinata e sicura di sé, mentre mi mostra le bozze del suo lavoro, spiegandomi come intende farlo. L'ho sempre vista disegnare, ma mai così: ama il suo lavoro e ci mette veramente tutta sé stessa. Sento la passione per quello che fa nella sua voce, la vedo nei suoi occhi. –"Ti piace veramente tanto il tuo lavoro, eh?", dico prendendo in mano una delle bozze colorate per guardare meglio i tratti del disegno. Fa una risatina, stringendosi le ginocchia al petto. –"Questa è la parte che preferisco. Vedere il terreno vuoto e pensare ad esso come una tela bianca su cui creare qualcosa di mio, che resterà lì per anni e anni. Mi piace immaginare come sarà, disegnarlo mille e mille volte fino a che non sento che è giusto. Vado ai cantieri e seguo i lavori, ma è diverso...", parla con la testa appoggiata alle ginocchia, quasi imbarazzata di ciò che ha detto. Come se fosse qualcosa di strano o di impossibile da capire, qualcosa che non ha mai detto a nessuno. La guardo mentre si morde il labbro nervosa, studiando ogni mio movimento per capire cosa penso. - "Sei fantastica, lo sai?", la bacio sulla fronte provocandole una risatina imbarazzata. Le guance le diventano tutte rosse, mentre risistema i disegni, scuotendo leggermente la testa come a togliersi l'imbarazzo di dosso. Le metto un braccio intorno alle spalle e la più vicina a me, appoggiandole il mento sulla testa, sospirando. "Non voglio andare a lavoro", la voce mi esce in un sussurro. Ieri, uscire di casa mentre nel sonno mi ha chiesto di non lasciarla è stato una tortura. Sarei rimasto in quella camera da letto con lei per una settimana, per un anno – ma se non fossi andato a lavoro, mi sarei messo la direzione contro e non posso permettermelo, non ora. "Ma devi. Io starò bene. Ti aspetto qui", la sento rispondere mentre gioca con l'anello che ho al dito. Scuoto piano la testa. "No, esci. Visita la città. C'è uno dei palazzi reali, il Changdeokgung Palace, che ha un giardino segreto a cui poteva accedere solo la famiglia reale. Ti piacerà di sicuro". Non voglio che resti chiusa qui dentro per sicurezza, quando Seoul ha mille posti da vedere. Vorrei rivederli con lei, passeggiare mano nella mano ma non posso, non ancora. Gli occhi le si illuminano alla parola giardino e salta in piedi contenta, come una bambina che sta per andare a Disneyland. Ci cambiamo e le do qualcosa di pesante da mettersi addosso: non so che tempo ci fosse in Turchia, ma una felpa e una giacca invernale non bastano qui. Usciamo dalla porta sul retro del palazzo e la porto nel vicolo più lontano dove le chiamo un taxi. Ha la sciarpa pesante su fino agli occhi, da quanto ha freddo. Mi scappa una risatina a vederla tremare, nonostante dica che sta bene. Metto le mani nelle sue tasche e le metto due scaldamani che ho trovato in casa. Si rilassa immediatamente sentendo il caldo infondersi nelle ossa, nei muscoli. -"Non ho mai passato il mio compleanno così tanto al freddo, sarebbe bello nevicasse" dice, il respiro che forma delle piccole nuvolette bianche a contatto con l'aria. Mi giro a guardarla di colpo. -"E' il tuo compleanno?", mi fa un piccolo sorriso vedendo la mia espressione di sorpresa. –"Con il mio fuso orario, sì. Qua a mezzanotte". –"E non me l'hai detto?!", la mia reazione trasforma quel sorriso in una risata squillante. –"Sai, non è che ho avuto il tempo. Dovevo dirtelo ieri tipo "è il mio compleanno domani, comunque, mi piace quando mi baci lì, nell'interno coscia proprio..."", la spingo via scherzosamente, facendola smettere di parlare e la sua risata riempie il vicolo. Vedo il taxi che si avvicina a noi e le abbasso la sciarpa, per darle un bacio e sentire il suo sorriso sulle labbra. –"Organizzo qualcosa per mezzanotte, allora", le prometto. Ci scambiamo il numero di telefono nel caso dovesse succedere qualcosa e poi sale sul taxi. Aspetto finché non gira l'angolo, poi vado in studio, pensando per tutto il tragitto a come sorprenderla e alla riunione con i dirigenti.

Ieri non c'erano i ragazzi in studio, era il lorogiorno libero. Ho sentito solo Jeongin per messaggio quando mi ha detto che non sarebbe tornato a casa con tanto di occhiolino provocatore. Varcando la soglia oggi, li vedo tutti e sette lì, sdraiati sui divanetti in fondo allo studio di registrazione. Non faccio manco in tempo a togliermi la giacca che si fiondano addosso a me, riempiendomi di domande. Vorrei dirglielo subito ma hanno agito alle mie spalle. Hanno fatto bene ma posso divertirmi un po', no? Changbin lancia un urlo per richiamare la stanza all'ordine e cala il silenzio. –"Allora?Avete parlato?" chiede, guardandomi ma io non li guardo, non riuscirei a fare finta di nulla se lo facessi. Mi sfilo la giacca con una calma terrificante e, mentre la appendo, annuisco piano. Silenzio ancora. Aspetto che qualcuno esploda, facendo una scommessa nella mia testa su chi sarà il primo. Hyunjin, anzi no Han, penso. –"Hyyyyuuuung! Parla! Siete tornati insieme o no?",urla Han per richiamare la mia attenzione. Lo sapevo. Li guardo uno aduno, poi annuisco piano mentre sottovoce dico –"Si, siamo tornati insieme.", li ho di nuovo addosso ma non li scanso più via. La stanza si riempie delle nostre risate di gioia: le loro per me e la mia per Deniz. Mi avvicino alla mia sedia e mi ci butto sopra, leggero del peso che mi si toglie dalle spalle. –"Quindi, posso tornare a casa, ora?", chiede Jeongin guardandomi. Gli faccio un sorrisetto sbilenco. –"Mmmh mmmh, chiuderemo la porta, promesso" dico scatenando un'espressione di disgusto nel più piccolo che si gira verso Felix e Seungmin, pregandoli di farlo stare da loro. Rido ancora più forte, così tanto che mi fa male la pancia. –"E' bello vederti così, ci eri mancato", mi dice Felix guardandomi con un sorriso di sollievo sul volto. –"Io...Grazie. Vi sono davvero grato. Vi voglio bene, ragazzi", potrei commuovermi, sento già gli occhilucidi a pensare a ciò che hanno fatto per me. Sono stati loro a portarla qui, a fare i salti mortali per farci ricongiungere. Se non l'avessero chiamata, non l'avrei più rivista e sarei rimasto in quel limbo per sempre. Sento la mano di Changbin che mi stringe una spalla, mentre si schiarisce la voce. –"E ora? Quando parlerai con i dirigenti?". Faccio un respiro profondo. –"Tra un'ora, ho chiesto ieri di vederli", mi trema un po' la voce. Per fortuna, Deniz non si é accorta di nulla stamattina. Non volevo farla preoccupare. Sento ancora la voce del manager quella sera a Milano nella testa e ho il terrore che possa succedere di nuovo. Non potrei reggerlo un'altra volta, ma anche i ragazzi lo sanno. –"Veniamo con te" dicono all'unisono. –"Eh? Siete impazziti? Non dovete andarci di mezzo voi", dico. È un mio problema, ci hanno rimesso abbastanza. –"Hyung..." mi chiama Han ma non voglio sentire. –"Ho detto no!", alzo la voce dalla preoccupazione ma mai quanto Lee Know. –"Invece si!" urla, portando tutti gli occhi su di lui. Poi, abbassa la voce. –"Ascolta, non teniamo solo a te ma anche a Deniz. Vogliamo la vostra felicità, quindi veniamo", afferma non lasciando mai il mio sguardo. –"Faremo fronte unito, lo abbiamo sempre fatto" continua Hyunjin. Tutti annuiscono. Non riuscirò mai a fargli cambiare idea. –"Finirete nei guai..."dico sospirando, iniziando a cedere. –"Non sarebbe la prima e ultima volta" dice Seungmin vicino a me, scontrando la sua spalla con la mia. Vorrei continuare a dirgli di no, che andrò solo ma una parte di me li vuole vicino. Li ho già allontanati troppo in questi mesi, non voglio farlo ancora. –"Va bene" sospiro e loro si rilassano un po' di più. Io sono ancora più teso di prima. Un'ora. Sento l'ansia che mi attanaglia lo stomaco e il petto, mentre faccio finta di seguire la demo che sta preparando Han con gli altri. La mia mente è spaesata, avvolta nel trauma degli ultimi mesi. Non voglio rivivere quell'incubo e non posso farlo rivivere a Deniz. Cammino verso l'ufficio, con loro dietro di me, e più mi avvicino alla porta più il cuore si fa pesante. Vi prego, non di nuovo, penso. I ragazzi non parlano ma non mi lasciano solo, restano al mio fianco. Il mio piccolo esercito personale. Poi, si apre la porta. Non sono il tipo che prega, non perché non creda o altro, semplicemente non saprei da dove iniziare. Ma inizio a farlo varcando la soglia. Prego, con tutto me stesso, di riuscire a dare a Deniz non un regalo di compleanno, ma due.

Le stelle che ci guardano / bangchanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora