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Sono quasi le dieci del mattino, un'ora a cui non siamo per niente abituati a svegliarci.Io e Nicholas ci siamo concessi qualche ora in più di riposo, vista la lunga notte e il permesso concesso dal capo per entrare nel tardo pomeriggio.
Quando apro gli occhi, Nicholas è ancora accanto a me,profondamente addormentato. Osservo il suo volto rilassato e privo della tensione che spesso accompagna le nostre lunghe giornate di lavoro.

Mi stiro pigramente e decido di alzarmi dal letto. Una parte di me vorrebbe restare lì, avvolta nel calore delle lenzuola. C'è ancora molto da fare, soprattutto con il sospettato in custodia che, fino ad ora, ha evitato di dare risposte concrete.

Mentre preparo del caffè, il profumo inizia a diffondersi per l'appartamento. Nicholas si sveglia lentamente e, senza dire una parola, mi raggiunge in cucina.Mi sorride stancamente, gli occhi ancora un po' assonnati, e si versa una tazza di caffè.

"Siamo stati graziati con questo permesso, ma non durerà per sempre. Pronta per oggi?"

"Pronta quanto si può esserlo. Il sospettato mi dà sui nervi. Oggi spero di ottenere finalmente qualche risposta da lui.Lo odio".

Nicholas si appoggia al bancone, sorseggiando il suo caffè.Lui sa bene quanto mi stia pesando l'interrogatorio, ma comprende anche la voglia che ho affrontarlo da sola. Abbiamo due compiti distinti oggi: lui e Cooper devono tornare alla chiesa abbandonata per cercare ulteriori indizi, si, altri indizi, mentre io dovrò affrontare di nuovo il sospettato.

"So che è una situazione difficile. Ma se c'è qualcuno che può far parlare quell'uomo, sei tu. Fai attenzione, però. Non farti trascinare troppo dalla frustrazione."

Mi lancia uno sguardo preoccupato, consapevole del rischio di lasciarsi trasportare dalla rabbia o dall'esasperazione in un interrogatorio difficile.Io annuisco, cercando di rassicurarlo.

"Starò bene. E tu fai attenzione alla chiesa. Se trovi qualcosa di nuovo, fammi sapere subito."

Dopo aver fatto una colazione rapida e parlato dei dettagli della giornata, io e Nicholas ci prepariamo per uscire. Lo saluto velocemente e poi esco di casa.

Nel tardo pomeriggio, mi ritrovo di nuovo al dipartimento, seduta di fronte al sospettati in una stanza spoglia e fredda. L'uomo, che abbiamo arrestato il giorno prima, è seduto con le mani incrociate davanti a sé, lo sguardo sfuggente e indifferente. Il suo comportamento mi ha già innervosita la prima volta, e adesso, nonostante le prove schiaccianti che abbiamo trovato, lui continua a mantenere un'aria di superiorità che mi fa uscire di testa, Natalie contieniti.

Lo osservo per un momento in silenzio, cercando di mantenere la calma, ma so che questa sarà una lunga battaglia. Decido di iniziare l'interrogatorio con un tono pacato, ma fermo.

"Abbiamo trovato abbastanza indizi per collegarti alla scena del crimine. E sappiamo che sai più di quello che stai dicendo. È nel tuo interesse collaborare con noi.Quindi per favore, collabora".

L'uomo solleva lo sguardo, ma non dice nulla. Si limita a guardarmi con un'espressione annoiata, come se il tempo che sta trascorrendo lì fosse un fastidio momentaneo.

"E cosa pensi di sapere? Siete tutti così sicuri di avere la verità in tasca, ma la verità... è ben lontana da voi."

Mi innervosisce il suo tono di superiorità. Si tratta di un gioco di potere, e lo sa benissimo. Cerco di mantenere il controllo, ma il suo atteggiamento ostile mi spinge sempre più al limite.

"Non siamo qui per giocare. Ogni minuto che perdi ci avvicina solo di più a incriminarti per quello che è successo. Se collabori, forse possiamo negoziare qualcosa, ma se continui a nasconderti dietro questo muro di silenzio, finirai per compromettere ogni possibilità."

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