19. (L)

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LANDO

Ultimo giorno di scuola dell'ultimo anno. Molti studenti sono tristi perché diranno addio ai propri amici, io mi sento sollevato. Non vedrò più facce di cazzo. Incluse quelle dei professori che volevano affibbiarmi corsi extracurriculari per alzare la media.

Ho studiato non per agguantare i voti più alti, ma per sopravvivenza, per prendere un dannato pezzo di carta e accedere al college. L'ho fatto per mio padre, per quell'uomo che mi manca più di qualsiasi altra persona al mondo. Essere stato accettato dal King's è stato un enorme traguardo, che dedico a lui.

Se solo fosse qui e vedesse quanto ci sto provando ad essere una persona migliore...

Prima di morire gli avevo promesso che avrei fatto di tutto per renderlo fiero ma, più passa il tempo, più mi sento un fallito. Sto sbagliando tutto. Da quando lui non c'è più sono cambiato in peggio, riversando i dispiaceri nell'alcol e nel sesso, sfruttando la bontà di Katie e umiliando la sorella del mio migliore amico. Colei che ora sta con un altro perché vuole insabbiare quello che abbiamo avuto.

È proprio quello che mi tiene a galla e mi permette di infastidirla ancora.

Il problema è un altro, però.

Il problema è che io, di Victoria, mi sono innamorato.

Sono anni ormai che fingo di odiarla, di prenderla in giro e di nascondere i miei sentimenti. L'ho ferita tante, tantissime, volte. I suoi occhioni da cerbiatta velati di lacrime dominano la mia mente da anni. È un ricordo indelebile, segno che la mia coscienza vuole torturarmi e ritorcermi contro tutto il dolore che le ho inflitto.

Un po' me lo merito.

Anzi, me lo merito.

Merita un ragazzo migliore di me.

Merita Nicholas Callahan.

Lui, il ragazzo perfetto.

Lui sì che potrebbe darle un futuro concreto e senza sofferenze.

Sbuffo e spengo il mozzicone nel posacenere. E poi ci sono io di Kathleen Glasgow mi fissa, implorandomi di leggerlo. Ho comprato il libro poco dopo l'uscita, attirato dalla trama, inconsapevole che quello che stava passando la protagonista lo stesse vivendo anche Victoria.

Troppo male le ho causato.

Il karma mi ha già colpito, in realtà.

Non è più mia.

Non lo è mai stata.

Devo accettarlo. Ma come si fa?

Anche quando se ne sta completamente immobile, si capisce che dentro le stanno succedendo un sacco di cose e questo non è un bene.

Questa frase la collego a lei. Mi bastava guardarla una sola volta per capire che nella sua testa c'era un uragano di emozioni. Soffriva in silenzio. Tuttora lo fa.

Vorrei starle accanto, aiutarla a superare la perdita del padre.

In ospedale è bastato uno sguardo per farle capire che io conosco quel dolore, che avrei voluto esserci se solo Charles si fosse levato dai coglioni.

Perdere un padre è una mazzata sui denti.

Nessuno potrà mai comprendere la sofferenza nel perdere l'unica persona con cui hai avuto un rapporto stretto. Nessuno potrà mai colmare quel vuoto. Di mio padre mi fidavo ciecamente. Lui credeva in me, nelle mie capacità, e mi spronava a fare sempre meglio.

Un tumore al pancreas me l'ha portato via.

Una delle malattie più brutte che esistano.

L'ho visto dimagrire giorno dopo giorno, fino a spegnersi completamente nel giro di poche settimane, delle occhiaie a incorniciargli il viso pallido, così com'era il suo corpo. Pallido e freddo.

Victoria // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora