𝟏𝟕

28 3 0
                                    

Mi alzo come ogni mattina con una fitta al petto, un peso che ormai non riesco a ignorare. Le cose tra me e Nicholas sono cambiate, e anche se cerchiamo di tenerci in contatto, sento che ci stiamo allontanando. Miami ha iniziato a diventare soffocante, e la distanza tra di noi è un muro invisibile che cresce ogni giorno.

Mi preparo in silenzio, infilandomi un completo e pettinandomi velocemente, mentre cerco di scacciare questi pensieri. In cucina trovo Alex che sta finendo il suo caffè. Mi lancia un'occhiata e alza le sopracciglia in un saluto rapido, come se anche lui sapesse che qualcosa non va, ma non volesse dire nulla.

Prendo il telefono e scrivo un breve messaggio a Nicholas.

Io:
"Ehi, sto andando al lavoro, sono esausta. Mi manchi."

Aspetto qualche secondo, fissando lo schermo nella speranza che risponda subito, ma dopo alcuni istanti lo infilo in tasca e mi preparo a uscire. Alex mi osserva e, con un leggero sorriso, mi fa cenno di seguirlo.

"Andiamo, Natalie.Andrà tutto bene, vedrai," dice con una voce che cerca di essere ottimista.

Quando arriviamo al dipartimento, notiamo un certo movimento davanti all'edificio. Un gruppo di poliziotti sta circondando un ragazzo con i polsi ammanettati, che viene scortato verso le auto. Non riesco a distogliere lo sguardo da lui, e noto che ha uno sguardo spento e remissivo.

"Ehi, avete preso qualcuno?" chiede Alex, rivolgendosi a uno dei poliziotti più vicini.

"Non solo l'abbiamo preso," risponde il poliziotto, visibilmente sollevato, "ma si è consegnato lui stesso. Ha confessato tutto. È lui l'assassino delle ragazze."

Resto incredula per un istante, cercando di assimilare quelle parole. Tutto quel lavoro, tutte quelle notti insonni passate a seguire tracce e sospetti, e alla fine... si è consegnato da solo. Alex mi dà una leggera pacca sulla spalla, come per farmi uscire dai miei pensieri.

Poco dopo, il nostro capo arriva nel nostro ufficio con un'espressione di soddisfazione stampata in volto. Ha uno di quei rari sorrisi che sembrano autentici.

"Bene, ragazzi," esordisce con tono sollevato, "grazie a voi abbiamo potuto tracciare le sue mosse e raccogliere prove schiaccianti. Il nostro lavoro è stato decisivo, e grazie alla pressione che abbiamo messo, si è consegnato. Avete fatto un ottimo lavoro."

Annuisco, ma sento una stanchezza che mi impedisce di provare qualsiasi forma di soddisfazione, delle lacrime si formano ai lati dei miei occhi, non posso ancora crederci.

"Capo, quindi... significa che possiamo tornare a New York?" chiedo, cercando di mascherare il sollievo che si fa strada dentro di me.

"Esatto. Potete prepararvi per tornare. Prendetevi un paio di giorni di riposo. Ve li meritate, davvero."

Appena lui esce dall'ufficio, io e Alex ci scambiamo un'occhiata di sollievo e sorridiamo.

"Natalie, finalmente torni a casa," dice Alex, cercando di farmi sorridere ancora di più. "Mi alzo come ogni mattina con una fitta al petto, un peso che ormai non riesco a ignorare. Le cose tra me e Nicholas sono cambiate, e anche se cerchiamo di tenerci in contatto, sento che ci stiamo allontanando. Miami ha iniziato a diventare soffocante, e la distanza tra di noi è un muro invisibile che cresce ogni giorno.

Mi preparo in silenzio, infilandomi un completo e pettinandomi velocemente, mentre cerco di scacciare questi pensieri. In cucina trovo Alex che sta finendo il suo caffè. Mi lancia un'occhiata e alza le sopracciglia in un saluto rapido, come se anche lui sapesse che qualcosa non va, ma non volesse dire nulla.

Prendo il telefono e scrivo un breve messaggio a Nicholas:

"Buongiorno, spero che la giornata ti vada bene. Mi manchi."

𝐌𝐀𝐘𝐁𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora