Venti giorni a Natale...
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Questo è il giorno più bello della mia vita.
Garrett Allan ha una lunga barba bianca che gli scende sopra alla pancia imbottita, dei minuscoli occhiali rotondi calati sul naso e un sofficissimo cappello rosso.
È seduto su una comoda poltrona rialzata, proprio sotto al grande albero in piazza e una mandria di bambini sta in fila di fronte a lui, in attesa del proprio turno.
«Oh-oh-oh, quindi ti chiami Sophie. Lasciami controllare, ma mi sa proprio che sei nella lista dei buoni quest'anno. Per un pelo però!», esclama con una voce camuffata, facendo ridacchiare la bambina che va a sedersi sulle sue ginocchia. Finge di rubarle il naso e lei si indigna provando a riprenderselo.
Mi porto una mano alla bocca per nascondere una risata, poi la mia attenzione viene catturata dalla figura al suo fianco. Una mano, o meglio una zampa, sventola verso la mia direzione. «Tammy! Sono io, Dylan!».
È dentro il costume di una renna che gli lascia scoperta solo la faccia ed era accovacciato accanto a Babbo Natale fino ad un attimo fa, ma ora si solleva in piedi per salutarmi.
«Le renne non stanno su due zampe», lo rimprovera la bambina, guardandolo male.
Lui ricambia la sua occhiataccia. «Quando salutano qualcuno sì».
«Le renne non parlano».Adesso Dylan comincia a scaldarsi. «Stammi a sentire mocciosa...».
Ma Garrett lo interrompe in fretta: «Oh-oh-oh d'accordo! A cuccia Rudolph. Allora bambina, vuoi confidare a Babbo Natale cosa vorresti trovare sotto l'albero?». La bimba porta una mano alla bocca e si arrampica per arrivare al suo orecchio. Gli occhi di Garrett sorridono. «Oh, è proprio un bel regalo. Metterò subito all'opera i miei elfi».
Solleva lo sguardo e i suoi occhi incontrano all'istante i miei, sapendo già dove trovarmi.
Di colpo si illumina. «Eccone una laggiù! Oh, ma che furfante, dev'essersi tolta l'uniforme mentre non guardavo. Questi elfi, non hanno mai voglia di lavorare. Perchè non mi aiuti a chiamarla?».
La bambina punta i suoi occhietti verso di me e mi fa cenno con la mano di raggiungerla. «Signorina elfa!», cantilena.
«Signorina elfa!», le fa eco Garrett, sfidandomi con gli occhi.
Io mi guardo attorno, cercando in fretta una via di fuga, ma poi qualcosa mi colpisce dietro al ginocchio e senza lasciarmi il tempo di capire, comincia a trascinarmi in avanti, verso la poltrona di Babbo Natale.
«Se io sono una dannata renna, allora tu sarai un dannatissimo elfo, Tammy. Bentornata a Whitefield». Dylan continua a spingermi finchè non arrivo di fronte a Garrett e alla bimba.
Poi, si accuccia nella stessa posizione di prima, fingendo di leccarsi una zampa, con l'aria innocente.
Garrett mi fissa divertito, ma prova a mascherarlo con della finta irritazione. «Allora? Dove sono i tuoi vestiti da elfa? Vogliamo delle spiegazioni, vero Sophie?».
Lei incrocia le braccia al petto e mi guarda con le piccole sopracciglia alzate. «Sì, le vogliamo».
«Babbo Natale», gli dico, «stavo solo andando a cercare una ciambella. Ero mooolto affamata».
«Ah! Tu e la tua golosità, mangiare durante l'orario di lavoro! E chi preparerà i regali per tutti questi bambini? Corri a vestirti, presto, manca pochissimo a Natale!»
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La sciarpa che salvò (incasinò) il Natale.
ЧиклитTammy non odia il Natale. Tammy è la diretta discendente del Grinch, suo nonno in persona, che le ha insegnato come fingere entusiasmo di fronte alle sminuenti domande del resto dei parenti e tutto quello che sa su come scartare un paio di mutandoni...