Cap. 10 - Tammy. Sono stata in prigione solo per una notte.

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«Non credi che stiamo esagerando un po'?», gli chiedo sinceramente preoccupata, con gli occhi su quel cumulo di lucine ancora spente che ci fissa a un angolo della pista da pattinaggio.

È quasi ora di cena, il sole è già tramontato e se ne sono andati tutti, siamo rimasti solo noi due qua fuori.

Dopo aver fatto l'albero di Natale con la mia famiglia al completo e aver aiutato Freddie a mettere la stella sulla punta, sono corsa a vedere come procedevano i lavori dei volontari e a dare una mano a Garrett.

La pista è ultimata e da domani chiunque potrà sfrecciarci sopra.

Oppure caderci, a seconda dei gusti.

Ma manca ancora l'illuminazione e Garrett pare aver detto a tutti che potevano andare e che ce ne saremmo occupati noi due.

Così adesso ci ritroviamo qui, sotto i flebili lampioni, con fin troppe lucine da sistemare, il mio stomaco che continua a brontolare rabbioso e le punte dei piedi che mi stanno per cadere da quanto sono congelate.

«Le persone vogliono la magia e noi glie la daremo. Io comincio da questo lato, tu parti da laggiù». Snoda con facilità il primo lungo filo e aggira il laghetto ghiacciato per sistemarsi dietro al primo palo.

Faccio la stessa cosa, ma dal lato opposto. «Chi l'avrebbe mai detto che tornando a Whitefield sarei finita a mettere le lucine con Garrett Allan. Se non altro la vita ha un ottimo senso dell'umorismo».

«Il problema è che stai mettendo le lucine o che lo stai facendo insieme a me?»

«Credo entrambi». Mi sollevo sulle punte e appendo un capo al primo palo sulla destra. «Ehi, ti ricordi quando tua madre ci ha chiesto di decorare il vostro albero in soggiorno?».

«Vuoi dire quando abbiamo finito per decorare io la mia parte e tu la tua come se fossero due, gli alberi?». Scrolla le spalle, continuando il suo lavoro. «Vagamente».

Cerco di reprimere un sorriso. «Tu stavi mettendo le palline ed io le lucine...», gli ricordo.

Ora scuote la testa. «Le avevi sistemate tutte in cima solo perchè ti piaceva stare sulla scala e fingere di essere più alta di me. Continuavi a passarmi una mano sopra la testa e a farmi la linguaccia».

Abbandono lì le lucine e comincio a camminare verso di lui. Vado a sedermi sopra alla staccionata su cui sta lavorando. «Abbiamo iniziato a discutere e tu volevi appendere una pallina in mezzo alle mie lucine. Hai perso l'equilibrio e hai trascinato via tutto il mio lavoro. Non ho mai riso tanto come quel giorno».

Quando i suoi occhi si sollevano sui miei, vengono illuminati dalla leggera luce dei lampioni. Ora sono più verdi che mai. «Mi sembra di ricordare che subito dopo sei inciampata su una scatola di decorazioni e hai tirato giù un ramo intero».

Vero. «Tua madre ci ha proibito di toccare ancora quell'albero». Ridacchio e sistemo le braccia sotto al petto. «Come sta?».

«Si sta ancora riprendendo».

Inclino la testa. «Riprendendo da cosa?».

Garrett finisce di appendere la prima linea e distoglie lo sguardo dal mio. «Mio padre è morto tre anni fa, pochi giorni prima della mia laurea. Aneurisma cerebrale».

I miei polmoni si svuotano di colpo.

L'aria sparisce da qualche altra parte ed io continuo a fissarlo senza potermi muovere, mentre lui non la smette di armeggiare con le lucine.

Era riservato e un po' burbero con chi non faceva parte della sua famiglia, ma ho visto quell'uomo praticamente ogni giorno che io abbia mai passato qui a Whitefield.
E sopratutto ho visto il rapporto che aveva con Garrett.

La sciarpa che salvò (incasinò) il Natale.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora