Sedici anni prima...

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Quell'anno, la Vigilia di Natale a Whitefield era la più fredda e nevosa che i suoi abitanti avessero mai assaporato.

Il villaggio era avvolto in un'atmosfera magica. Insomma, lo era sempre, ma ogni volta pareva lo fosse un po' di più.

Tammy e Garrett erano là fuori, con dei pesanti giubbotti che le loro mamme li avevano obbligati ad indossare e di cui non erano particolarmente contenti.

Le loro famiglie avevano appena terminato il pranzo della Vigilia e quell'anno avevano deciso di farlo tutti insieme. C'erano i nonni di Garrett e anche quelli di Tammy.

Garrett era stato seduto davanti a lei per tutto il tempo e l'aveva osservata mangiare, cercando di fregarle le patate dal piatto, solo per vedere come le sue guance diventavano rosse dalla rabbia.

Ad un certo punto però, l'aveva colpita con un innocente calcio sotto al tavolo, dicendole che non sarebbe riuscita a fare un bel pupazzo di neve, nemmeno dopo la nevicata di quella notte.

Tammy non ci aveva messo molto a guardarlo incattivita e a lanciarsi giù dalla sedia.

Prima che si buttassero addosso alla porta d'uscita però, le madri li avevano incastrati nell'opera di imbottitura.

Loro volevano solo essere liberi di sentire il fresco sulle giovani pelli.

E in più non volevano assolutamente essere lì insieme, in quel momento.

O forse lo volevano troppo.

Stavano lavorando da ore intere, facendo rotolare palle di neve sempre più grandi per costruire il corpo, sulla strada davanti a casa di Garrett. Alla fine si erano ritrovati a collaborare, per creare il pupazzo migliore di sempre.

«Dovremmo dargli un nome», ragionò Tammy, modellando la testa.

«Tu vuoi sempre dare un nome a tutto», la rimproverò Garrett, solo per il gusto di farlo.

Tammy lo guardò storto. «A te piacerebbe essere senza nome? Perché se è così, smetterò di chiamarti Garrett già da subito».

Lui ridacchiò e non dissero altro, riprendendo a lavorare.

«Mancano solo il naso e gli occhi», fece notare Tammy dopo un po', pulendosi via la neve rimasta dalle mani guantate.

«Non possiamo lasciarlo così?», propose Garrett, che voleva solo andarsi a bere una cioccolata calda al Nory's e guardare Tammy che si sporcava puntualmente la punta del naso.

Lei lo guardò con un'aria fin troppo adulta, per avere appena dieci anni. «Non essere sciocco. Come farà a parlare con gli altri pupazzi, se non gli diamo una bocca?».

Garrett sbuffo, ma annuì. «Vado a cercare nel capanno».

Poi corse verso la piccola struttura a lato della sua casa.

Mentre lui era via, Tammy decise di decorare il pupazzo con la sua sciarpa e il cappello che la mamma si era raccomandata non si togliesse mai, per non far prendere freddo alle orecchie e al collo.

Ma proprio mentre li stava sistemando entrambi, sentì uno scricchiolio e si voltò di scatto.

Un gruppo di ragazzi di un paio d'anni più grandi, capitanati da Billy, il bullo della scuola, si avvicinava con un carretto alle spalle.

«Ma che bel pupazzo di neve», le disse Billy, con un sorriso sdentato e malizioso. «Vediamo come resiste a un attacco!».

Tammy si piazzò davanti al pupazzo, decisa a proteggerlo. «Non vi avvicinate».

In quel momento, Garrett tornò con una carota in mano e dei bottoni nell'altro e vide la situazione.

Senza pensarci due volte, lanciò la carota verso Billy, colpendolo dritto in fronte.

Billy, sorpreso e infuriato, urlò: «Attacco!».

Ma prima che potesse succedere qualsiasi cosa, Tammy gli sferrò un calcio dove non batteva il sole e lui fu costretto a piegarsi e a portarsi le mani in basso.

Garrett si coprì la bocca con la mano, poi scoppiò a ridere.

In un attimo i bulli batterono in ritirata, fuggendo via con il loro carretto.

Tammy si scrollò le mani, con aria vittoriosa. «Ecco come si protegge un pupazzo di neve».

«Sei impazzita! Guarda che fa un male cane!»

Lei scrollò le spalle. «Pazienza». Afferrò le cose dalle mani di lui e cominciò a dare un volto a quel pupazzo.

Prima la bocca, infine gli occhi.

Si allontanò di un passo, per poterlo ammirare da più lontano e il suo petto di gonfiò di soddisfazione. «Blizz», disse fiera. «Il pupazzo di neve che sarà ricordato per sempre».

Di colpo qualcosa la prese dritta alla nuca.

Si voltò di scatto, portandosi una mano nel punto colpito, e vide Garrett accucciato, intento a raccogliere una manciata di neve, che un secondo dopo la prese di nuovo in pieno.

Un angolo della bocca di Garrett si sollevò, in un sorriso birbante. «Avanti Tams! Non fare la femminucc-».

Non potè finire la frase perché una palla di neve gli finì dritta in bocca, portandolo a masticarne e sputacchiarne un po'.

Tammy aveva le braccia incrociate al petto, con aria di superiorità. Sapeva di avere una precisione millimetrica.

Garrett la guardò e sorrise ancora, come faceva sempre e come nessun'altra bambina lo portava mai a fare.

Ma lei era l'unica con cui sentiva di poter fare di tutto.

Ma anche che qualsiasi cosa lui facesse, lei si sarebbe arrabbiata.

Per questo le tirò un'altra pallata di neve.

E un'altra ancora.

E lo stesso fece lei.

Fin quando non si sentiva altro che la vivace risata di Garrett, e gli spassosi insulti di Tammy.

_❆ . ❆ ❆ ❄️ ❆ ❆ . ❆_

AriHOLA!!! :)
Questo è un esperimento e per questo ho assoluto bisogno che mi facciate sapere se vi piace oppure no! Vorrei inserire delle scene del genere (dei loro Natali da bambini) ogni tot. capitoli della storia. Proprio come questo: brevi e in terza persona, per farvi conoscere come erano prima questi due. E vorrei aggiungerne un altro anche in mezzo ai capitoli che sono già usciti, vediamo...
Li trovo carinissimi e soprattutto mi sarebbero utili per rivelare una cosa importante più avanti🙊
Fatemi sapere se l'idea vi piace o meno!

- Jackye :)🩵❄️

La sciarpa che salvò (incasinò) il Natale.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora