4 - Piacere, Andrea

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Una volta arrivata a destinazione, scendo dal treno che da Genova mi ha portata a Torino Porta Nuova. Un vento leggero e fresco mi avvolge completamente, dandomi un caloroso benvenuto. Trascino la valigia e scruto l'orizzonte, cercando di orientarmi. Decido di contattare Filippo.

"Sono arrivata, dove sei?" chiedo al telefono.

"Oh, scusa, non ti ho avvisata. Mio figlio è in macchina fuori dalla stazione. Dovrebbe avere una Jeep."

"Grazie."

Chiudo il telefono, lo metto in tasca e mi giro, cercando con lo sguardo una Jeep. La vedo parcheggiata poco lontano. Mi avvicino cautamente e mi affaccio dal finestrino.

"Sei tu il figlio di Filippo Cambiaso?" chiedo per conferma. Il ragazzo all'interno annuisce, poi scende dalla macchina e mi aiuta con la valigia, mettendola nel bagagliaio.

Indossa una camicia di lino bianca, jeans, Adidas bianche e un paio di occhiali da sole che coprono completamente il suo sguardo. Mi apre la portiera e mi sorride leggermente. Entro nell'auto e ci mettiamo subito in viaggio.

"Non mi sono presentato, piacere, Andrea," dice sorridendo mentre guida con una mano e cambia marcia con l'altra.

"Piacere, Maria, ma chiamami Mia," rispondo sorridendo.

"Sei anche tu figlia di Filippo, vero?" ridacchia Andrea, con un sorriso molto simile al mio.

"Indovinato," dico giocherellando con gli anelli.

"Non pensavo di avere una sorellastra," ammette, accelerando leggermente.

"Ed io un fratellastro," rispondo secca.

"Siamo in parità," ride.

"Ho scoperto solo l'altro giorno di avere te. Mia madre ha perso tre bambini dopo di me; era destino che solo tu dovessi essere mia sorella," ammette guardando l'orizzonte.

"Non affrettiamo le cose. Filippo non ha mai voluto sapere nulla di me per ventitré anni. Non credo che adesso voglia essere un padre presente per tutta la vita... potrebbe andarsene da un giorno all'altro," rispondo sincera.

"Hai ventitré anni?" mi domanda.

"Esatto, tu ventiquattro," sospiro.

"Quindi papà ha tradito mia madre con tua madre?" chiede incuriosito, anche per lui tutto questo è nuovo.

"Non so nulla. Sono venuta solo per chiarire questa situazione," ammetto.

"Sono abbastanza sconvolto," ammette guardandomi.

"Non devi dirlo a me," alzo le mani in segno di resa.

Arriviamo alla villa di Filippo e posso osservare ogni singolo dettaglio gotico che la casa possiede.

"Grande, vero?" chiede Andrea togliendosi gli occhiali da sole, rivelando i suoi occhi castani.

"Esatto," ammetto.

"Abito in una casetta abbastanza piccola con un maestoso giardino. Sono un pollice verde," continuo.

"Come ti sembrano le piante allora?" mi chiede.

"Potrebbero essere innaffiate un po' di più. Non vi farà male," ridacchio.

"Non me ne intendo, e poi passo tutta la giornata ad allenarmi," ammette.

"Palestra?" chiedo innocuamente.

"Sono un calciatore," risponde.

"Ah, sei uno di quei ricchi sfondati che corrono avanti e indietro per un pallone, capisco," sbuffo. Non c'è proprio meritocrazia per chi fa mille sacrifici per portare qualcosa da vivere a casa.

"Hai un'idea sbagliata dei calciatori e lo vedrai se un giorno verrai ai miei allenamenti o, meglio ancora, a una partita," ammette sistemandomi il ciuffo dei capelli dietro l'orecchio.

"Sono più che onorata," ridacchio leggermente.

Andrea parcheggia l'auto e scendiamo. La villa è imponente, con dettagli architettonici che raccontano storie di un passato ricco di fascino. Mentre ci avviciniamo alla porta, il mio cuore batte all'impazzata. Oggi potrebbe essere il giorno in cui finalmente conoscerò mio padre e forse capirò qualcosa in più di me stessa.

Occhi Magnetici - Dušan Vlahović.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora