«Non mi hai ancora spiegato che ti hanno fatto di male gli Estoni».
«Allan, ti ha mai detto nessuno che non si origliano le conversazioni altrui?», mi rimbecca guardandomi di lato, mentre percorriamo a ritroso sempre la solita piazza.
«Punto primo: non stavo origliando un bel niente. Punto secondo: tu parlavi da sola, o hai ancora... com'è che si chiamava, quel tuo amico immaginario... dai hai capito!».
Alza una mano per interrompermi. «Hai anche un terzo punto?». La mia espressione deve rivelarle la risposta perchè mi sorride di scherno. «Ma certo che ce l'hai».
«Punto terzo: ti ho aiutata a salvare un abete».
«E infatti ti sto rendendo il favore. Chi è a spingere la carriola, adesso?», ribatte alzando i manici.
Credo che il suo intento sia quello di farmi sentire in colpa.
Molto in colpa.
E tutto perchè questa ragazza ha sempre trovato gratificante farmi ammattire.Dire che c'è riuscita è riduttivo.
Tamara Farnes mi ha reso ridicolmente folle per lei da ragazzo.
A un punto che non ho mai neppure sfiorato di nuovo.
Ma poi se n'è andata senza nemmeno salutare e non si è mai voltata indietro a controllare cosa avesse lasciato.
Quindi in questo momento, con lei qui accanto a me, nonostante i suoi tentativi, tutto posso provare fuorchè il senso di colpa.
Sapevo che sarebbe arrivata l'altro giorno, perchè in città sua nonna Iolanda non parlava d'altro da settimane.
Sono tornato da New York per passare del tempo con mia madre, un mesetto che mi viene concesso legalmente come ogni anno e potrei anche tentare di sostenere che la mia presenza in quella stazione fosse totalmente casuale.
Ma andiamo, non mi crederebbe nessuno.
La stazione dei treni di Whitefield non è sicuramente un luogo di interesse in cui bazzicare una mattina come un'altra.
Egoisticamente volevo essere il primo a rivederla, senza nessuno attorno.
Quando è capitolata a terra avevo già il dubbio che fosse lei, perché mai nessun altro paio di occhi ha mandato in subbuglio il mio stomaco al primo sguardo.
Ma è quando ha iniziato a fare le sue insinuazioni sul Natale, che ho realmente realizzato: la ridicola ragazzina con le trecce e i capelli viola, che ha tormentato il mio sonno per tutta l'adolescenza, era di nuovo davanti a me.
Ai miei piedi in realtà.
Ma non come il me ragazzo avrebbe sperato.
E adesso che invece è proprio al mio fianco, mi prendo tutto il tempo del mondo per guardarla. Mentre spinge una stupida carriola sull'asfalto, infagottata da capo a piedi in vestiti pesanti perché non ha mai tollerato il freddo, la punta del naso già arrossata, mi ritrovo a pensare che forse, dopo tutti questi anni, sarei ancora in grado di rendermi ridicolo per lei.
Ora apre la bocca rossa per lanciarmi qualche frase sarcastica, lo capisco dal piglio del suo sopracciglio più scuro dei capelli, ma non la sento.
È sempre Tammy, spaventava le mie fidanzatine della scuola elementare dicendo che avrei dato loro un "bacio salivoso con la lingua", sedeva davanti a me alle scuole medie solo per farmi vedere il dito medio dietro la schiena quando prendeva un voto più alto di me e mi lanciava occhiatacce nei corridoi del liceo, mentre camminava con le amiche ed io mi tenevo occupato con qualunque ragazza non fosse lei.
È lei, ma adesso porta i capelli più lunghi e le ricadono sulle spalle ed ha il corpo e il volto di una donna e non più quello di una ragazzina.
È cambiata anche lei, e tanto.
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La sciarpa che salvò (incasinò) il Natale.
Literatura FemininaTammy non odia il Natale. Tammy è la diretta discendente del Grinch, suo nonno in persona, che le ha insegnato come fingere entusiasmo di fronte alle sminuenti domande del resto dei parenti e tutto quello che sa su come scartare un paio di mutandoni...