Capitolo 17

90 9 2
                                    

"Didn't have a dime but I always had a vision. Always had high, high hopes"

Panic! At The Disco - High Hopes








Non ce la faceva più. La sensazione alle braccia era completamente svanita. Lo avevano lasciato penzoloni per così tanto tempo che il peso del suo corpo era ormai insostenibile. Le mani erano gonfie, gonfissime, e riusciva a stento a muovere le dita, solo per evitare che si intorpidissero del tutto.

La distanza dal pavimento era minima, ma sufficiente a trasformare quel momento in una tortura inesorabile. Un "divertente" passatempo tra una scarica da 2000 Volt e l'altra. Che strani giochetti avevano inventato, davvero.

Sinceramente, non riusciva a capacitarsi di come la sua testa non avesse ancora ceduto. Non riusciva a credere che la sua mente avesse tutta quella forza ancora in serbo, quando lui si sentiva sfinito.Ci aveva provato più volte a lasciarsi sopraffare: a far sì che la stanchezza, il dolore e la disperazione avessero la meglio sulla sua forza d'animo, perché ormai quella fisica era fuori discussione.

Ma la sua testardaggine, quella sì, non voleva arrendersi. Non voleva assolutamente distogliere l'attenzione da un unico pensiero, ormai fisso nella sua mente, che si era radicato come un marchio indelebile - e non solo nella memoria, ma nell'anima stessa.

Harry.

Come un crudele scherzo del destino, il suo volto appariva a occhi chiusi nei momenti di massima fragilità. Era come se si presentasse per rimetterlo in riga, per ricordargli che lui era ancora lì, che lo stava aspettando. Aveva solo bisogno di una strada da percorrere, di un cammino da seguire. E sperava, con tutta la forza che gli restava, che il suo asso nella manica avesse funzionato.

Ripensava spesso alla prima volta che si erano baciati, durante quella tempesta di fulmini. Ricordava come, in quel momento, il suo unico pensiero fosse stato proteggere Harry dalla sua più grande paura. Come il suo unico desiderio fosse stringerlo forte al petto, e fargli dimenticare che dietro di loro il mondo stava andando in frantumi. Lui lo avrebbe protetto a qualunque costo, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di riaverlo fra le braccia.

Cosa non darebbe, ora, per un suo bacio.

Oh, come gli mancava la sua bambolina. Più dell'ossigeno.

Si lasciò sfuggire un sospiro frustrato. I capelli, appiccicati alla fronte e bagnati di sudore, gli davano un prurito fastidioso. Non ne aveva certezza, ma era convinto che dalle ginocchia in giù il suo corpo avesse assunto un altro colore, decisamente più cadaverico.

"Sarà meglio che muovano il culo"









































*









































525 miglia percorse. Altrettante discussioni avute.

Liam si era tirato fuori mettendosi alla guida, come sempre, ma l'impulso irrefrenabile di inchiodare di colpo e catapultare quei tre zucconi fuori dal furgoncino diventava sempre più difficile da ignorare. La metà delle loro liti nemmeno le aveva ascoltate, convinto che fossero solo cretinate. Ogni parola che usciva dalle loro bocche sembrava un peso in più sul suo stomaco, come se l'aria dentro al furgone fosse sempre più densa e soffocante.

Tra l'altro, era notte. Un buio pesto, e poche anime per strada ad accompagnarli in quel faticoso viaggio.

Il rumore del motore rimbombava nel suo cranio, un ronzio continuo che si mescolava alle voci alle sue spalle. La strada sterrata era lunga e desolata, senza fine, ma i suoi occhi non riuscivano a concentrarsi sul paesaggio che scivolava via. Le sue mani erano strette sul volante, le dita bianche per la tensione. Ogni tanto, il suo sguardo scivolava nello specchietto retrovisore: li vedeva, la faccia di quei tre, ciascuno intento a sparare la propria opinione su chi aveva ragione e chi no, tutti a urlare come bambini, tutti incapaci di guardare oltre il proprio naso.

Una Bella StoriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora