17. La prima punizione

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LUKE

Mi sono sentito un po’ stupido ad intrecciare il mio mignolo con il suo, ma allo stesso tempo sono morto dentro per la fiducia che mi riposto. 

Ha bisogno di una guida, è chiaro. Studiare senza freni accantonando la propria salute comporta solo a star peggio e mi incolpo già abbastanza per esserle stato lontano in questi giorni, abbandonandola a sé stessa.

È proprio una bambina.

E io voglio aiutarla, non solo a studiare, ma farle capire i suoi errori e ovviamente a condividere anche le sue gioie e abbracciare e curare i suoi tormenti.

Poco dopo il pranzo Nora ha chiamato Justin per fargli sapere che sta bene e per chiedergli scusa della sua fuga. 

Ah già… la fuga.

Mi ha fatto infuriare, è vero. Ero così in pensiero, ma non posso essere arrabbiato con lei. Non fino a quando non si aprirà con me e mi spiegherà il motivo che le ha portato a compiere questa scelta.

Sempre se vorrà dirmelo.

Secondo me non lo farà e in tal caso accetterò la sua scelta.

Ora è sotto la doccia e appena finirà, le dovrò di nuovo misurare la febbre. Sicuramente non ne sarà contenta, ma devo ammettere che non ha fatto molte storie stamattina. Probabilmente prima si è fidata di me ciecamente anche a causa della stanchezza, ma ora penso che farà qualche capriccio.

Quando la sento uscire dal bagno ed entrare nella sua camera, noto con rabbia che non ha le ciabatte e i suoi meravigliosi piedini sono a contatto con il pavimento freddo.

“Nora!” esclamo. Lei sobbalza spaventata e trema sotto al mio sguardo. “Vai a metterti le ciabatte!”

Senza aggiungere nulla, entra in camera e si chiude la porta alle spalle. Rilascio un lungo sospiro e mi porto una mano al volto. Forse sono stato troppo pesante con lei, ma in questo modo si ammalerà ancora di più.

In quel momento sento uno starnuto da parte sua nonostante ci siano diversi metri, un muro e una porta a dividerci. Scontato.

Sono così perso nei miei pensieri che non mi accorgo che è di fronte a me.

“Mi spiace, Luke. Ho sbagliato, di nuovo.” Un moto di dispiacere si fa largo dentro di me, ma allo stesso tempo sono ancora irrigidito.

“Perché hai lasciato le ciabatte in camera?”

“Non volevo che si bagnassero” mormora dispiaciuta.

“Avresti dovuto chiamarmi. Sei già ammalata e non voglio che peggiori. Secondo te, ho ragione?”

Annuisce. “Ottimo. Ora, anche se so che non hai voglia, bisogna misurare le febbre e prendere lo spray.”

Lei impallidisce ma poi mormora un lieve: “Okay.”

Mi alzo dal divano e vado in cucina a prendere lo spray e glielo passo, ma lei non sembra intenzionata a prenderlo, perciò interpreto il suo gesto come un invito a spruzzare io stesso. Sospiro mentalmente perché bisogna cancellare questa abitudine di non comunicare.

You saved meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora