Sempre nei miei pensieri

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Rodolphus: Il vortice insopportabile

Finita quella riunione, decisi che non me la sarei lasciata sfuggire ancora.
Bella mi evitava platealmente da mesi. In poco tempo, il nostro matrimonio, un tempo felice, il nostro amore così intimo, forte ed entusiasmante, si era trasformato in un fallimento totale, un allontanamento continuo che non lasciava più spazio a nulla.
Ne ero devastato. Non riuscivo nemmeno ad affrontarla; se da una parte lei mi sfuggiva, dall'altra io non la cercavo veramente. Avevo paura di affrontarla, stavo male, soffrivo immensamente e non riuscivo a venirne fuori. Ero ancora innamorato di lei, di un amore così profondo che nemmeno io capivo come fosse potuto succedere, ma lei amava un altro e non mi considerava più.
E quell'altro era niente meno che Lord Voldemort, che mi aveva persino intimato di starle lontano. Non volevo, ovviamente, ma avevo paura di lui e non potevo fare altro. Mi sentivo un vigliacco, ma era impossibile disubbidire a Lord Voldemort. Mi dibattevo fra mille dolori e sensi di colpa; la mia vita interiore era diventata un incubo.
Quel pomeriggio mi fece l'ennesimo affronto. La vidi entrare nella sala delle riunioni al suo fianco. Avanzavano vicini, con una naturalezza che mi piegò le ginocchia per la disperazione. Quell'entrata plateale non sfuggì agli altri Mangiamorte, facendomi apparire, per l'ennesima volta, come il marito tradito, ridicolizzato davanti a tutti, proprio come al matrimonio dei Malfoy, dove avevo già fatto quella figura davanti a tutti i purosangue.
Quando Bella venne a sedersi accanto a me, sentii che la desideravo e la volevo più di ogni altra cosa al mondo. La baciai, cercando di tenerla stretta a me, ma lei si liberò in fretta. La guardai mentre si sedeva nella sedia accanto, tra mio fratello e me, ma con la mente era infinitamente lontana. Pensai tutto il male possibile di lei, nella mia mente la chiamai con tutti gli epiteti più volgari che conoscevo.
Bella aveva una luce particolare dopo aver fatto l'amore, e io lo sapevo molto bene. E proprio in quel momento emanava quella luce: avevano sicuramente appena fatto sesso. Era quello il loro modo di divertirsi prima delle riunioni? Se la sbatteva come gli pareva e poi si presentavano qui come se nulla fosse.
Guardai lui, così apparentemente freddo e irraggiungibile, e lo odiai, perché sapevo che era tutta una finta. Era puro istinto e qualsiasi cosa volesse se la prendeva, senza freni.
Non ascoltai nulla di quella riunione, mi limitai ad aspettare che finisse. Quando stava per andarsene, la afferrai per un braccio e le dissi di aspettare che tutti uscissero, perché dovevo parlarle. Lei non voleva, ma mi imposi.
"Allora, dimmi cosa vuoi, Rod..."
Nemmeno io sapevo bene cosa dire, e di certo iniziai col piede sbagliato.
"Cosa vogliamo fare di questa storia, di questo matrimonio? Non ho intenzione di fare la figura del marito tradito per sempre."
Rimase zitta, persa nei suoi pensieri, ma non potevo averla presa alla sprovvista. Doveva per forza aver pensato a questa situazione. La incalzai senza riflettere.
"Dobbiamo lasciarci, separarci?"
Continuava a non parlare. La spronai, ma niente. Allora sbottai.
"Non vuoi, vero? Non vuoi che ci lasciamo? Sai perché? Perché ti faccio comodo. Perché sai benissimo che la storia col tuo adorato maestro non è nulla e non vale nulla! Ti ha preso e ti mollerà come se nulla fosse. Sai benissimo che non puoi contare su di lui, non puoi contare su qualcosa di serio con lui. Per questo non vuoi lasciare me: ti fa comodo che io sia pronto per qualsiasi occasione ufficiale."
Bella mi guardò freddamente. Cercai di rincarare la dose.
"Sai benissimo quante donne ha avuto, ma ne ha mai mantenuta una? No! Perché non vuole nessuno vicino. Sei solo una fra mille, di cui non gli importa nulla, mentre con me saresti stata l'unica. Io so amare, e amo te, lui non ama e si vanta di questo."
Lei era impassibile, continuava a non parlare, e questa cosa mi faceva impazzire di rabbia. Mi umiliai chiedendole di rispondermi. Alla fine, lo fece.
"Non ho pensato a nulla di ciò che mi hai chiesto, Rodolphus."
La guardai.
"Pensavi forse che potessi vivere in questo modo per sempre? Credi di essere così fondamentale da farmi sopportare questa situazione? Ho già sopportato abbastanza."
Sul suo viso tornò l'espressione sfrontata e guerriera che le conoscevo da tempo.
"Ti ripeto che non ci avevo pensato. È stato Lord Voldemort a chiedermi di sposarti, e penso che tu questo ormai lo abbia capito."
Rimasi zitto, completamente spiazzato.
"Per cui da parte mia non cambierà nulla, a meno che non me lo chieda lui. Se vuoi cambiare lo stato delle cose, del matrimonio, fallo pure, ma meglio che prima ne parli con lui."
Impallidii. Le sue parole mi bloccarono. Lei continuava a guardarmi impassibile.
"Non hai futuro, non ha futuro la tua storia con lui. La nostra è reale, non puoi non capirlo."
Bella era molto più giovane di lui, ma non era una sciocca né una sprovveduta; sicuramente sapeva queste cose. Ma era anche passionale e non aveva paura di seguire i suoi sentimenti, e io sapevo che i suoi sentimenti erano tutti per lui. Dunque, rischiavo dicendo queste cose, ma cos'altro avrei potuto dire?
"Rod, per favore, non c'è nulla che tu possa dire per farmi cambiare idea. Desidero seguire il mio destino, e il mio destino è legato solo al mio Signore. Mi dispiace per la nostra storia, e non sto mentendo. Tu puoi scegliere di lasciarmi, non mi opporrò."
Non era quello che volevo sentirmi dire. Era come se mi dicesse, con gentilezza, che per lei era indifferente. Non le importava più di me. Lei lo aveva fatto solo per accontentare Lord Voldemort.
"Ci siamo sposati, abbiamo dei doveri l'uno verso l'altro. Io voglio un erede dei Lestrange. Rab non sembra interessato, quindi tocca a me dare un erede alla mia famiglia e al mio nome."
Mi guardò sorpresa.
"Forse non hai capito. Non voglio figli, Rod. Non è un mio desiderio, non lo è mai stato, e quindi non farò nulla di simile."
Era glaciale, ferma, senza la minima esitazione. Sembrava solo leggermente irritata per i miei continui attacchi. Io non ce la facevo più a sentirla sfuggire sempre più lontano da me, non sopportavo di perderla, di vederla indifferente a tutto ciò che ci riguardava.
La mia rabbia e, soprattutto, la mia frustrazione esplosero. Le gridai ciò che sapevo le avrebbe fatto male.
"Non vuoi figli... e sai perché? Perché con lui non puoi farne! Perché sarebbero dei mezzosangue! E ti farebbero schifo! Come dovrebbe farti schifo..."
Non feci in tempo ad aggiungere quell'ultimo "lui", che rimase quindi sospeso nell'aria. Non finii la frase. Lei aveva già capito, lo aveva intuito ancora prima che io potessi dirlo. Sentii uno schiaffo forte, violento, più di quanto mi aspettassi da una donna. Mi spiazzò per un attimo, tanto che mi trovai sbattuto contro il muro da un incantesimo. Aveva rotto il nostro tacito accordo di non usare mai la magia l'uno contro l'altra.
L'effetto dell'incantesimo fu devastante. Sentii il mio corpo esplodere all'interno della pelle, come se i visceri stessero per uscirmi dalle ossa, il cervello per schizzarmi fuori dal cranio. Il dolore, immenso, mi piegò su me stesso. Quando, dopo interminabili minuti, il tormento si placò un po', la vidi avvicinarsi, gli occhi iniettati di odio. Mi preparai per l'inevitabile, coprendomi con il braccio, ormai inerme. Lei infierì con un altro incantesimo: sentii l'osso spezzarsi, un dolore lacerante si diffondeva in più punti. Mi accasciai su me stesso, completamente sopraffatto.
Bella mi guardò, impassibile, mentre il mio corpo urlava in silenzio. Il dolore era insopportabile, probabilmente avevo delle costole rotte e un braccio spezzato, e lei mi stava di fronte, la bacchetta ancora in mano, con uno sguardo che, per la prima volta, mi fece davvero paura.
"Prova solo a ripetere una cosa simile, Rodolphus, e ti ucciderò con le mie mani."
Respiravo forte, rumorosamente, e faticavo a riprendermi. Lei fece una pausa, poi continuò con parole taglienti e implacabili.
"Tu mi conosci bene, mi conosci fino in fondo, e lo sai che lo farò: ti ammazzo senza pietà."
Annuii, senza dire nulla. Tra noi bastò uno sguardo: sapevo che lo avrebbe fatto, senza esitare.
"Con questa cosa successa ora, siamo pari. Io ho fatto un grave torto a noi come coppia, tu hai fatto un grave torto a me e al mio Signore, dicendo certe cose, anche solo pensandole. Ora però lasciami in pace. Se vuoi andartene, vattene, altrimenti resta, ma non voglio più essere disturbata per questa storia."
Annuii di nuovo, ma lei non era soddisfatta.
"Inoltre, non permetterti mai più di dire o anche solo pensare certe cose sul mio Signore. Se lo farai, non perderò tempo a dirlo a lui: ci penserò io a farti pentire di essere nato."
Rimasi in silenzio. Sapevo che aveva ragione, che come Mangiamorte non dovevo nemmeno pensare ciò che invece avrei gridato a gran voce. Sapevo anche che ero arrabbiato con lui per tutto ciò che mi aveva fatto: mi aveva portato via l'amore della mia vita. Si era finto innocuo, un uomo superiore a un sentimento sciocco come l'amore. Eppure, me l'aveva portata via e la teneva stretta a sé.
Ero legittimato a odiarlo? A provare certi sentimenti di odio nei suoi confronti? Pensai di sì: era ovvio che mi sentissi in quel modo.
Gli attimi passavano, io stavo sempre peggio. Lei abbassò la guardia, sembrava aver capito che anche io avevo capito, che ero distrutto. Lentamente si stava creando un nuovo equilibrio tra noi, sottile e delicato, ma avremmo cercato di mantenerlo. Quando la vidi voltarsi per andarsene definitivamente, però, non resistetti e la richiamai.
La mia voce era mesta e arresa, ma decisa.
"Aspetta, Bellatrix. Ho capito cosa vuoi, e su queste cose non ti disturberò più, come mi hai detto. Ma devo chiederti un'altra cosa, solo tu puoi rispondere."
Mi guardò sospettosa, ma si fermò, aspettando le mie parole.
Mi strinsi il braccio che mi faceva sempre più male, anche il petto mi dava fitte lancinanti a causa delle costole rotte che premevano all'interno, come tante pugnalate. Parlai a fatica.
"Riguardo a Lord Voldemort... sai che molti Mangiamorte sono preoccupati, in ansia per ciò che potrebbe succedere. Sai anche che questi dubbi non si placheranno facilmente."
Rimasi in silenzio, non sapevo se continuare, la studiai.
"Dubbi riguardo cosa?"
Tastava il terreno anche lei, non voleva sbilanciarsi.
"Riguardo al suo stato di salute. Se resta sempre in grado di perseguire e ottenere le sue intenzioni, molti si chiedono dove ci potrebbe portare. Alcuni sono preoccupati di finire male, hanno timore del carcere e cose simili."
Avevo cercato di usare le parole più adatte per non urtarla.
"Non devono preoccuparsi, è tutto sotto controllo. Vedi di farlo sapere a tutti, dato che non hanno avuto il coraggio di confrontarsi direttamente con lui oggi, durante la riunione."
Era vero, eravamo tutti dei codardi davanti a lui, me compreso. Non capivo il motivo, ma era così. Le risposi con garbo, sempre per non inquietarla.
"Va bene, lo farò sapere a tutti. Su questo, non avere dubbi."
Lei sospirò stancamente.
"Devo avere dubbi su altro?"
"Sì, Bella, devi avere dubbi, ma so che lo sai già."
I nostri sguardi si incrociarono a lungo.
"Non ti capisco."
Volevo parlare, ma esitai. Il dolore era sempre più intenso, insopportabile.
"Lo dirò solo a te, per quello che ci lega, perché mi preoccupo ancora per te. Non lo direi mai a nessun altro, non proferirò una parola con nessun altro Mangiamorte. Quindi, non attaccarmi di nuovo."
Lei fece un cenno di assenso. Presi coraggio e parlai sinceramente.
"Vedi, Bella, tu dici che è tutto a posto, sotto controllo, ma una persona che prende il laudano già al mattino, appena sveglia, non sta bene. E non è normale una persona che pratica incantesimi estremi al limite della morte. Non sta bene una persona che non ha freni, che anzi fa qualsiasi cosa per andare oltre ogni limite, che dipende completamente dall'eccitazione di passare i limiti di ogni cosa. Non possiamo sapere fino a quando riuscirà a reggerne le conseguenze. Lo sai anche tu, pratichi con lui la magia oscura. Lui, tu, noi Mangiamorte... abbiamo preso una via rischiosa, che non sappiamo dove ci porterà."
Lei rimase seria e si avvicinò a me. Per un attimo ebbi paura che volesse colpirmi ancora. Ero lì, a terra, già distrutto, e lei piena di potere.
Invece mi stupì: mi tese la mano e mi aiutò ad alzarmi. Usando il braccio sano, cercai di tirarmi su, sebbene il dolore fosse insopportabile.
Mi guardò seria, quasi con la genuinità di un tempo.
"Ti ho trascinato in un vortice che forse solo io ho davvero il coraggio di sopportare. Io sono fedele a lui senza dubbi, senza paure. Soffrirò, se dovrò soffrire. E sarò al suo fianco se dovesse avere un cedimento, un bisogno, qualsiasi cosa. Te lo ripeto: io mi fido di lui completamente."
Erano parole che non ammettevano repliche. Non mi staccò gli occhi di dosso finché non abbassai i miei, rassegnato.
"Ora però devi andare al San Mungo a farti medicare, perché ti ho fatto veramente male, era un incantesimo potente. In quanto al resto, lui ci porterà dove vorrà, noi possiamo solo seguirlo. Ormai sei un Mangiamorte, Rod, e se lo sei davvero fino in fondo, non puoi avere sempre mille paure."
La guardai ancora, le guardai i capelli neri che le ricadevano in parte sul viso e in parte sugli occhi, sempre belli, sempre con un vezzo malizioso, come quando era una ragazzina e mi amava. Le guardai quegli occhi scuri, misteriosi, volitivi. La amai da impazzire per quanto era bella e indomita.
La strinsi leggermente a me col braccio che era sano, cercando di farle capire che avrei fatto ciò che mi diceva. Mi strinse anche lei, mi mise una mano sulla nuca, le dita tra i capelli, avvicinandomi a lei. Sentii un dolore immenso in quell'abbraccio, non so se il dolore fosse fisico o morale, ma probabilmente entrambi.
Poi mi recai al San Mungo, nel reparto riservato, da solo. A lei non importava più di me, rimasi col pensiero di aver perso il mio unico grande amore, per sempre.
Ecco il testo con alcune correzioni e miglioramenti per la fluidità della lettura e la coerenza stilistica:

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