Ventisei anni prima...

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Erano anni che al Weeks Medical Center di Whitefield, nel New Hampshire, non nasceva qualcuno la notte di Natale.

In fondo, era un giorno come tanti altri, ma sembrava essere più selettivo di qualsiasi altro. Sceglieva con cura i bambini da far venire al mondo sotto alla sua protezione.

A Whitefield c'era una leggenda, radicata da decenni ormai. Ogni bambino nato nella notte di Natale, riceveva una benedizione unica. Quando il primo fiocco di neve toccava la terra, generalmente il giorno della Vigilia, gli spiriti del Natale scendevano dai cieli, selezionavano con cura i bambini che sarebbero nati in quella notte, riempiendoli di luce e calore.

Si diceva che questi bambini crescessero con un cuore più grande, capace di comprendere e amare più profondamente. Avevano la capacità di portare luce nei momenti bui.

La loro risata era contagiosa come una melodia natalizia e il loro sorriso poteva sciogliere anche il gelo più duro.

Nemmeno ventiquattro ore prima, una nevicata aveva coperto la cittadella, che adesso sembrava nascondersi timida sotto a quel un manto bianco.

Proprio come il bambino che provava a nascondersi dietro le gambe della madre, mentre lei cercava in tutti i modi di entrare nella stanza, trascinandoselo dietro.

«Avanti Garrett! Non vuoi conoscere la tua nuova amica?»

Garrett non era sicuro di volere una nuova amica. Non era sicuro neanche di averne avute di vecchie, tanto da poter considerare lei quella nuova.

Aveva 1 anno e un po' di mesi, era troppo piccolo per sapere quanti, ma sapeva di aver cominciato a camminare senza più cadere e che gli piaceva tanto giocare con i mattoncini colorati.

Alla sua nuova, così aveva deciso di considerarla, sarebbe piaciuto giocare con i mattoncini?

La mamma del bambino lo spinse davanti a sé, invitandolo a camminare fino ad un letto, dove c'era una seconda donna, adesso mamma, sdraiata sopra.

Accanto c'era una poltrona, dove sua madre lo fece arrampicare, per vedere meglio.

«Ciao Garrett», gli disse la donna.

Lui sorrise educatamente, ma stava fissando di soppiatto quello strano fagotto che lei sembrava stringere tra le braccia.

Non capiva bene perché avesse deciso di sbucare fuori proprio il giorno di Natale, rovinandogli il momento dell'apertura dei regali. La sua mamma lo aveva interrotto proprio sul pacchetto più grande, prendendolo in fretta in braccio e saltando in macchina.

Poi, si era ritrovato in quella strana stanza, dove tutti stavano in piedi attorno a quel fagotto di coperte, di cui non si vedeva altro.

Per un attimo ebbe paura che fosse quello il suo regalo. Credeva si sarebbe messo a piangere dalla disperazione.

La donna sul letto lo guardò con un sorriso e qualche lacrima che le scivolava dall'angolo dell'occhio. «L'abbiamo chiamata Tamara. Ti piace?».

Garrett scosse la testa e tutti i presenti nella stanza risero.

«Potreste andare a scuola insieme un giorno. Tamara è nata prematura, come tutti i bambini che hanno una voglia matta di cominciare a vivere».

«Potrebbe essere una primina e diventare la tua compagna nelle future esperienze», gli fece sua mamma

Garrett non la voleva una compagna, quel fagotto era soltanto la sua nuova.

Si sporse ancora di più dal bracciolo della poltrona, allungando il mento per riuscire finalmente a vedere qualcosa.

La donna intuì subito cosa cercasse di fare e le avvicinò la bambina. «Eccola. Tamara, ti presento Garrett».

Garrett la studiò deluso.

Quella cosa di certo non camminava e non poteva giocare insieme a lui.

Allora cosa avrebbe dovuto farsene?

Era rugosa, imbronciata e non si vedeva nemmeno se avesse davvero gli occhi.

Ed era... piccola! Come poteva essere la sua nuova, quando era così piccola?

Lui era abbastanza sicuro di non essere mai stato così, perciò dovevano averla mandata difettosa. Si chiese se avesse dovuto farlo presente agli adulti là attorno.

Poi però, il fagotto si mosse e come se riuscisse a percepire la sua presenza lì di fianco, allungò quello che sembrava un braccio minuscolo e con le dita chiuse a pugno verso di lui.

Lui lo fissò confuso.

La donna che la teneva in braccio adesso stava praticamente piangendo, come del resto tutti gli altri attorno. «Credo ti stia dando la mano. Per conoscerti».

Lui non capiva perché le servisse la mano, per conoscerlo, ma allungò lo stesso la sua, coprendo quella di lei.

Quando la toccò, bastò un attimo prima che lei gli afferrasse un dito, sempre con gli occhi sigillati, strizzandolo appena, per quanto la forza le consentisse.

Si sentì sopraffatto da una sensazione di calore al petto.

«Credo tu le piaccia», ridacchiò la sua mamma, posandogli una carezza sulla spalla.

Anche a lui piaceva, la sua nuova.

Forse non avrebbe giocato con lui ai mattoncini. Ma magari poteva continuare a stringergli il dito mentre lui lo faceva, proprio come adesso.

Quella sensazione di calore, si fece sempre più accogliente, più rimaneva lì a guardarla.

L'avrebbe protetta.

Ogni volta che lei gli avesse stretto il dito, lui decise che l'avrebbe protetta.

«Allora, adesso ti piace il nome Tamara?», provarono a chiedergli ancora una volta.

Lui non rispose subito, ma pensò a quel nome nella sua testa e a quanto gli sembrasse complicato. «Tams», cercò di pronunciarlo, senza mai staccarle i teneri occhi di dosso.

Nessuno gli fece notare che non l'aveva detto bene.

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AriHOLA!!! :)
Questo capitolo lo pubblico adesso, ma verrà messo più indietro nella storia, credo dopo la realizzazione di Tammy di aver rivisto Garrett🫶🏻
E così, ecco come si sono conosciuti🩵

- Jackye :)🩵❄️

La sciarpa che salvò (incasinò) il Natale.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora