Fisso il bicchiere di carta del caffè mentre Lola mi parla di qualcosa a cui non do ascolto. Forse mi starà raccontando di mio fratello e di quanto la faccia stare bene. O forse di quanto sia felice di poter studiare Psicologia al King's College.
Sono trascorse poche settimane dalla morte di papà. Due lunghe settimane in cui non ho fatto altro se non piangere la notte e dormire il pomeriggio, accantonando lo studio. Mi sento vuota. Ho l'anima in frantumi e tanta voglia di urlare, di riavvolgere il nastro.
O di scomparire. Dipende dai punti di vista.
Sì, scomparire è la migliore opzione.
Non vedo Charles dal funerale. Tengo le distanze da lui anche se non dovrei. Dopotutto è il mio ragazzo. Dovrei aggrapparmi a lui e lasciare che si prenda un po' della mia sofferenza. Forse non voglio. Lui non può capirmi. Non potrà mai mettersi nei panni di una persona che ha perso un padre. Lui ce l'ha. È vivo. Lo sostiene, gli vuole bene.
Io no.
Non sentirò più la voce di papà.
Non potrò più abbracciarlo e contare su di lui se qualcosa va male.
Non lo sentirò più ridere o dirmi ti voglio bene.
Non potrò più dirglielo.
Non mi sentirò più chiamare cariño.
Non potrò più abbracciarlo.
Non potrò fare nulla.
Di lui mi restano solo i ricordi.
La sofferenza.
Il dolore che continua a lacerarmi l'anima.
L'assenza.
La voglia di rompere qualsiasi cosa sotto mano.
Oh, non avere più papà è una perdita che non auguro a nessuno.
Nemmeno al mio peggior nemico.
«Vic, hai capito?» mi risveglia dai pensieri la mia amica.
«Cosa?»
«Charles ti sta chiamando», lo indica con il mento e, distratta, la ringrazio.
Lo raggiungo nel corridoio. Charles non mi bacia, non mi abbraccia. Lo seguo verso le scale e ci sediamo. Porto le ginocchia al petto e restiamo in silenzio per qualche minuto. Il disagio si può tagliare con il coltello. Giocherella con i braccialetti e sospira.
«Cosa ci sta succedendo?» chiede, il tono debole.
«Non lo so...» mormoro.
«Non ci vediamo da settimane. Non mi hai cercato»
«Potevi farlo tu. Non mi hai chiesto nemmeno come stessi dopo il funerale!»
«Quindi la colpa è mia?» domanda Charles, inorridito.
«E di chi, se no? Sono stanca di assumermi colpe che non ho se le persone che mi circondano mi fanno del male».
Proseguono altri istanti di silenzio. Charles passa una mano tra i capelli e sbuffa. Io torturo le pellicine.
Potrebbe sembrare una situazione strana. Avrei potuto cercarlo, certo, ma la mia voglia finora è stata pari a zero. Ho trascorso le giornate a letto e mi sono alzata solo per aprire a Carlos. Poverino, anche lui sta soffrendo e si è incaricato di portarmi da mangiare. Ho saltato la scuola, e solo oggi mi sono decisa a tornarci. Parlare con Charles non rientrava nei piani. Non ho voglia di discutere. Sono stanca. Ho bisogno di evadere da questa realtà.
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Victoria // Charles Leclerc
FanfictionVictoria è una ragazza la cui vita non è stata per niente facile a causa degli insulti di Lando, il migliore amico di suo fratello Carlos. Charles è quel tipo di ragazzo che ama studiare, e gli viene affibbiato l'incarico di tutor affinché Victoria...