Cap. 2 - Tammy. Il mio tacchino!

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C'è da dire che l'ho sempre detestato il Natale.

A partire dal dover invitare i parenti – e dico tutti – persino quelli che proprio non puoi vedere.

Poi sei costretta a spargere caldi sorrisi, mentre vieni riempita con interessanti spunti di conversazione come "Quando ti deciderai a trovare un vero lavoro?" o "Alla tua età ero già bella sistemata", pronunciate da quella zia di quarto grado che adesso vive sola, in una baita di montagna, con sette gatti maculati.

Ma ovviamente a te non è concesso prenderti del tempo per capire cosa vuoi farne della tua vita.

Quando ancora vivevo qui era leggermente diverso. Perlomeno avevo imparato a fingere buonumore e spiccato spirito natalizio, perché mio nonno – e lui aveva davvero la benedizione del Grinch in persona – è stato un ottimo maestro.

Con lui persino l'atmosfera di falsità di dicembre poteva sembrare divertente.

Ci sarebbe anche da dire che Whitefield non è di certo New York, ma sarebbe scontato.

Il luogo di maggior interesse è la piazza paesana, dove d'estate c'è il banconcino dei mutandoni della signora Fletcher e d'inverno quello delle noccioline calde, sempre vendute dalla signora Fletcher, che è un must! in paese.

Per chi abita qui è una specie di Beyoncé.

Una Beyoncé al declino della carriera, beccata dai paparazzi a svendere a metà prezzo mutande e noccioline tostate, ma pur sempre Beyoncé.

Cammino intorno alla piazza come un criceto nella ruota e mi infilo nel primo viale a destra con uno strano dubbio che pare perseguitarmi.

È ancora tutto spoglio, nell'aria non aleggiano irritanti canzoncine natalizie e non c'è l'ombra di biancospini. Le case non hanno l'aria di essere in festa.

Lì nell'angolo, neppure la nostra è stata ancora agghindata e che io ricordi, lo è sempre stata ad ogni singolo Ringraziamento che io abbia passato là dentro.

Arrivo di fronte al vialetto e raggiungo la porta attraverso il giardinetto esterno. Niente luci, niente pupazzi che muovono la testa a tempo di musica, nessuna voce all'interno.

Sto per bussare, quando noto con la coda dell'occhio la tendina della finestra chiudersi di colpo e un attimo dopo la porta si spalanca lasciandomi col pugno a mezz'aria.

Un marmocchio di dieci anni, veloce come il vento e più forte di come ricordavo, mi travolge rischiando di farmi finire ancora a terra.

«Tammy!»

«Eilà ometto». Passo una mano tra i boccoli biondi del mio fratellino e lui nasconde la testa sotto al mio braccio. «Ma chi sei diventato, Hulk?».

«Tammy lo sanno tutti che Thor è millemila volte più forte di Hulk!», mi canzona Freddie piantandosi le esili braccia sui fianchi.

«Mark Ruffalo avrebbe da ridire a riguardo».

«Tammy, Tammy! Lo sai che la nonna per Natale mi ha regalato l'action figure di Spiderman? Si muovono braccia e gambe!», strilla tirandomi per il lembo del cappotto.

Storco il naso. «E tu come lo sai?». Mio fratello si ferma e mi guarda con occhi complici, il suo mento si abbassa un filo. «Freddie! Hai sbirciato di nuovo sotto l'albero!».

«Veramente non abbiamo ancora un albero, nonna lo ha nascosto nella scatola dei biscotti. Se vuoi so anche dov'è nascosto il tuo...», sussurra con espressione tentatrice, mettendosi la manina accanto alla bocca.

Mi abbasso sulle ginocchia per essere alla sua stessa altezza. «Questo cambia tutto», gli bisbiglio a mia volta.

Freddie scoppia a ridere e poi si rannicchia tra le mia braccia. «Sei venuta davvero», dice e la nota incredula nella sua voce mi fa stringere il cuore.

La sciarpa che salvò (incasinò) il Natale.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora