24 - Che Ci Fai Qui?

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Il tramonto di questa sera, venticinque marzo duemilaventitré, è uno spettacolo meraviglioso che sembra dipinto sulla tela del cielo. Man mano che il sole scende verso l'orizzonte, i suoi raggi si fanno sempre più deboli, ma al tempo stesso più intensi, come se volessero imprimere per l'ultima volta i loro colori sul mondo prima di sparire. Il cielo, che all'inizio del giorno era limpido e sereno, si è tinto di una tavolozza delicata: il rosa pastello si mescola a sfumature di viola e blu scuro, creando un contrasto che trasmette una sensazione di calma e malinconia. Osservo queste meravigliose trasformazioni dal mio balcone, il luogo dove, ogni volta che ho bisogno di riflettere, mi rifugio. È il mio spazio sicuro, dove posso osservare il mondo che mi circonda e, al tempo stesso, allontanarmi dai miei pensieri.

Sono tornata a Genova da pochi giorni. Mi trovo qui, nella mia città natale, perché Dušan, l'uomo che amo, mi ha implorata di lasciarlo solo per un po'. Mi ha chiesto di dargli lo spazio necessario per risolvere i suoi problemi senza coinvolgermi. Mi ha ripetuto più volte, con quella sua voce stanca e preoccupata, che non era mia responsabilità aiutare, che dovevo starmene alla larga. Sapevo che lo faceva per proteggermi, ma ciò non rendeva la situazione meno dolorosa. In una relazione, i problemi di uno inevitabilmente diventano anche quelli dell'altro, e mi sembrava ingiusto essere tenuta fuori da tutto ciò. Avrei voluto stargli accanto, sostenerlo, ma Dušan era stato irremovibile. Il suo timore che le accuse che lo perseguitavano potessero coinvolgermi era diventato quasi tangibile. Lo sentivo ogni volta che ci guardavamo, ogni volta che le sue parole diventavano più dure e meno concilianti. Era come se avesse eretto un muro tra noi, fatto di preoccupazioni, colpe e responsabilità non condivise.

Il pensiero mi logora. Con un gesto automatico, accendo la mia sigaretta elettronica. Aspiro profondamente, sperando che quella nuvola di vapore mi aiuti a trovare un po' di pace, anche solo per qualche istante. Ma la tranquillità dura poco. All'improvviso, sento una mano afferrarmi la spalla con forza. Il gesto è brusco, quasi minaccioso. Il mio corpo reagisce d'istinto: mi giro di scatto, il cuore che batte furioso nel petto.

Davanti a me, con un'espressione che oscilla tra il pentimento e l'audacia, c'è Lorenzo. Non lo vedevo da mesi e non lo volevo di certo vedere ora, non qui.

– Lorenzo, che ci fai qui? – La mia voce tradisce la sorpresa, ma cerco di mantenermi calma. Mi alzo lentamente, fissandolo negli occhi.

– Mia, stai tranquilla – risponde lui, con un sorriso incerto, quasi a voler sembrare rassicurante, ma non ci riesce. – Volevo solo chiederti scusa.

Rimango senza parole per un attimo, incredula.

– Dopo avermi quasi abusata? Dopo aver creato quel caos nella vita di Dušan e avergli distrutto sia la carriera che la reputazione? – La mia voce si fa più dura, più tagliente. Il rancore che ho cercato di reprimere per mesi riaffiora improvviso. – Hai una bella faccia a venire qui! –

Faccio un tiro dalla mia sigaretta, cercando di calmarmi, ma l'aria sembra ancora più pesante.

Lorenzo abbassa lo sguardo, poi, con un tono che sembra quasi sincero, mormora: – Non avrei dovuto... – Si avvicina, afferrandomi delicatamente la mano.

Il contatto mi fa rabbrividire. C'è qualcosa di profondamente sbagliato in tutto questo.

Dio, spero che questo sia solo un brutto sogno.

– Sì, va bene – dico, cercando di liberarmi dalla sua presa senza fare scenate. – Ora sei pregato di uscire da casa mia. Grazie mille e buona giornata. – Le parole escono più fredde di quanto avessi pianificato, ma non riesco a trattenermi.

Lorenzo non si muove subito. Mi guarda per qualche secondo, come se cercasse di trovare il coraggio di dire qualcosa, o forse di fare altro. Poi, senza preavviso, si china verso di me e mi lascia un bacio rapido sulle labbra. Un gesto improvviso, scioccante, che mi paralizza per un istante. Ma poi il mio corpo reagisce: senza pensarci, la mia mano si alza e lo schiaffeggia con forza sulla guancia sinistra.

– Non permetterti mai più! – Gli urlo, mentre il suono dello schiaffo rimbomba ancora nell'aria. – Ora esci! –

Lui si allontana, tenendosi la guancia con una mano, lo sguardo abbassato. Non dice nulla. Esce dalla mia casa con la coda tra le gambe, lasciandomi lì, nel silenzio opprimente che segue ogni conflitto.

Occhi Magnetici - Dušan Vlahović.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora