Il Rapimento

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Era luna piena, la notte di Halloween. Mina accostò l'auto aziendale, aveva un appuntamento con Jun, l'aveva chiamata per incontrarla perché doveva discutere con lei di una cosa importante. Strizzò gli occhi e fissò l'ingresso della villa. Due uomini robusti afferrarono un ragazzo con la felpa e lo chiusero nel cofano posteriore auto. Vide tutta la scena del rapimento. - Hanno rapito Jun - pensò Mina, chiamò la polizia: "Hanno rapito un uomo davanti ai miei occhi"- diede indirizzo della strada ed edificio alla polizia, anche il numero di targa dell'auto dei rapitori: "L'hanno chiuso nel bagagliaio, vi prego fate qualcosa!"- riagganciò. 

Istintivamente si trovò a seguirli con auto aziendale sperando di non essere scoperta dai rapitori. Percorsero una strada di città, poi entrarono in periferia, dopodiché svoltarono verso le campagne. In quella strada isolata c'era solo la macchina dei rapitori e la sua, mantenne ancora di più la distanza, chiuse i fari, l'auto nera sparì nel buio della notte. Proseguendo su quella strada intravide un edificio abbandonato, era lì che i rapitori si fermarono, parcheggiò l'auto aziendale in cima alla scarpata, era appostata nel retro dell'edificio dietro le piante. Mina indossava una tuta, come sua abitudine indossare quando riposava a casa sua, la trovò comoda per quella situazione inaspettata. Scese dall'auto rimanendo le chiavi al suo interno, nel caso sarebbero riusciti ad uscire dall'edificio aveva già l'auto pronta per partire e scappare via. In piedi su un tappeto di foglie secche bagnate che gli arrivavano alle ginocchisa, segnalò alla polizia l'indirizzo di quel luogo. Si arrampicò su per la scarpata. A passi silenziosi si avvicinò all'edificio, entrò per una fessura nel retro.

L'edificio era pieno di colonne e archi senza porte, priva di elettricità, solo la luce della luna illuminava il luogo. Mina usava le ombre di colonne e delle pareti presenti per non farsi notare dagli uomini, contava più di 10 uomini armati più gli altri all'ingresso principale. L'unica stanza illuminata era quella in cui tenevano prigioniero Jun. Si era avvicinata abbastanza da vedere, in una fessura, il prigioniero col cappuccio della felpa alzato sul capo, legato alla sedia con bocca bendata dallo scotch. Era circondato da 5 uomini, il più minaccioso era davanti a lui con una mazza di ferro in mano pronto per colpire il prigioniero. Stava dicendo cose che Mina non riusciva a capire per incomprensioni di linguaggio, però capiva che era una situazione di vita o di morte. Doveva creare un diversivo per far allontanare le persone da quella stanza, fece il giro della stanza andando al lato destro, c'erano una serie di sbarre di ferro legate da un filo che le manteneva vicino al muro. Tagliò quella corda e le sbarre rotolarono tutte verso il pavimento creando un tonfo e un rumore continuo di ferro che si scontrava contro acciaio. Abbastanza rumoroso da attirare l'attenzione degli uomini che andarono verso la direzione del rumore. Ritornò sul lato sinistro, dalla fessura osservava. Uno per volta gli uomini uscivano dalla stanza, rimase solo un ragazzo robusto e minaccioso, anche lui fu richiamato dai suoi superiori. Stavano aspettando l'arrivo Capo, quell'edificio era di loro proprietà quindi non si curarono di lasciare solo il prigioniero legato alla sedia, la loro priorità era trovare l'intruso. Quando uscì anche l'ultimo uomo, Mina entrò nella stanza dall'arco, vedeva il prigioniero di spalle. Si avvicinò a gattoni alle spalle dell'uomo legato, taglia le corde. L'uomo trasalì nel sentire la mano di qualcuno toccarlo all'improvviso da dietro. Una volta liberate le mani, andò di fronte a lui e gli tolse il nastro adesivo. Gli occhi dell'uomo riconobbero subito Mina. La guardò negli occhi, erano di un grigio scuro ma allo stesso tempo di una particolare tonalità chiara. Il ragazzo poteva vedere sé stesso riflesso nei suoi occhi, si sentiva come se stesse per esservi risucchiato. I grandi occhi grigi erano spalancati, stava osservando quella stanza da ogni prospettiva. Lo sguardo fisso su di lui si fecero come la superfice gentile dell'oceano, in loro non poteva leggere nessun colore di minaccia, paura o intento omicida. Erano occhi molto pacati, Mina sapeva solo che dovevano scappare presto, senza farsi notare dagli uomini che sarebbero ritornati da lì a poco, quindi non riuscì a vederlo bene in faccia. Si avvicinò all'orecchio e gli sussurò: "Seguimi! Non parlare!"

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