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Ci osservammo a lungo, entrambe senza dire una parola. Esaminavo nel dettaglio Eva e le sue espressioni da ormai un paio d'ore, precisamente da quando avevo iniziato a raccontarle di com'ero tornata a casa, con chi e quali fossero i miei veri rapporti con quello che avrebbe dovuto essere semplicemente il mio capo. Non era intervenuta, si era limitata a rimanere in silenzio scolando quasi completamente da sola la bottiglia di rosso che aveva portato.
Data la scarsità di ristoranti nelle vicinanze avevo preparato due toast sperando di farle mettere sotto i denti qualcosa oltre a tutto quell'alcol, ma il suo era ancora lì, come se fosse stata incapace di distogliere l'attenzione dal mio racconto.
Le sue labbra si erano increspate, tirate, dischiuse e cucite innumerevoli volte, ma i suoi occhi erano i veri oratori. Bastava uno sguardo per farmi comprendere cosa stesse pensando e se le mie intuizioni erano corrette, i pensieri si erano alternati tra la sorpresa, l'incredulità e l'essere cosciente di una realtà totalmente differente rispetto a ciò che credeva.
Prese un lungo sorso dal suo bicchiere da pasto – non ero ancora attrezzata con calici – e lo buttò giù quasi si fosse trattato di uno shot. Appoggiò il vetro sul tavolino e si rilassò ancora di più con la schiena contro lo schienale del divano.
«Sto cercando di elaborare il tutto, ma... Wow Olimpia», ruppe infine il silenzio. «Sei veramente una scoperta».
«Te ne avrei voluto parlare prima, ma avevo paura potessi giudicarmi male», ammisi.
Dopo aver parlato con Eva, censurando ovviamente le parti più importanti come la sera in cui era cambiato tutto, mi sentivo estremamente più leggera. Era bello poter fare affidamento su qualcuno, ma speravo solo di non essermi sbagliata sul suo conto.
La sua espressione divenne interrogativa. «Giudicarti per cosa? Perché il nostro capo ha una cotta per te?»
Molto probabilmente la mia faccia iniziò ad andare a fuoco nell'immediato e la mia amica dovette accorgersene perché scoppiò in una fragorosa risata.
«Adelwin non ha affatto una cotta per me!»
«Sì, certo. Come se uno come Adelwin Winter potesse trovarsi di proposito fuori da un locale come quello in cui siamo stati». Roteò gli occhi al cielo e scosse la testa come a voler ribadire l'ovvio.
«Dimentichi che era il compleanno di suo fratello».
«Oh no, non lo dimentico affatto. Forse sei tu che dimentichi che non si sopportano. Che senso ha andare al suo compleanno? E non sei forse tu che mi hai detto che ti ha invitata proprio davanti a lui?»
Accennai un segno affermativo con il capo.
«Ecco, capisci bene con chi hai a che fare Olimpia. Winter non è uno che si spreca in convenevoli. Fa quello che deve fare ed è dove sceglie lui di essere».
«Probabilmente voleva solo assicurarsi che non mi succedesse nulla per conto di mio padre».
«Certo, poi per conto di tuo padre inizia a fare il fidanzato geloso e sbatte la porta uscendo quando gli dici che hai baciato il fratello!»
Rimasi in silenzio ad elaborare le parole che mi aveva appena rivolto Eva. Dal suo punto di vista tutto sembrava quadrare, tranne un particolare decisamente non insignificante.
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Romantizm18+ | Adelwin Winter è un nome che risuona greve nella fredda città di Berlino. Chiunque riconosce il suo potere, teme il suo confronto, alimenta la sua fama di uomo più crudele e spietato nel campo degli imprenditori. Si possono contare sulla dita...